LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAPA Enrico – Presidente –
Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –
Dott. SOTGIU Simonetta – rel. Consigliere –
Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –
Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
– ricorrenti –
contro
FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI PISA, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA V.LE BRUNO BUOZZI 102, presso lo studio dell’avvocato FRANSONI GUGLIELMO, rappresentato e difeso dagli avvocati CORDEIRO GUERRA ROBERTO, RUSSO PASQUALE, giusta delega a margine;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 58/2002 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE, depositata il 06/08/2002;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/12/2009 dal Consigliere Dott. SOTGIU Simonetta;
udito per il ricorrente l’Avvocato GENTILI PAOLO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito per il resistente l’Avvocato D’AYALA VALVA FRANCESCO per delega Avv. P. RUSSO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, con le quali si chiede l’accoglimento del ricorso; il PG di udienza si riporta alle conclusioni scritte.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Ente Cassa di Risparmio di Pisa ha ricorso avverso l’avviso di accertamento notificatole dall’Ufficio II.DD. in relazione a differenza IRPEG per l’anno 1994, avendo tale Ufficio ritenuto non spettante alle Fondazioni bancarie la riduzione al 50% dell’imposta a’ sensi del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6.
La Commissione Tributaria Regionale della Toscana, confermando, con sentenza 6 agosto 2002, la decisione di primo grado, ha accolto la tesi della contribuente affermando, sulla scorta della sentenza n. 6607/02 di questa Corte, che,poiche’ l’Ente conferente ha svolto in via prevalente le attivita’ previste dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, finanziandole attraverso una gestione puramente conservativa – e quindi non commerciale – delle partecipazioni nella banca conferitaria, allo stesso spetta l’agevolazione di cui al cit. D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate chiedono la cassazione di tale sentenza sulla base di un unico motivo.
L’Ente Cassa di Risparmio di Pisa resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Adducendo la violazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6; 14 preleggi, D.Lgs. n. 153 del 1999,, art. 12, comma 1 nonche’ vizio di motivazione della sentenza impugnata,i ricorrenti contestano che la Fondazione intimata rientri fra i soggetti indicati a’ fini agevolativi dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, dovendosi la mancanza di fini di lucro riferirsi agli istituti di istruzione, di studio e di sperimentazione e non pure alle fondazioni, a meno che non abbiano scopi esclusivamente culturali. Anche se la Fondazione in oggetto persegue peraltro, per Statuto, finalita’ “preminentemente” culturali, cio’ non esclude scopi diversi e in altri settori, anzi li presuppone, tanto negli Statuti di varie Fondazioni e’ previsto il compimento di operazioni commerciali, quali l’assunzione di partecipazioni e di controllo in societa’(diverse da quelle bancarie o finanziarie) svolgenti attivita’ strumentali ai fini culturali suddetti, o altre operazioni commerciali,dovendosi ritenere l’amministrazione della partecipazione azionaria non gia’ soltanto consentita nei limiti della strumentalita’, ma necessaria e propria della Fondazione, che dunque svolge, attraverso quell’attivita’ di gestione del conferimento, attivita’ prettamente commerciale di tipo istituzionale, cosi’ come ritenuto dal Consiglio di Stato con parere n. 103 del 1995, non rilevando in via esclusiva il fine dell’Ente, che nella specie coesiste con l’attivita’ rivolta al procacciamento di mezzi economici, da impiegare in un’ulteriore attivita’ diversamente finalizzata; e come ulteriormente deducibile dal D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 5, comma 2, lett. b) che per escludere la natura non commerciale dell’attivita’ di un Ente richiede che il possesso di partecipazioni o quote azionarie non sia strumentale ad altre attivita’,norma poi superata dal D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12 che ha esplicitamente incluso le Fondazioni bancarie fra i soggetti beneficiari dell’agevolazione di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, cosi’ dimostrando che tale beneficio non spettava nel periodo precedente.
Il ricorso e’ palesemente fondato, in ragione del consolidato indirizzo di questa Corte (S.U. 1576/2009, conf. :Cass. N. 5740 del 2007 Rv. 596610, N. 7883 del 2007 Rv. 596849, N. 10253 del 2007 Rv. 597193, N. 10258 del 2007 Rv. 597194, N. 13559 del 2007 Rv. 600863, N. 14087 del 2007 Rv. 599286) secondo cui gli Enti di gestione delle partecipazioni bancarie, quali risultanti dal conferimento delle aziende di credito in apposite societa’ per azioni e gravati dall’obbligo di detenzione e conservazione della maggioranza del relativo capitale ai sensi della L. n. 218 del 1990 ed in base al D.Lgs. n. 356 del 1990, art. 12, a causa del particolare vincolo genetico che le univa alle aziende scorporate, non possono essere assimilati ne’ alle persone giuridiche di cui alla L. n. 1745 del 1962, art. 10 “bis” (che perseguono esclusivamente scopi di beneficenza, educazione, istruzione, studio e ricerca scientifica), ai fini della esenzione dal versamento della ritenuta d’acconto sugli utili, ne agli enti ed istituti di interesse generale aventi scopi esclusivamente culturali, di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, ai fini del riconoscimento della riduzione a meta’ dell’aliquota sull’IRPEG; la predetta disciplina agevolativa non trova applicazione quanto agli enti considerati ne’ in via analogica, trattandosi di disposizioni eccezionali, ne’ in via estensiva, poiche’ la sua “ratio” va ricercata nella esclusivita’ e tipicita’ del fine sociale previsto per ciascun ente, individuato in maniera tassativa quale gia’ esistente al momento dell’entrata in vigore delle predette norme. La successiva disciplina di riforma del sistema creditizio, di cui al D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12 che attribuisce a tali Enti, ove si siano adeguati alle nuove prescrizioni, la qualifica di Fondazioni con personalita’ giuridica di diritto privato, cosi’ estendendo ad essi il regime tributario degli enti non commerciali di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87, comma 1 TUIR, non ha valenza interpretativa ne’ efficacia retroattiva, avendo previsto adempimenti in funzione della attuazione della riforma introdotta. Ne consegue l’esistenza di una presunzione di esercizio di impresa bancaria in capo ai soggetti che, in relazione all’entita’ della partecipazione al capitale sociale, sono in grado di influire sull’attivita’ dell’ente creditizio e, dall’altro,la possibile fruizione dei predetti benefici, per gli enti considerati, solo a seguito della dimostrazione, di cui sono onerati secondo il comune regime della prova ex art. 2697 c.c. – e che nella specie, come si e’ detto, non e’ stata data – di aver in concreto svolto un’attivita’, per l’anno d’imposta rilevante, del tutto differente da quella prevista dal legislatore, dunque un’attivita’ di esclusiva promozione sociale e culturale, come previsto dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, anziche’ quella di controllo e governo delle partecipazioni bancarie e sempre che il relativo tema sia stato introdotto nel giudizio secondo le regole proprie del processo tributario, ovverosia mediante la proposizione di specifiche questioni nel ricorso introduttivo, non incombendo all’Amministrazione finanziaria l’onere di sollevare in proposito precise contestazioni.
Il ricorso, in quanto manifestamente fondato, va quindi accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio degli atti alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana per accertamenti in ordine alla debenza delle sanzioni,ove la relativa questione, coltivata nella discussione orale, sia stata ritualmente proposta.
P.Q.M.
LA CORTE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Toscana.
Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010