LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –
Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Consigliere –
Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.C. (c.f. *****), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 212, presso l’avvocato MASTROIANNI GIULIO, rappresentata e difesa dall’avvocato SIPORSO GIUSEPPE, presente provvedimento giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
V.V. (c.f. *****), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARBERINI 3, presso l’avvocato REMIDDI LAURA, rappresentato e difeso dall’avvocato DE IANNI GRAZIA MARIA, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
P.M. IN PERSONA DEL PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI;
– intimato –
avverso la sentenza n. 3240/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 21/11/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 20/10/2009 dal Consigliere Dott. GIANCOLA Maria Cristina;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato GRAZIA MARIA DE IANNI che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 25.11 – 2004 – 11.02.2005, il Tribunale di Napoli dichiarava la separazione personale dei coniugi V.V., ricorrente, e M.C., addebitandola ad entrambi, affidava alla madre i figli minorenni della coppia, regolando i loro incontri con il V., cui imponeva di corrispondere alla moglie per il mantenimento dei quattro figli, il contributo annualmente rivalutabile, di complessivi Euro 6.000,00 mensili nonche’ di provvedere alle spese straordinarie per le eventuali cure mediche.
La sentenza del Tribunale veniva impugnata sia dal V. e sia, successivamente, dalla M., la quale proponeva anche appello incidentale avverso il gravame del coniuge.
Con sentenza del 2 – 21.11.2005, la Corte di appello di Napoli, riunite le due cause, in parziale riforma della sentenza di primo grado, che per il resto confermava, addebitava la separazione soltanto alla moglie per violazione dell’obbligo di fedelta’, accogliendo sul punto l’appello principale del V., gravame i cui ulteriori motivi, invece, venivano respinti, al pari dell’appello autonomo e di quello incidentale della M., con cui costei aveva chiesto che la separazione fosse addebitata soltanto al marito e non a se’, che fosse elevata l’entita’ del contributo economico paterno per i figli e che venisse anche disposto un assegno per il suo mantenimento. Avverso questa sentenza, notificatale il 16.12.2005, la M. ha proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi, notificato rispettivamente il 13 ed il 4.02.2006, al V. ed al PG presso il giudice a quo. Il V. ha resistito con controricorso notificato il 17.03.2003.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il ricorso la M. denunzia:
1. “Violazione e falsa applicazione dell’art. 151 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 in conseguenza di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5”. La ricorrente si duole, anche per il profilo motivazionale, dell’addebito a se’ della separazione, sostenendo che non vi e’ alcun elemento che conforti la presunzione che il suo adulterio, peraltro negato, sia stata la vera ed unica causa del fallimento dell’unione coniugale; che dalle motivazioni dell’avversata statuizione traspaiono componenti sanzionatorie e moralistiche estranee alle regole dell’ordinamento;
che la Corte di merito ha ingiustamente espunto dalla doverosa valutazione globale e complessiva i reprensibili contegni del coniuge antecedenti l’infedelta’, giustificandoli o apoditticamente o in base ad arbitraria presunzione o per non ravvisabile difetto di prova, quando, invece, erano stati correttamente valorizzati in primo grado.
Il motivo non e’ fondato.
L’addebito della separazione personale alla M. appare ineccepibilmente ricondotto dalla Corte distrettuale al suo reprensibile contegno contrario all’obbligo reciproco di fedelta’ coniugale e che, dunque, ben ne poteva integrare causa ai sensi dell’artt. 151 c.c., comma 2 e dell’art. 143 c.c., comma 2. Della loro conclusione, inoltre, i giudici di merito risultano avere dato ampio e logico fondamento motivazionale pure con riguardo alla comparazione delle rispettive condotte ed al nesso di causalita’, richiamando il complesso delle risultanze istruttorie ed argomentatamente ed irreprensibilmente ritenendo anche per il profilo temporale, che la compromissione del rapporto coniugale era dipesa dall’infedelta’ della moglie, manifestatasi nel giugno del 1997, all’improvviso ed in un contesto di affectio coniugalis, atto anche a dimostrare che gli asseriti contegni da lei imputati al coniuge, databili, come non contestato, in epoca antecedente, quand’anche sussistenti e singolari, in ogni caso non avevano gia’ inciso, rendendola intollerabile, sulla prosecuzione del loro rapporto matrimoniale.
2. “Violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3”.
Sostiene che i giudici d’appello, anche con motivazione che contesta, hanno palesemente errato nel non tenere conto delle deposizioni, da lei allegate nel giudizio di merito, rese nel procedimento penale a carico del coniuge, liberamente apprezzabili in sede civile, le quali, se fossero state considerate,avrebbero inciso sulla valutazione delle prove acquisite, comunque determinato un migliore governo delle risultanze istruttorie e, conseguentemente, portato ad escludere l’addebito a se’ della separazione. Il motivo e’ inammissibile.
La Corte distrettuale ha vagliato e motivatamente escluso la rilevanza ai fini decisori degli estratti, prodotti dalla M., di alcune deposizioni rese nel processo penale per diffamazione risoltosi con l’assoluzione con formula piena del V. e di contro la ricorrente inammissibilmente si limita a criticare genericamente l’apprezzamento a lei sfavorevole, senza ritrascrivere i passi delle dichiarazioni testimoniali di cui aveva inteso avvalersi, cosi’ impedendo, anche in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, di apprezzarne contenuto e decisivita’. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna della soccombente M. al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna la M. a rimborsare al V. le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.
Cosi’ deciso in Roma, il 20 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010