LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –
Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –
Dott. CALABRESE Renato – Consigliere –
Dott. URBAN Giancarlo – rel. Consigliere –
Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.P.S. GESTIONE CREDITI s.p.a. per conto di BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA s.p.a., in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in Roma, Via Due Macelli n. 75. presso lo studio dell’avv. Foscarini Amilcare, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Guglielmi giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
C.B., M.F., M.C. e M.G.
(eredi di MA.GE.), elettivamente domiciliati in Roma, Via Oslavia n. 6, presso lo studio dell’avv. Acquarelli Pierluigi, rappresentati e difesi dall’avv. Stasi Carlo giusta delega in atti;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Lecce n. 201/04 in data 27 febbraio 2004, pubblicata il 2 aprile 2004;
Udita la relazione del Consigliere Dott. URBAN Giancarlo;
udito il P.M. in persona del Cons. Dott. RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e per l’assorbimento dell’incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto del 24 settembre 1983 Ma.Ge. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo in favore di Banca Credito Popolare Salentino per L. 67.787.249 quale scoperto di conto corrente, affermando di nulla dovere alla Banca e chiedendo la restituzione di L. 42.881.000 indebitamente versate.
La Banca Credito Popolare Salentino insisteva nella domanda e rilevava che con nota dell’11 dicembre 1981 lo stesso Ma. aveva riconosciuto il proprio debito e quindi aveva accettato di effettuare il pagamento, formulando richiesta di dilazione.
Il Tribunale di Lecce, con sentenza del 30 settembre 1996, accoglieva parzialmente l’opposizione e sulla base degli estratti conto prodotti e della dichiarazione resa dallo stesso Ma. nel 1981 condannava lo stesso al pagamento in favore dell’opposta di L. 48.845.353 oltre interessi legali dal 12 dicembre 1981.
La Corte di Appello di Lecce, con sentenza del 2 aprile 2004, accoglieva l’appello del M. e rigettava la domanda proposta dalla Banca Credito Popolare Salentino, che condannava alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi.
Propone ricorso per cassazione la MPS Gestione Crediti Banca s.p.a., subentrata alla Banca Credito Popolare Salentino, con due motivi.
Resistono con controricorso M.F., M.C. e C. B., quali eredi di Ma.Ge.; gli stessi hanno anche proposto ricorso incidentale condizionato.
Le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
La ricorrente denuncia con il primo motivo la violazione e la erronea applicazione di legge nonchè l’insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla valutazione della dichiarazione sottoscritta dal M. l’11 dicembre 1981, con la quale egli riconosce il debito di oltre L. 62 milioni e si impegna a provvedere al pagamento chiedendo una dilazione.
Con il secondo motivo, si denuncia la violazione di legge nonchè’ la erronea motivazione in relazione all’art. 1988 c.c..
I motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi.
La ricorrente qualifica la suddetta dichiarazione come ricognizione di debito titolata, secondo la previsione dell’art. 1988 c.c. con la conseguenza che il beneficiario della ricognizione, nella specie la banca ricorrente, risulta esonerata dall’onere di dare la prova della esistenza del rapporto sottostante. Ciò posto, occorre rilevare che la banca lamenta che la Corte d’Appello abbia erroneamente escluso la sussistenza del credito azionato con il decreto ingiuntivo, malgrado che il debitore non avesse bruito alcuna prova del rapporto sottostante la dichiarazione di cui sopra, ossia la prestazione di Fideiussione in favore di tale D.V.G..
In realtà la ricostruzione dei movimenti del conto corrente, operata dalla sentenza impugnata, sulla base di un accurato esame della consulenza tecnica d’ufficio espletata nel corso del giudizio di appello, porta alla conclusione che a fronte di una esposizione per circa 62 milioni in data 31 gennaio 1978 a carico del M., risultante dagli estratti conto acquisiti, nessuna contropartita è stata rinvenuta in precedenza a vantaggio dello stesso M., nè per sconto di titoli cambiari rimasti poi insoluti, nè per altro titolo. D’altro canto la ricorrente non ha dedotto alcuna erronea valutazione dei conteggi effettuati dai giudici dell’appello, limitandosi a contestare in modo generico il risultato al quale gli stessi sono pervenuti e cioè che la indicazione del debito di 62 milioni al 31 gennaio 1978 sarebbe illegittima. Occorre peraltro ricordare che la banca azionò un credito nascente da un rapporto di conto corrente bancario, senza alcun richiamo alla dichiarazione dell’11 dicembre 1981, che soltanto nel corso del successivo giudizio di opposizione fu prodotta in atti.
Il motivo di ricorso per cassazione con il quale alla sentenza impugnata venga mossa censura per vizi di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, deve essere inteso a far valere – a pena di inammissibilità in difetto di loro specifica indicazione – carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicità nell’attribuire agli elementi di giudizio un significato fuori dal senso comune, o ancora, mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi. Non può invece, essere inteso a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non vi si può proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti. Tali aspetti del giudizio, infatti, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli clementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale convincimento, rilevanti ai sensi della norma in esame. Diversamente il motivo di ricorso per cassazione si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e quindi di nuova pronunzia sul fatto, estranea alla natura e alle finalità del giudizio di legittimità (Cass. 27 ottobre 2006, n. 23087).
In concreto, la parte ricorrente, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, si limita – in buona sostanza – a sollecitare una diversa lettura, delle risultanze di causa preclusa in questa sede di legittimità. I motivi non possono quindi trovare accoglimento.
Il ricorso incidentale dei controricorrenti contiene un motivo condizionato e tre motivi autonomi.
Il primo, per violazione di legge in relazione agli artt. 1284 e 1346 c.c., riguarda l’applicazione di interessi superiori al tasso legale, in assenza di prova di una pattuizione in tal senso. Il rigetto del ricorso principale dà luogo all’assorbimento di tale motivo, in quanto condizionato.
Il secondo motivo (non condizionato) denuncia la violazione degli artt. 112 e 278 c.p.c. nonchè’ il difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia per il mancato accoglimento della richiesta di risarcimento del danno a seguito della illegittima emissione di decreto ingiuntivo in favore della banca.
I ricorrenti incidentali lamentano, sul punto, che la sentenza impugnata si sia limitata ad osservare che la domanda di danni non risulta provata. In tema di risarcimento del danno, il semplice rigetto della domanda di decreto ingiuntivo, pur costituendo un indizio in ordine alla esistenza di un danno, non è di per se sufficiente per la condanna relativa, essendo necessario accertare la gravità e la non futilità dello stesso, da provarsi anche mediante presunzioni semplici, fermo restando tuttavìa l’onere del danneggiato di allegare gli elementi di fatto dai quali possa desumersi l’esistenza e l’entità del pregiudizio (in tal senso:
Cass. 25 marzo 2009 n. 7211).
Il motivo è quindi infondato.
Il terzo motivo (non condizionato) denuncia la violazione di legge (artt. 112 e 132 c.p.c.) e l’assenza di motivazione su un punto decisivo della controversia, non avendo la Corte territoriale assunto alcuna decisione sulla richiesta del M. di restituzione della somme indebitamente corrisposte alla banca.
Il quarto motivo (non condizionato) denuncia la violazione di legge (art. 112 c.p.c.) e la insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in quanto la sentenza impugnata, pur avendo a disposizione tutti gli elementi necessari, non determinò l’importo della somma spettante al M. e pari, quanto meno, a L. 36.891.424 oltre interessi.
Gli ultimi due motivi si limitano a riportare alcuni passi della sentenza impugnala, dai quali sarebbe evidenziabile un saldo attivo in favore dei ricorrenti incidentali: i rilievi risultano generici e privi di autosufficienza. Il ricorso per cassazione deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a individuare le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti estranee allo stesso ricorso e quindi ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. 13 luglio 2004 n. 12912, Cass. 11 giugno 2004 n. 11133, Cass. 15 aprile 2004 n. 7178, tra le altre; da ultimo, vedi Cass. 24 maggio 2006 n. 12362, Cass. 4 aprile 2006 n. 7825; Cass. 17 luglio 2007 n. 15952).
Ambedue i ricorsi meritano quindi il rigetto.
Tenuto conto dell’esito del giudizio, appare conforme a giustizia disporre la compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione. Terza Sezione Civile, riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e quello incidentale; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato; dichiara compensate le spese.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2010