Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.80 del 08/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17135/2005 proposto da:

REGIONE MARCHE in persona del Presidente pro tempore della Giunta Regionale, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato DEL VECCHIO SERGIO, rappresentato e difeso dall’avvocato DE BERNARDINIS Gabriella giusta procura speciale del Dott. Notaio STEFANO SABATINI in ANCONA 22/12/2008, rep. n. 47905;

– ricorrente –

contro

G.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CONCA D’ORO 184/190, presso lo studio dell’avvocato DISCEPOLO MAURIZIO, rappresentato e difeso dall’avvocato ZANCHINI Silvano giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

PROVINCIA DI PESARO E URBINO;

– intimata –

sul ricorso 19053/2005 proposto da:

PROVINCIA DI PESARO URBINO in persona del Sig. Presidente p.t. Sen. O.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PACUVIO 34, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI GUIDO, rappresentata e difesa dall’avvocato VALENTINI ALDO giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

G.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CONCA D’ORO 184/190, presso lo studio dell’avvocato DISCEPOLO MAURIZIO, rappresentato e difeso dall’avvocato ZANCHINI SILVANO giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

REGIONE MARCHE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 421/2004 del TRIBUNALE di PESARO, emessa il 13/5/2004, depositata il 13/05/2004, R.G.N. 2153/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 16/11/2009 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

udito l’Avvocato SERGIO DEL VECCHIO per delega dell’Avvocato GABRIELLA DE BERARDINIS;

udito l’Avvocato DIEGO PERUCCA per delega dell’Avvocato SILVANO ZANCHINI;

udito l’Avvocato GIOVANNI BONACCIO per delega dell’Avvocato ALDO VALENTINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto principale, assorbito l’incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.R. ha convenuto davanti al Giudice di pace di Novafeltria la Provincia di Pesaro e l’ANAS, chiedendo il risarcimento dei danni subiti dalla sua autovettura il ***** a seguito dell’impatto con un capriolo, che aveva improvvisamente attraversato la strada statale n. *****, in località *****, che egli stava percorrendo.

I convenuti hanno resistito alla domanda ed il contraddittorio è stato integrato nei confronti della Regione Marche, alla quale la Provincia addebitava la responsabilità del comportamento della fauna selvatica.

La Regione ha resistito anch’essa ad ogni domanda.

Con sentenza n. 59/2002 il GdP ha ritenuto responsabile del danno la Provincia di Pesaro.

Proposto appello dalla soccombente, a cui hanno resistito la Regione ed il G., con sentenza 13 maggio 2004 n. 421 il Tribunale di Pesaro, in riforma, ha ritenuto invece responsabile la Regione Marche e l’ha condannata al risarcimento dei danni, liquidati in Euro 2.761,64, oltre alle spese dei due gradi di giudizio.

La Regione propone tre motivi di ricorso per cassazione.

Resistono con controricorso il G. e la Provincia di Pesaro, che propone ricorso incidentale condizionato, illustrato da memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Va preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi (art. 335 cod. proc. civ.).

2.- La sentenza di appello ha motivato la sua soluzione rilevando che la L.R. Marche 5 gennaio 1995, n. 7, affida alle Province solo il controllo della fauna selvatica in soprannumero (art. 25) ed impone alle Province medesime l’obbligo di provvedere, anche tramite la stipulazione di polizze assicurative, al risarcimento dei soli danni arrecati dagli animali selvatici alle coltivazioni agricole e limitatamente a zone specificamente individuate, senza prendere in considerazione altri tipi di danni ed in particolare quelli alla circolazione di veicoli; che la Legge Statale 11 febbraio 1992, n. 157, affida alle Regioni i poteri di gestione, controllo e tutela della fauna selvatica, appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato, e che pertanto spetta alle Regioni medesime adottare tutte le misure idonee ad evitare tal genere di danni; che la Regione rimane responsabile pur se abbia delegato le sue funzioni alla provincia, in quanto la delega non fa venir meno la titolarità dei poteri di gestione e deve essere esercitata nell’ambito delle direttive dell’ente delegante; tanto è vero che nella specie la Regione Marche avrebbe riconosciuto con lettera la sua responsabilità.

Richiama a supporto alcune sentenze della Corte di Cassazione (n. 8740 e 8788 del 1991; n. 13956 del 1999);

Quanto alla concreta responsabilità per il sinistro, premessa l’inapplicabilità alla fauna selvatica dei principi di cui all’art. 2052 cod. civ., il Tribunale ha attribuito la colpa alla Regione ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., sul rilievo che il G. procedeva a velocità moderata, che l’animale ha fatto irruzione sulla strada all’improvviso, e che si sono verificati molti incidenti analoghi, negli ultimi anni, sì che il danno era prevedibile ed avrebbero dovuto essere approntate misure di vigilanza, in particolare facendo predisporre adeguata segnaletica stradale.

2.- Con il primo motivo la ricorrente principale assume che la responsabilità dell’accaduto avrebbe dovuto essere attribuita esclusivamente alla Provincia, in quanto la L. n. 142 del 1990, art. 14, lett. f) e il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 19, lett. c) ed f), attribuiscono alle province funzioni proprie, e non delegate dalla Regione, in tema di caccia, pesca e protezione della fauna selvatica, disponendo che le Regioni esercitano il potere legislativo, mentre le Province sono titolari delle funzioni amministrative, sulla base del principio di sussidiarietà introdotto dalla citata legge e successivamente ribadito dal nuovo titolo quinto della Costituzione.

Assume che la L.R. Marche n. 7 del 1995, art. 1, attribuisce alle province le funzioni amministrative di programmazione, coordinamento e controllo della materia, sulla quale la Regione ha competenza normativa e amministrativa di carattere generale; che spetta alle Province provvedere al ripopolamento ed all’abbattimento dei capi in eccesso; al risarcimento dei danni provocati dagli animali ai fondi agricoli, utilizzando allo scopo apposito fondo regionale; stipulare contratti di assicurazione per il risarcimento di tutti i danni provocati dalla fauna selvatica e non solo di quelli arrecati alle colture (art. 34 L.R. cit.).

In sintesi, la Provincia ha poteri di gestione diretta del territorio e di controllo della fauna ed è pertanto responsabile dei danni arrecati dagli animali.

Soggiunge la ricorrente che la L.R. n. 7 del 1995 (art. 34) assegna annualmente alle province gli strumenti finanziari necessari per lo svolgimento delle funzioni in materia venatoria e per il risarcimento dei danni alle coltivazioni, fondi la cui gestione è affidata alla piena autonomia delle province medesime, così come la gestione della fauna.

3.- Il motivo è fondato.

3.1.- Va premesso che il caso in esame concerne il problema della responsabilità per i danni arrecati a terzi dal comportamento della fauna selvatica, sulla base dei principi generali in tema di illecito civile di cui all’art. 2043 ss. cod. civ.: materia su cui le leggi speciali, statali e regionali, che regolano competenze e responsabilità dello Stato e degli enti locali, nulla dispongono espressamente. (Sull’evoluzione della normativa in materia cfr. Cass. civ. Sez. 3^, 12 agosto 1991 n. 8788, in motivazione).

La L. 11 febbraio 1992, n. 157 (art. 26) dispone che sia costituito un apposito fondo regionale per il risarcimento dei c.d. danni non altrimenti risarcibili, cioè dei danni arrecati dagli animali alle coltivazioni ed ai fondi agricoli che non siano imputabili a colpa di alcuno, il rischio del cui verificarsi sia inevitabilmente collegato alla stessa esistenza della fauna selvatica.

Analoghe disposizioni sono contenute nelle diverse leggi regionali.

Da tali disposizioni, tuttavia, non si possono trarre indicazioni quanto alla disciplina applicabile ai danni a terzi, ed in particolare ai casi, oggi frequenti, di danni alla circolazione stradale: nè quanto all’ente responsabile, nè quanto ai criteri di imputazione della responsabilità.

La disciplina applicabile deve essere ricostruita sulla base dei principi generali in tema di responsabilità civile, che impongono di individuare il responsabile dei danni nell’ente a cui siano concretamente affidati, con adeguato margine di autonomia, i poteri di gestione e di controllo del territorio e della fauna ivi esistente, e che quindi sia meglio in grado di prevedere, prevenire ed evitare gli eventi dannosi del genere di quello del cui risarcimento si tratta.

Nel caso in esame si tratta di stabilire se tali poteri spettino alla Regione o alla Provincia (o ad entrambe): problema da risolvere con riguardo sia alle leggi nazionali che regolano le rispettive competenze, sia alle leggi della regione interessata; che quindi è suscettibile di diversa soluzione, nell’ambito delle diverse regioni.

La L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 14, sulle autonomie locali attribuisce alle province le funzioni amministrative che attengano a determinate materie, fra cui la protezione della fauna selvatica (comma 1, lett. f), nelle zone che interessino in parte o per intero il territorio provinciale.

La L. 11 febbraio 1992, n. 157, destinata a regolare la protezione della fauna selvatica, attribuisce alle regioni a statuto ordinario il compito di “emanare norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie di fauna selvatica” (art. 1, comma 1) e dispone che le province attuano la disciplina regionale “ai sensi della L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 14, comma 1, lett. f)” (art. 1, comma 3), cioè in virtù dell’autonomia ad esse attribuita dalla legge statale; non per delega delle regioni.

Da tali disposizioni si desume che la regione ha una competenza essenzialmente normativa, mentre alle province spetta l’esplicazione delle concrete funzioni amministrative e di gestione, nell’ambito del loro territorio.

Per quanto poi concerne la Regione Marche, la L.R. 5 gennaio 1995, n. 7, ha attribuito alle province tutti i compiti rilevanti ai fini della gestione della fauna selvatica: l’istituzione delle oasi di protezione e la loro soppressione (art. 8, commi 1 e 4);

l’istituzione e la soppressione delle zone di ripopolamento e di cattura; l’immissione di nuovi capi; la determinazione della superficie adeguata alle esigenze biologiche degli animali; la realizzazione delle attrezzature e degli interventi tecnici atti a perseguire gli scopi di protezione e di incremento delle specie (art. 9, commi 2, 3, 4 e 6); attività tutte che possono comportare maggiori o minori rischi di interferenze degli animali con le attività esterne, in relazione alle modalità con cui vengano esplicate. (Un eccesso di popolamento, la determinazione poco oculata dei luoghi in cui gli animali trovano cibo ed acqua, l’assetto e le modalità di delimitazione del territorio in relazione alla prossimità con le strade pubbliche, ecc., possono incrementare i rischi di interferenze con la circolazione dei veicoli).

La citata L.R. n. 7 del 1995, dispone ancora che le province sono tenute ad esercitare le attività di vigilanza sulla riserva, potendo avvalersi a tale scopo di associazioni venatorie o di guardie giurate (art. 9, comma 11), di cui sono tenute a coordinare l’attività (art. 36, comma 5); che le somme stanziate per le finalità della legge sono devolute per il 65% alle province ed il 25% alla Regione (art. 41).

L’art. 34, comma 2, infine, prevede che le province stipulino apposite polizze assicurative per il risarcimento dei danni, senza espressa limitazione ai danni alle coltivazioni e non altrimenti risarcibili, menzionati nel comma 1.

Non sembra condivisibile l’opinione della ricorrente, secondo cui quest’ultima norma sarebbe applicabile a qualunque fattispecie di danni, ivi incluse quelle di illecito civile. Essa infatti è inclusa all’interno di disposizioni di diritto speciale, destinate a regolare i particolari casi di danno alle coltivazioni, ed appare arbitrario estenderne oltre questi limiti l’ambito di applicazione.

La disposizione, tuttavia, è significativa al fine di dimostrare che – pur nell’ambito dei danni non altrimenti risarcibili – si riconosce che l’ente gestore del territorio, tenuto all’indennizzo e interessato alla stipula dell’assicurazione, è la provincia, pur se essa possa provvedere anche tramite l’utilizzazione di fondi regionali (cfr., con riferimento alla Regione Campania, Cass. civ. Sez. 3^i, 17 dicembre 2007 n. 26536).

Si tratta di un rilevante indice interpretativo, quanto all’individuazione del soggetto responsabile, anche per quanto concerne la responsabilità per i danni a terzi, contrariamente a quanto ha ritenuto la sentenza impugnata.

3.2.- La giurisprudenza richiamata dal Tribunale non è in termini.

La sentenza n. 8788/1991 della Corte di cassazione, citata a conferma della responsabilità della Regione, ha affermato in realtà il principio opposto. Ha cioè deciso che, ove la Regione affidi ad un concessionario la gestione di attività di propria competenza (nella specie, la Regione Trentino Alto Adige aveva concesso alla Federazione italiana della caccia la gestione dei territori interessati), sul concessionario grava la stessa responsabilità civile propria del concedente, così come va individuata nel concessionario la posizione di soggetto passivo dell’azione di responsabilità, per i danni arrecati a terzi (cfr. Cass. civ. Sez. 3^, 12 agosto 1991 n. 8788, punto 5 della motivazione).

Nell’altra sentenza citata dal Tribunale (Cass. civ. Sez. 3^, 13 dicembre 1999 n. 13956), la responsabilità della Regione è stata affermata in un caso in cui non si poneva alcun problema di rapporti con la provincia o di gestione della fauna tramite altri enti, ma la Regione invocava la responsabilità dello Stato, quale proprietario degli animali, e comunque negava di essere tenuta a rispondere per danni diversi da quelli arrecati alle coltivazioni.

Parimenti, la giurisprudenza successiva, quando ha affrontato il problema del conflitto fra la responsabilità della Regione e quella di altro ente concessionario della gestione degli animali, si è uniformata ai principi di cui sopra.

Con riferimento allo scontro di animali selvatici con autoveicoli, è stata affermata la responsabilità della Regione Abruzzo, anzichè dell’Ente Parco di Abruzzo, con la specifica motivazione che la L. n. 394, art. 15, che prevede un obbligo di indennizzo a carico dell’Ente Parco, concerne esclusivamente “acquisti, espropriazioni ed indennizzi” (Cass. civ. Sez. 3^, 21 novembre 2008 n. 27673, a cui si è uniformata Cass. civ. Sez. 3^, 13 gennaio 2009 n. 467, sempre con riferimento ai rapporti fra Regione Abruzzo ed Ente Parco). Non è stato specificamente affrontato il problema di stabilire quale fosse il soggetto responsabile della gestione del Parco, quali poteri avesse e se detti poteri consentissero di attribuirgli la responsabilità per danni ai sensi dell’art. 2043 cod. civ..

In tema di danni arrecati dagli animali selvatici alla produzione agricola, si è affermato che il risarcimento va chiesto alla Regione, a norma della L. n. 157 del 1992, art. 26, trattandosi di fattispecie diversa da quella della responsabilità aquiliana, ma che – con riferimento a quest’ultima – non si può in astratto escludere che dei danni debba rispondere l’autore, da individuarsi in base ai principi di cui agli art. 2043 ss. cod. civ. (Cass. civ. Sez. 3^, 28 luglio 2004 n. 14241), ribadendo così la regola già applicata in concreto da Cass. n. 8788/1991 cit..

In altro caso è stata ritenuta direttamente responsabile la Provincia, anzichè la Regione, con riguardo all’erogazione degli indennizzi gravanti sul fondo regionale, in considerazione del fatto che i poteri connessi erano esercitati dalla Provincia (Cass. civ. n. 26536/2007 cit., con riferimento ai danni alle coltivazioni).

La responsabilità della Regione è stata affermata, con specifico riferimento ai rapporti con la Provincia ed in relazione ai danni arrecati alla circolazione di veicoli, in un solo caso, ove peraltro si trattava della Regione Toscana e non delle Marche, e non risulta dalla motivazione quali funzioni fossero state delegate dalle leggi regionali alle province, in ordine alla gestione della fauna (Cass. civ. Sez. 3^, 24 settembre 2002 n. 13907).

In sintesi, è da ritenere che la responsabilità aquiliana per i danni a terzi debba essere imputata all’ente, sia esso Regione, Provincia, Ente Parco, Federazione o Associazione, ecc, a cui siano stati concretamente affidati, nel singolo caso, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, con autonomia decisionale sufficiente a consentire loro di svolgere l’attività in modo da poter amministrare i rischi di danni a terzi che da tali attività derivino.

La L.R. Marche n. 7 del 1995, risulta avere effettivamente attribuito alle province la quasi totalità dei poteri di amministrazione della fauna selvatica, nell’ambito del loro territorio, sicchè la sentenza impugnata appare non sufficientemente motivata, nella parte in cui ha addebitato esclusivamente alla Regione la responsabilità di danni potenzialmente e in astratto imputabili alle attività amministrative svolte dalla provincia.

3.2.- Deve essere parimenti disatteso l’ulteriore argomento della sentenza impugnata, secondo cui la Regione dovrebbe essere tenuta comunque responsabile, quale ente che ha delegato i suoi poteri alla provincia, poichè la delega non fa venir meno la titolarità dei poteri medesimi e deve essere esercitata secondo le direttive dell’ente delegante.

In primo luogo, l’esercizio di funzioni o di attività per delega di altri non vale di per sè ad escludere la responsabilità del delegato per i danni arrecati a terzi, ove il delegato goda di autonomia di valutazioni e di scelte, rispetto al delegante, sufficiente a ricondurre alla sua personale decisione il comportamento produttivo di danno.

Per ravvisare la responsabilità esclusiva del delegante, in tema di illecito civile, occorrerebbe dimostrare che il comportamento del delegato è stato interamente vincolato dalle direttive del primo (arg. artt. 1390 e 1391 cod. civ.). Ed anche in questi casi, il principio non potrebbe essere affermato in assoluto ed in relazione a qualunque illecito, non essendo comunque consentito a chi agisca per delega di tenere consapevolmente comportamenti produttivi di danni a terzi, senza incorrere quanto meno in una responsabilità concorrente con quella del delegante.

In secondo luogo, si è detto che la L. n. 142 del 1990, art. 14, comma 1, lett. f, attribuisce alle province, nell’ambito del proprio territorio, una competenza propria in materia di fauna selvatica; che le regioni approvano le norme relative alla gestione e alla tutela della fauna, e che le province attuano tali norme, ai sensi del citato art. 14 (L. n. 157 del 1992, art. 1, comma 1), cioè nel quadro di una competenza propria.

In tale contesto, la responsabilità della regione potrebbe essere coinvolta solo se l’evento dannoso fosse riconducibile all’attuazione da parte della provincia di specifiche norme regionali; non invece ove si tratti di danni inerenti all’esercizio di attività meramente amministrative, quali il controllo sugli animali e sul territorio, il fare apporre sulle strade apposita segnaletica per gli automobilisti, e simili, relativamente alle quali le decisioni su come agire spettano esclusivamente o prevalentemente alla provincia.

Per poter imputare la responsabilità esclusivamente alla Regione, sulla base della delega di funzioni, il Tribunale avrebbe dovuto quanto meno specificare nella motivazione a quali disposizioni o direttive regionali, idonee a provocare il danno, la provincia si sarebbe uniformata.

4.- Il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale risultano assorbiti.

5.- Parimenti assorbito è l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato, che attiene al capo della sentenza di appello che ha ritenuto sussistere i presupposti per l’attribuzione della responsabilità ai sensi dell’art. 2043 cod. civ..

La questione dovrà essere infatti riesaminata con riferimento alla specifica posizione dell’ente che, con adeguata motivazione, sarà ritenuto in concreto responsabile dei danni provocati dal comportamento degli animali.

6.- In accoglimento del primo motivo del ricorso principale, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa al Tribunale di Pesaro, in diversa composizione, che deciderà la controversia uniformandosi al seguente principio di diritto:

“La responsabilità aquiliana per i danni provocati da animali selvatici alla circolazione dei veicoli deve essere imputata all’ente, sia esso Regione, Provincia, Ente Parco, Federazione o Associazione, ecc, a cui siano stati concretamente affidati, nel singolo caso, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, sia che i poteri di gestione derivino dalla legge, sia che derivino da delega o concessione di altro ente (nella specie della Regione). In quest’ultimo caso, sempre che sia conferita al gestore autonomia decisionale e operativa sufficiente a consentirgli di svolgere l’attività in modo da poter efficientemente amministrare i rischi di danni a terzi, inerenti all’esercizio dell’attività, e da poter adottare le misure normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare tali danni”.

7. – Il giudice di rinvio deciderà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte di cassazione riunisce i ricorsi. Accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbiti gli altri motivi e il ricorso incidentale.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Pesaro, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010

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