Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.804 del 19/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8706-2006 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.M.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio dell’avvocato RIZZO ROBERTO, che la rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7789/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 17/03/2005 r.g.n. 10696/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/12/2009 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI CERBO;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;

udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo, che ha concluso per l’accoglimento del 1^ motivo per quanto di ragione.

La Corte:

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

1. la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza di prime cure, ha dichiarato illegittimo il termine apposto al contratto di lavoro stipulato da Poste Italiane s.p.a. con C.M.F. con decorrenza 15 giugno 1998 ed ha pertanto dichiarato la sussistenza fra le parti di un lavoro a tempo determinato a decorrere dalla data suddetta;

per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso; la lavoratrice ha resistito con controricorso illustrato da memoria;

2. come si evince dalla sentenza impugnata C.M.F. è stata assunta con un contratto a termine protrattosi dal *****; tale contratto è stato stipulato a norma dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994 nella parte in cui prevede, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, la necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre;

3. la Corte territoriale, premesso che anche nelle ipotesi di contratto a termine individuate dalla contrattazione collettiva ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23 occorreva far riferimento alla disciplina generale di tale tipologia di contratti stabilita dalla L. n. 230 del 1962, attribuiva valore decisivo al fatto che non era stato specificamente indicato il nominativo del lavoratore sostituito, e che non era stata provata la correlazione tra l’esigenza posta a fondamento del contratto e quella dell’assunzione dello specifico lavoratore;

4. col primo motivo di ricorso Poste Italiane s.p.a. denuncia e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962 e della L. n. 56 del 1987, art. 23 con riferimento alla statuizione di illegittimità del termine apposto al contratto stipulato fra le parti; in particolare contesta la riconducibilità della fattispecie in esame alle ipotesi disciplinate dalla L. n. 230 del 1962;

la censura è fondata;

questa Corte Suprema (cfr, ex plurimis, Cass. 2 marzo 2007 n. 4933), decidendo su una fattispecie sostanzialmente simile a quella in esame (contratto a termine stipulato ex art. 8 c.c.n.l. 26.11.1994, in relazione alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre) ha cassato la sentenza di merito che aveva affermato la sussistenza dell’obbligo di provare il collegamento tra l’esigenza posta a fondamento del contratto e quella dell’assunzione del singolo lavoratore (anche nel caso di specie la sentenza impugnata aveva ritenuto la sussistenza di un onere per il datore di lavoro di indicare nel contratto a termine il nome del lavoratore sostituito) avendo ritenuto la sussistenza di una violazione di norme di diritto e di un vizio di interpretazione della normativa collettiva;

la violazione di norme di diritto è stata individuata nella statuizione con la quale la sentenza di merito ha negato che l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva fosse del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie; tale statuizione del giudice di merito si pone in contrasto col principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte (Cass. S.U. 2 marzo 2006 n. 4588) secondo cui la configurabilità della delega in bianco ai sensi della L. 28 febbraio 1987, n. 56, citato art. 23 consente ai sindacati la possibilità di individuare figure di contratto a termine non omologhe a quelle previste per legge;

per quanto concerne il vizio di interpretazione della normativa collettiva è stato osservato che la statuizione del giudice del merito, nell’escludere che l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo potesse contemplare, quale unico presupposto per la sua operatività, l’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie, ha dimostrato una carenza di indagine sull’intenzione espressa dagli stipulanti; ed infatti il quadro legislativo di riferimento avrebbe imposto l’esame del significato delle espressioni usate dalle parti stipulanti, ed in particolare un’indagine sulle ragioni dell’uso di una formula diversa da quella della legge, priva di riferimenti alla sostituzione di dipendenti assenti, sostituiti dalla precisazione del periodo per il quale l’autorizzazione è concessa (pur potendo le ferie essere fruite in periodi diversi), onde verificare se la necessità di espletamento del servizio facesse riferimento a circostanze oggettive, o esprimesse solo le ragioni che avevano indotto a prevedere questa ipotesi di assunzione a termine, nell’intento di considerarla sempre sussistente nel periodo stabilito, in correlazione dell’uso dell’espressione in concomitanza;

inoltre altre decisioni di questa Suprema Corte (cfr. ad esempio Cass. 6 dicembre 2005 n. 26678) hanno confermato la decisione di merito che, decidendo sulla stessa fattispecie, aveva ritenuto l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie e interpretato l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo nel senso che l’unico presupposto per la sua operatività fosse costituita dall’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie;

5. in relazione all’accoglimento del primo motivo di ricorso deve ritenersi assorbito il secondo, concernente le conseguenze retributive derivanti dalla declaratoria di illegittimità del termine;

6. il ricorso deve essere in definitiva accolto e pertanto la sentenza deve essere cassata; poichè non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto la Corte, decidendo nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2 rigetta la domanda della ricorrente in primo grado;

7. trattandosi di controversia concernente una problematica sulla quale questa S.C. ha espresso un orientamento assolutamente consolidato, si ritiene conforme a giustizia compensare fra le parti le spese dei giudizi di merito e, in applicazione del criterio della soccombenza, condannare la lavoratrice al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa e, decidendo nel merito, rigetta la domanda; compensa fra le parti le spese dei giudizi di merito e condanna C.M.F. al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in Euro 19,00 oltre Euro 2000 per onorari e oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010

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