LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VARRONE Michele – Presidente –
Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –
Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 17182/2005 proposto da:
TRINACRIA TRASPORTI SRL nella persona del suo legale rappresentante Sig. R.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 72, presso lo studio dell’avvocato MARINI Francesco, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MINARDI DE MICHETTI ROBERTO giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
CENTRO MAGAZZINI DUE SPA (di seguito anche denominata CM 2) in persona del suo Direttore Generale, Sig. L.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAVOUR 211/12, presso lo studio dell’avvocato RICCI Emanuele, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3290/2004 della CORTE D’APPELLO di MILANO, Sezione Seconda Civile, emessa il 1/12/2004, depositata il 24/12/2004, R.G.N. 3560/2001;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 16/11/2009 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;
udito l’Avvocato FRANCESCO MARINI;
udito l’Avvocato EMANUELE RICCI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La s.r.l. Trinacria ha convenuto davanti al Tribunale di Milano la s.p.a. Centro Magazzini 2 (d’ora in avanti CM 2), chiedendo il pagamento di una serie di fatture relative a servizi di trasporto resi alla convenuta, per l’importo complessivo di L. 13.398.427.
CM 2 ha resistito, deducendo che – a seguito delle contestazioni da essa rivolte all’attrice, in relazione alle richieste di pagamento – era intervenuta fra le parti transazione, con la quale le parti stesse avevano dichiarato di non avere altro a pretendere l’una dall’altra.
Con sentenza n. 8295/2001 il Tribunale ha rigettato la domanda attrice, condannando la Trinacria al pagamento delle spese processuali.
Quest’ultima ha proposto appello, affermando che l’accordo transattivo e la relativa clausola di rinuncia ad azionare ulteriori pretese si riferiva solo alle fatture di cui all’estratto conto *****, allegato all’atto ed espressamente menzionato nel contratto; non a quelle di cui essa chiedeva il pagamento.
La Corte di appello – con sentenza 1-24 dicembre 2004 n. 3290 – ha confermato la sentenza di primo grado.
Trinacria propone due motivi di ricorso per cassazione, a cui resiste CM 2 con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- La Corte di appello ha ritenuto che la clausola finale dell’accordo transattivo, con cui le parti hanno dichiarato di non avere più nulla a pretendere l’una dall’altra, è da ritenere di carattere generale e tale da coprire tutte le controversie fra le parti, ivi incluse quelle non menzionate nell’estratto conto allegato.
2. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 1363 e 1364 cod. civ., addebitando alla sentenza impugnata di non avere coordinato la clausola finale del contratto, secondo cui le parti si ritenevano soddisfatte di ogni pretesa, con la clausola iniziale, contenente l’esplicito riferimento “all’estratto conto ***** qui allegato”: clausola quest’ultima che non poteva avere altro significato che quello di limitare la transazione alle prestazioni ed alle fatture di cui al medesimo estratto conto.
Ricorda che l’art. 1363 cod. civ., impone di interpretare le clausole le une per mezzo delle altre, e che l’art. 1364 c.c., dispone che, per quanto generali siano le espressioni usate, il contratto comprende solo gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di contrattare.
3.- Con il secondo motivo denuncia contraddittorietà della motivazione, nella parte in cui la Corte di appello da un lato ammette che le parti erano consapevoli che fra loro pendevano altre controversie oltre a quelle espressamente menzionate; dall’altro lato afferma che le controversie non menzionate erano da ritenersi abbandonate, per il solo fatto di non essere state incluse, soggiungendo che – se le parti avessero voluto escludere alcunchè dalla transazione – avrebbero dovuto specificarlo.
Rileva il ricorrente che la specificazione risulta dal fatto che nella premessa dell’accordo sono state menzionate solo alcune controversie.
4.- I due motivi, che debbono essere congiuntamente esaminati, perchè connessi, non sono fondati.
Va premesso che l’interpretazione dei contratti e degli atti delle parti è rimessa alla discrezionale valutazione del giudice di merito ed è suscettibile di censura in sede di legittimità solo sotto il profilo della violazione delle norme sull’interpretazione dei contratti o dei vizi di motivazione.
La ricorrente, pur richiamando formalmente la violazione degli artt. 1363 e 1364 cod. civ., mette in realtà in discussione il convincimento del giudice di merito circa il significato da attribuire all’accordo intercorso fra le parti.
Si trattava nella specie di coordinare il significato di due clausole contrattuali: quella che richiama l’estratto conto ***** e quella finale e liberatoria, con cui le parti “Con la sottoscrizione del presente accordo…… dichiarano di avere soddisfatto ogni loro richiesta economica anche in via transattiva e di non avere più nulla a pretendere”.
Le clausole sarebbero fra loro oggettivamente incompatibili solo se risultasse dal contesto dell’atto o altrimenti che entrambe le parti avevano ben presente, nello stipulare la transazione, che essa non comprendeva tutte le questioni controverse, ma solo alcune di esse.
Dal contenuto oggettivo dell’accordo, però, nulla induce a presumere o a sospettare che l’estratto conto ***** allegato non comprendesse tutto il contenzioso in corso, ma solo una parte di esso.
Anche perchè è a dir poco singolare che, essendovi più crediti contestati, il sedicente creditore che intenda transigere solo su alcuni di essi non faccia alcuna menzione dei rapporti esclusi dalla transazione, e soprattutto non formuli alcuna riserva relativamente ad essi, nella dichiarazione liberatoria finale di non avere altro a pretendere.
In linea di principio, pertanto, le clausole contrattuali non manifestavano fra loro contraddizione alcuna.
A fronte delle difese di Trinacria la Corte di merito, come già il Tribunale, si è trovata a dover accertare se, al di là del tenore oggettivo dell’accordo, il comportamento delle parti anteriore o successivo al contratto od altre circostanze (fra cui l’esistenza di altri rapporti contestati fra le parti, anteriormente alla transazione) consentissero di ritenere che la volontà concreta della parti – e di entrambe le parti, non solo di una di esse – fosse diversa da quella oggettivamente manifestata e tale giustificare la conclusione che esse vollero attribuire all’accordo transattivo efficacia solo parziale.
Quest’ultima valutazione non pone un problema di diritto, ma solo un problema di interpretazione della volontà delle parti in concreto, alla luce degli accertamenti in fatto: problema la cui soluzione è rimessa alla discrezionale valutazione del giudice di merito, e non è suscettibile di censura in sede di legittimità, se non sotto il profilo della congruenza e completezza della motivazione.
Nella specie la Corte di merito ha adeguatamente motivato la sua decisione, con argomentazioni che non appaiono affette da vizi logici o giuridici.
5.- Il ricorso deve essere rigettato.
6.- Considerata la natura della controversia e delle questioni trattate, si ritiene che ricorrano giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, il 16 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010