Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.810 del 19/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7159-2006 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato TOSI PAOLO, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.E.;

– intimata –

e sul ricorso 9571-2006 proposto da:

R.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GLORIOSO 13, presso lo studio dell’avvocato BUSSA LIVIO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati RAFFONE NINO, VITALE ALIDA giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato TOSI PAOLO, giusta delega a margine del ricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 283/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 23/02/2005 R.G.N. 1325/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/12/2009 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI; udito l’avvocato BUSSA LIVIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 12083/2004 il Giudice del lavoro del Tribunale di Torino, in accoglimento della domanda proposta da R.E. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, dichiarava la nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato il ***** e per l’effetto dichiarava l’instaurazione tra le parti, da tale data, di un rapporto a tempo indeterminato, condannando la società a riammettere in servizio la R. ed a pagare alla stessa le retribuzioni maturate dal 14-1-2003 (“previa detrazione dell’aliunde perceptum”), oltre accessori e spese di lite.

La società proponeva appello avverso la detta sentenza, chiedendone la riforma con il rigetto della domanda di controparte.

La R. si costituiva e resisteva al gravame.

La Corte d’Appello di Torino, con sentenza depositata il 23-2-2005, respingeva l’appello e condannava la appellante al pagamento delle spese.

Per la cassazione di tale sentenza la s.p.a. Poste Italiane ha proposto ricorso con un unico motivo.

La R. ha resistito con controricorso proponendo altresì ricorso incidentale condizionato, riguardo alla “mancata disamina della questione relativa alla efficacia temporale della causale di assunzione a termine introdotta con l’accordo integrativo del 25-9- 97” e in ordine ad “ogni valutazione e determinazione circa i contratti stipulati successivamente a quello esaminato in sentenza e annullato”.

La società, dal canto suo, ha resistito con controricorso al ricorso incidentale di controparte e da ultimo ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi avverso la stessa sentenza ex art. 335 c.p.c..

Con l’unico motivo del ricorso principale la società ricorrente in sostanza lamenta che la sentenza impugnata si fonda sull’erroneo pregiudizio secondo cui “la L. n. 56 del 1987 non consentirebbe all’autonomia collettiva di costruire fattispecie legittimanti assunzioni a termine collegate a situazioni (oggettive o soggettive) tipicamente aziendali e che non siano direttamente collegate ad occasioni precarie di lavoro”.

La ricorrente deduce, infatti, che l’art. 8 del ccnl del 1994, così come integrato dall’accordo 25-9-97, subordinava la sua applicazione unicamente all’esistenza di un processo di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali dell’azienda, per cui l’interpretazione di tale accordo compiuta dalla Corte torinese “risulta viziata, oltre che dall’erronea lettura della L. n. 56 del 1987, art. 23 che ha condizionato, viziandola irrimediabilmente, anche la successiva esegesi della disciplina contrattuale, anche dall’autonoma e concorrente violazione delle regole ermeneutiche legali di cui all’art. 1362 e ss. c.c. (ed in particolare del criterio letterale e del comportamento delle parti posteriore alla stipulazione)”.

Il motivo non può essere accolto, anche se la motivazione della sentenza merita di essere in parte corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c., come più volte affermato da questa Corte in casi analoghi di ricorsi avverso sentenze dello stesso tenore (v. fra le altre Cass. 24-3-2009 n. 7042, Cass. 22-1-2009 n. 1626, Cass. 7-1- 2009 n. 41, Cass. 12-11-2008 n. 27030, Cass. 19-11-2008 n. 27470).

In base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato da questa Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al D.Lgs. n. 368 del 2001), sulla scia di Cass. S.U. 2-3-2006 n. 4588, è stato precisato che “l’attribuzione alla contrattazione collettiva, della L. n. 56 del 1987, ex art. 23 del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato” (v. Cass. 4-8-2008 n. 21063,v. anche Cass. 20-4-2006 n. 9245, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n. 14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di delega in bianco a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato”. (v., fra le altre, Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378).

In tale quadro, ove però un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive, la sua inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23-8- 2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n. 2866).

In particolare, quindi, come questa Corte ha più volte affermato, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l., 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1” (v., fra le altre, Cass. 1- 10-2007 n. 20608, Cass. 27-3-2008 n. 7979, Cass. 18378/2006 cit.).

In base al detto orientamento, ormai consolidato, deve quindi ritenersi illegittimo il termine apposto al contratto in esame per il solo fatto che lo stesso è stato stipulato dopo il 30 aprile 1998 ed è pertanto privo di presupposto normativo (tale considerazione, del resto, pur richiamata nella sentenza impugnata, è stata considerata assorbita dalla Corte di Torino in ragione della ritenuta necessità della prova del collegamento concreto della assunzione de qua con la ristrutturazione in atto).

In tal senso, quindi, va respinto il ricorso principale, in parte correggendosi, come sopra, la motivazione dell’impugnata sentenza, mentre resta assorbito i ricorso incidentale condizionato.

Infine, in ragione della soccombenza, la società va condannata al pagamento delle spese in favore della /Rossitto/.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato, e condanna la società al pagamento delle spese, in favore della /Rossitto/, liquidate in Euro 40,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010

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