LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto – Presidente –
Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 6627/2009 proposto da:
BELFORTGLASS SRL, in persona del suo amministratore unico e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 2, presso lo studio dell’avvocato CLARIZIA Angelo, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ROBERTO SUCCIO, GAGLIARDI FILIPPO, DI CHIO GIUSEPPE, giusta procura in calce al ricorso per regolamento di competenza;
– ricorrente –
contro
BOVONE DIAMOND TOOLS SRL in persona del suo legale rappresentante, CO.ME.BO. SRL in persona del suo legale rappresentante, ELETTROMECCANICA BOVONE SRL, in persona del suo legale rappresentante, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA TEODOSIO MACROBIO 3, presso lo studio dell’avvocato NICCOLINI Giuseppe, che le rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARCO ANDREOLINI, ERMINIO PARINI, giuste deleghe a margine della prima, della seconda e della terza pagina della memoria;
– resistenti –
avverso l’ordinanza R.G. 1584/03 del TRIBUNALE di ALESSANDRIA del 3/3/09, depositata il 05/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI;
è presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO SCARDACCIONE.
PREMESSO IN FATTO
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“1. – E’ chiesta, con ricorso ai sensi dell’art. 42 c.p.c., la cassazione dell’ordinanza di sospensione emessa, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., dal tribunale di Alessandria il 3.3.2009 e depositata il 5.3.2009.
Resistono le società intimate.
L’istanza di regolamento di competenza è fondata sull’erroneità dell’applicazione della norma dell’art. 295 cod. proc. civ., alla relazione fra la causa concernente la decisione sul quantum debeatur ed il giudizio di appello sulla sentenza parziale relativa all’an. L’istanza di regolamento va accolta.
Nella specie, il giudice di merito ha adottato il provvedimento impugnato in questa sede in relazione ad un giudizio avente ad oggetto la determinazione del quantum debeatur, il cui svolgimento ha avuto corso a seguito di pronuncia di sentenza sull’an debeatur in relazione alla stessa domanda.
Ha ritenuto che la ragione di sospensione fosse da ricercarsi nella pendenza, in appello, del giudizio sulla sentenza parziale.
Il provvedimento è stato espressamente adottato ai sensi dell’art. 295 c.p.c..
Sotto questo profilo è principio pacifico che la sospensione del giudizio di primo grado a seguito di appello immediato avverso sentenza non definitiva può essere disposta dal giudice istruttore esclusivamente su concorde istanza delle parti, a norma dell’art. 279 c.p.c., comma 4, e non in applicazione analogica dell’art. 295 c.p.c..
Ciò, sia per la natura eccezionale di tale ultima norma, sia per la mancanza di una lacuna normativa (essendo la fattispecie regolata dal richiamato art. 279 c.p.c., comma 4), ne in forza di un potere discrezionale di sospensione, non più configurabile a seguito della modifica degli artt. 42 e 295 c.p.c., ad opera della L. 26 novembre 1990, n. 353, artt. 6 e 35 (Cass., ord. 14.1.2004 n. 419; Cass. ord. 30.10.2007 n. 22944).
Le resistenti prospettano che il provvedimento nonostante il formale riferimento alla norma dell’art. 295 c.p.c. – dovrebbe essere inteso come pronunciato ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2; con la conseguenza del suo esame sotto tale profilo e della sua legittimità, secondo quanto statuito da S.U. 26.7.2004 n. 14060.
Le S.U. hanno, al riguardo, affermato che poichè l’art. 295 c.p.c., la cui ragione fondante è quella di evitare il rischio di un conflitto tra giudicati, fa esclusivo riferimento all’ipotesi in cui fra due cause pendenti davanti allo stesso giudice od a due giudici diversi esista un nesso di pregiudizialità in senso tecnico – giuridico e non già in senso meramente logico, la sospensione necessaria del processo non può essere disposta nell’ipotesi di contemporanea pendenza davanti a due giudici diversi del giudizio sull’an debeatur e di quello sul quantum, fra i quali esiste un rapporto di pregiudizialità soltanto in senso logico, essendo, in tal caso, applicabile l’art. 337 c.p.c., comma 2, il quale, in caso di impugnazione di una sentenza la cui autorità sia stata invocata in un separato processo, prevede soltanto la possibilità della sospensione facoltativa di tale processo, e tenuto conto altresì del fatto che, a norma dell’art. 336 c.p.c., comma 2, la riforma o la cassazione della sentenza sull’an debeatur determina l’automatica caducazione della sentenza sul quantum, anche se su quest’ultima si sia formato un giudicato apparente, con conseguente esclusione del conflitto di giudicati (in senso conforme: Cass. 9.3.2005 n. 5162;
Cass. ord. 11.3.2005 n. 5431; Cass. 14.3.2006 n. 5472; Cass. ord. 4.7.2007 n. 15111).
L’assunto secondo il quale il provvedimento dovrebbe essere esaminato, contro la sua espressa qualificazione, come provvedimento adottato ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2, non può essere seguito.
L’espressa adozione dello stesso ai sensi dell’art. 295 c.p.c., gli assegna contenuto, giustificazione normativa e qualificazione alla quale questa Corte non può sovrapporre quella del suo esame ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2.
E ciò perchè quando la legge prevede un potere del giudice – il cui esercizio si concreti nell’adozione di un provvedimento avente la forma dell’ordinanza ed un determinato contenuto -, l’adozione del provvedimento con quel contenuto e con l’espressa indicazione della sua pronuncia comporta che, nel giudizio di impugnazione in ordine al provvedimento, il giudice dell’impugnazione debba esaminare il provvedimento considerandolo pronunciato in forza dell’esercizio del potere previsto dalla norma indicata nel provvedimento.
Resta, invece, preclusa la possibilità di qualificarlo come provvedimento che avrebbe potuto o dovuto essere pronunciato ai sensi di altra norma il cui contenuto, pur essendo analogo, sia, però, fondato su presupposti e ragioni diverse, salvo il caso in cui proprio queste ultime siano espressamente esplicitate nel provvedimento, in modo tale da far ritenere che, al di là della formale indicazione di una norma, in realtà il giudice abbia in concreto esercitato il potere previsto dall’altra (v. anche Cass. Cass. ord. 28.7.2005 n. 1379; Cass. ord. 29.8.2008 n. 21924).
Nella specie, nel provvedimento impugnato, non vi è alcuna indicazione che, nella sostanza, la valutazione – sulla cui base il giudice dell’ordinanza impugnata ha adottato il provvedimento di sospensione – sia stata condotta ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2.
In ogni caso – pur essendo assorbenti le precedenti considerazioni – deve ritenersi che, anche se, nella specie, fosse stata ipotizzabile l’invocata qualificazione del provvedimento ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2, questo non sarebbe stato, comunque, legittimo sulla base di quanto affermato dalle S.U. nell’ordinanza richiamata, del 26.7.2004 n. 14060.
In quel caso, infatti, il principio affermato si riferisce all’ipotesi nella quale sia stata prima proposta una domanda di accertamento dell’an debeatur con un separato giudizio e, successivamente, altra domanda relativa al quantum con altro giudizio.
Nel caso in esame, invece, il giudizio è unico ed è stata emessa sentenza parziale.
Conclusivamente, deve affermarsi che nel rapporto fra il giudizio di impugnazione di una sentenza parziale e quello che sia proseguito davanti al giudice che ha pronunciato tale sentenza, l’unica possibilità di sospensione di tale giudizio è quella della richiesta concorde delle parti, prevista dal terzo inciso dell’art. 279 c.p.c., comma 4, restando esclusa, sia la sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c., sia la sospensione ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2 (v. anche Cass. ord. 30.10.2007 n. 22944).
Ciò perchè, in questo caso, il giudizio è unico e, quindi, la sentenza resa in via definitiva è sempre soggetta alle conseguenze di una decisione incompatibile sulla statuizione oggetto della sentenza parziale.
Va, quindi, disposta la prosecuzione del giudizio in corso”.
La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.
Non sono state presentate conclusioni scritte, nè alcuna delle parti è stata ascoltata in Camera di consiglio.
RITENUTO IN DIRITTO
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.
Conclusivamente, deve essere disposta la prosecuzione del giudizio in corso davanti al Tribunale di Alessandria.
P.Q.M.
La Corte dispone la prosecuzione del giudizio pendente davanti al Tribunale di Alessandria.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010