Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.828 del 19/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, e presso di essa domiciliata in Roma, in Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

P.P.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 5/5/06, depositata il 2 febbraio 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23 settembre 2009 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco;

Lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. VELARDI Maurizio, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con la sentenza indicata in epigrafe, accogliendo l’appello di P.P., proposto “in data 28 ottobre 2004” nei confronti della decisione di prime cure “in data 19 giugno 2003”, gli ha riconosciuto il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998, 1999, 2000 e 2001.

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della decisione sulla base di un motivo.

Il contribuente non ha svolto attività nella presente sede.

Il ricorso, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., è stato fissato per la trattazione in Camera di consiglio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo l’amministrazione ricorrente, denunciando “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 38 e art. 327 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4”, censura la decisione di merito per non aver dichiarato inammissibile l’appello avverso la decisione di primo grado, che risulterebbe depositata il 25 giugno 2003, siccome proposto in data 5 ottobre 2004 – “la sentenza impugnata riporta la data del 25 ottobre 2004 per un errore materiale, ma in ogni caso lo sforamento del termine sarebbe ancora più evidente” -, e quindi oltre il termine di cui all’art. 327, cod. proc. civ., richiamato espressamente al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3.

Il ricorso è manifestamente fondato.

Dallo “svolgimento del processo” della sentenza impugnata risulta che la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Milano risale al 19 giugno 2003 e nei confronti di essa fu proposto appello “in data 28 ottobre 2004”, e quindi, tenendo conto anche della sospensione dei termini per il periodo feriale del 2004, oltre il termine fissato dall’art. 327 cod. proc. civ., che veniva a spirare il 19 settembre 2004.

Del pari tardivo risulta l’appello seguendo la prospettazione dell’amministrazione ricorrente, secondo la quale la sentenza di primo grado fu depositata il 25 giugno 2003 e fu impugnata atto notificato il 5 ottobre 2004.

Questa Corte ha più volte affermato che l’inammissibilità dell’appello non dichiarata dal giudice di secondo grado comporta, ove tale vizio sia rilevato in sede di legittimità, la cassazione senza rinvio della sentenza di secondo grado ai sensi dell’art. 382 cod. proc. civ., trattandosi di ipotesi in cui il processo non poteva essere proseguito (Cass. n. 1505 del 2007 e n. 17026 del 2004).

La sentenza impugnata va pertanto cassata senza rinvio.

Si ravvisano giusti motivi per compensare le spese dei gradi di merito, mentre le spese del presente grado seguono la soccombenza, e si liquidano in complessivi Euro 1.200,00, ivi compresi Euro 200,00 per spese vive.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata senza rinvio.

Dichiara compensate fra le parti le spese dei gradi di merito e condanna il contribuente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 1.200,00, ivi compresi Euro 200,00 per spese vive.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010

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