Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.830 del 19/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, e presso di essa domiciliata in Roma, in Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

P.O.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto n. 1/25/06, depositata il 6 febbraio 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23 settembre 2009 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco;

Lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. MARINELLI Vincenzo, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione Tributaria Regionale del Veneto con la sentenza indicata in epigrafe, rigettando l’appello dell’Agenzia delle Entrate, ufficio di Padova *****, ha riconosciuto a P.O., medico di base convenzionato col Ssn, il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998, 1999 e 2000, ritenendo privo di pregio il rilievo dell’amministrazione secondo la quale l’intervenuta presentazione di domanda di definizione automatica in base alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, per tutti i periodi d’imposta interessati dalla controversia, avrebbe comportato la rinuncia a far valere eventuali cause di non assoggettabilità al tributo dei redditi dichiarati.

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della decisione sulla base di un motivo.

La contribuente non ha svolto attività nella presente sede.

Il ricorso, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., è stato fissato per la trattazione in Camera di consiglio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo l’amministrazione ricorrente, denunciando “violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, artt. 7 e 9, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 4”, critica la decisione di merito per avere erroneamente affermato la non incidenza dell’intervenuta presentazione della dichiarazione integrativa per condono tombale sulla richiesta di rimborso dell’imposta ormai “definita” e sulla sua coltivazione in sede giudiziale.

Il ricorso è manifestamente fondato.

In proposito questa Corte ha infatti affermato che, “con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, l’esercizio della facoltà di ottenere la chiusura delle liti fiscali pendenti, pagando una somma correlata al valore della causa, produce un effetto estintivo del giudizio, che opera anche in relazione alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso d’imposta (nella specie, IRAP), con la conseguenza che l’intervenuta proposizione della relativa istanza, palesandosi come questione officiosa, di ordine pubblico, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice prima di ogni altra” (Cass. n. 25239 del 2007).

Ed ha altresì affermato che, “con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, la presentazione della relativa istanza preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per assenza del relativo presupposto (nella specie, IRAP): il condono, infatti, in quanto volto a definire transattivamente la controversia in ordine all’esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo se del caso il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria” (Cass. n. 3682, n. 6504, n. 25239 del 2007).

Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata;

non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010

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