LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, e presso di essa domiciliata in Roma, in via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
T.F.;
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 24/21/06, depositata il 22 febbraio 2006.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23 settembre 2009 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco;
Lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. MARINELLI Vincenzo, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna con la sentenza indicata in epigrafe, rigettando l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Fiorenzuola d’Arda, ha riconosciuto a T.F., agente di commercio, il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998, 1999, 2000 e 2001.
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della decisione sulla base di due motivi.
Il contribuente non ha svolto attività nella presente sede.
Il ricorso, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., è stato fissato per la trattazione in Camera di consiglio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’amministrazione ricorrente denuncia violazione della normativa istitutiva dell’IRAP in relazione agli artt. 1742 e 2195 cod. civ., sotto il profilo del presupposto impositivo costituito dalla sussistenza di autonoma organizzazione, che sarebbe intrinseco all’attività dell’agente di commercio; con il secondo motivo censura la sentenza per vizio di motivazione.
Il ricorso è manifestamente infondato, perchè la ratio decidendi della sentenza impugnata è conforme al principio affermato dalle Sezioni unite di questa Corte in sede di composizione del contrasto delineatosi in materia nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio dell’attività di agente di commercio di cui alla L. 9 maggio 1985, n. 204, art. 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito della “autonoma organizzazione”, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass. 26 maggio 2009, n. 12108).
La sentenza gravata, d’altra parte, contiene un’inequivoco accertamento dì fatto, che non è oggetto di censura, in ordine all’insussistenza, nella specie, di autonoma organizzazione.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese, considerato il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010