LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, e presso di essa domiciliata in Rana, in Via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
DENTAL ETRURIA di MILETTA ALESSANDRO & C. sas;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 118/15/05, depositata l’8 febbraio 2006.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23 settembre 2009 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco;
Lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. MARINELLI Vincenzo, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Commissione Tributaria Regionale del Lazio con la sentenza indicata in epigrafe, rigettando l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Viterbo, ha confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento con il quale, all’esito dell’esame dei prelevamenti e dei versamenti emergenti da le movimentazioni bancarie, veniva contestato alla sas Dental Etruria di Miletta Alessandro e C., esercente attività odontotecnica (le cui prestazioni sono esenti dall’IVA ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10, n. 18), la mancata presentazione della dichiarazione IVA per l’anno 1996, con l’irrogazione di sanzioni, in relazione al compimento di operazioni imponibili, non riconducibili all’attività paramedica, in evasione d’imposta. Ciò in quanto, “per addivenire ad un accertamento fondato solo sulle movimentazioni bancarie, occorre che le stesse, unitamente ad altri indizi precisi e concordanti, siano suscettibili di assurgere a prova indiretta, anche se il contribuente non abbia dimostrato la estraneità o irrilevanza in riferimento a tali operazioni; solo in presenza di queste condizioni si ottiene l’inversione dell’onere della prova. Nell’incertezza, quindi di elementi concorrenti, ricollegabili alla presunta diversa attività, l’accertamento si rileva del tutto sfornito di prova”.
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della decisione sulla base di due motivi.
Il contribuente non ha svolto attività nella presente sede. Il ricorso, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., è stato fissato per la trattazione in Camera di consiglio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’amministrazione ricorrente, denunciando “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, nn. 4 e 3”, censura la decisione di merito assumendo cerne pienamente legittimo per l’amministrazione ricorrere ad accertamenti bancari e, in caso di movimentazioni sospette, fondare sui detti accertamenti i propri atti impositivi, in difetto di tempestiva prova contraria da parte del contribuente, anche dove non sussistano ulteriori elementi di riscontro dell’evasione e/o elusione fiscale; con il secondo motivo critica la sentenza per vizio di motivazione.
Il ricorso è manifestamente fondato.
Questa Corte ha infatti più volte affermato che “in tema di accertamento dell’IVA, la presunzione, stabilita dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 2, secondo la quale i singoli dati ed elementi risultanti dai conti bancari sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dal successivo art. 54, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscano ad operazioni imponibili, ha un contenuto complesso, consentendo di riferire i movimenti bancari all’attività svolta in regime IVA, eventualmente dalla persona fisica, e di qualificare gli accrediti come ricavi e gli addebiti come corrispettivi degli acquisti; essa può essere vinta dal contribuente che offra la prova liberatoria che dei movimenti egli ha tenuto conto nelle dichiarazioni, o che questi non si riferiscono ad operazioni imponibili” (Cass. n. 28324 e n. 26692 del 2005; Cass. n. 9573 del 2007).
Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010