Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.833 del 19/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, e presso di essa domiciliata in Roma, in Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

S.R., rappresentata e difesa dall’avv. TOVAGLIERI Giancarlo, presso il cui studio è domiciliata in Busto Arsizio in viale Duca d’Aosta n. 13;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 68/10/06, depositata il 6 luglio 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23 settembre 2009 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco.

La Corte:

FATTO E DIRITTO

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 68/10/06, depositata il 6 luglio 2006, che, rigettando l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Busto Arsizio, ha riconosciuto a S.R., ragioniere commercialista, il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998, 1999, 2000 e 2001.

La contribuente resiste con controricorso.

Il ricorso contiene due motivi, rispondenti ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ..

Con il primo motivo l’amministrazione ricorrente censura la sentenza per violazione della normativa istitutiva dell’IRAP sotto il profilo del presupposto impositivo costituito dalla sussistenza di autonoma organizzazione; con il secondo per vizio di motivazione in ordine al raggiungimento della prova, da parte della contribuente, dell’insussistenza della autonoma organizzazione.

L’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla controricorrente, per mancanza del titolo del difensore, in difetto di procura all’Avvocatura dello Stato, che non rappresenta ope legis l’Agenzia delle entrate, appare manifestamente infondata alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “nell’ipotesi di rappresentanza processuale facoltativa degli enti pubblici da parte dell’Avvocatura dello Stato, non è necessario che l’ente rilasci una specifica procura all’Avvocatura medesima per il singolo giudizio, risultando applicabile anche a tale ipotesi, a norma del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 45, la disposizione dell’art. 1, comma 2, del R.D. cit., secondo cui gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede senza bisogno di mandato: fattispecie relativa ad agenzia fiscale, in rapporto alla quale il patrocinio facoltativo dell’Avvocatura dello Stato è previsto dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 72” (Cass., sezioni unite, 15 novembre 2005, n. 23020;

Cass. n. 11227 del 2007).

La ratio decidendi della sentenza impugnata – secondo la quale “il fatto che la contribuente abbia dichiarato beni strumentali non costituisce, di per sè, prova dell’esistenza di una struttura organizzativa stabile, con l’impiego di capitali provenienti da mutui esterni” – non è conforme al consolidato principio affermato da questa Corte in materia, secondo cui, a norma del combinato disposto dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata: il requisito della “autonoma organizzazione”, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure sì avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce poi onere del contribuente che richieda il rimborso fornire la prova dell’assenza delle condizioni anzidette (ex plurimis, Cass. n. 3676, n. 3673, n. 3678, n. 3680 del 2007).

In conclusione, si ritiene, che, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, e art. 380 bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto il primo, assorbente, motivo, appare manifestamente fondato”;

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che la controricorrente ha depositato memoria;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, rilevato anzitutto che nella relazione trascritta si indicano erroneamente in due, in luogo di tre, i motivi di ricorso proposti dall’Agenzia delle entrate, e rilevato che i rilievi formulati nella memoria attengono all’accertamento in concreto della insussistenza dell’autonoma organizzazione, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il primo motivo del ricorso – che censura l’erronea affermazione della sentenza impugnata, secondo cui l’avere la contribuente “dichiarato beni strumentali non costituisce, di per sè, prova dell’esistenza di una struttura organizzativa stabile, con l’impiego di capitali provenienti da mutui esterni”, affermazione non seguita dall’accertamento che detti beni non siano “eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione” -, deve essere accolto, assorbito l’esame dei due residui motivi, la sentenza deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, la quale procederà ad un nuovo esame della controversia uniformandosi al principio di diritto sopra enunciato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito l’esame degli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010

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