Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.846 del 19/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

G.R., G.E., C.S., elettivamente domiciliati in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 46 PALAZZO 4^ SCALA B, presso lo studio dell’avvocato GREZ GIAN MARCO, rappresentati e difesi dall’avvocato STANZIOLA NADIA, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

INPS ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in Persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli Avvocati RICCIO ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PREDEN SERGIO, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 617/2 008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 30/04/2008;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. FUZIO Riccardo.

FATTO E DIRITTO

La Corte di Appello di Firenze, con sentenza depositata il 30.4.2008, ha respinto l’appello degli attuali ricorrenti ed ha confermato – la sentenza del Tribunale di Livorno con la quale e’ stata rigettata la domanda introduttiva. I ricorrenti, operai addetti al carico e scarico di merci nel porto di *****, avevano chiesto l’accertamento del diritto ai benefici previdenziali di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8 e successive modifiche per la loro esposizione qualificata ultradecennale all’amianto. Il giudice di appello, nel respingere il gravame, ha condiviso le conclusioni della CTU tecnico – ambientale e relativo supplemento espletata in primo grado. Tale CTU ha escluso che i lavoratori, in ragione delle mansioni espletate, siano stati esposti a concentrazioni di amianto superiori ai limiti di 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno, trattandosi, nel loro caso, di esposizione solo indiretta causata dalla presenza di asbesto in manufatti ed impianti (containers) oggetti di carico e scarico.

Avverso detta sentenza i lavoratori hanno proposto ricorso con due motivi con i quali hanno denunciato: 1) violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. per non avere il giudice di appello considerato che la prova del superamento dei limiti di esposizione non doveva essere fornita in termini di certezza, essendo sufficienti elementi ragionevolmente presuntivi; 2) vizi di motivazione per non avere il giudice di appello preso in considerazione l’attivita’ effettivamente svolta dai ricorrenti e per non aver ammesso la prova testimoniale richiesta;

L’inps ha resistito con controricorso.

Il ricorso e’ manifestamente infondato.

La Corte territoriale ha affermato che la consulenza tecnica d’ufficio non consente di poter ritenere raggiunta la prova del superamento della soglia di rischio, non solo in termini di certezza, ma anche nei piu’ limitati termini di una ragionevole presunzione.

Malgrado la denuncia di violazione di norme di legge, solo enunciata nell’intestazione del primo motivo di ricorso, ma priva di adeguato svolgimento, le censure dei ricorrenti si risolvono nel criticare la condivisione da parte del giudice del gravame delle conclusioni della CTU di primo grado.

Al riguardo va osservato che i giudizi di carattere tecnico espressi dal CTU e recepiti dal giudice di merito, costituiscono tipici accertamenti in fatto, sindacabili in sede di legittimita’ solo per vizi di motivazione. Pertanto, qualora il giudice di merito fondi la sua decisione sulle conclusioni del CTU, perche’ sussista un vizio di motivazione della sentenza di merito, censurabile in sede di legittimita’, e’ necessario che il ricorrente lamenti o un evidente errore nella rilevazione dei fatti posti a fondamento del giudizio tecnico, o un chiaro contrasto della valutazione tecnica con le regole ed i principi della tecnica generalmente condivisi dalla comunita’ scientifica, risolvendosi diversamente la censura in un mero dissenso sul piano scientifico, non suscettibile di riesame in sede di legittimita’.

Quanto poi alla prova testimoniale, il giudice di appello ha dato adeguata motivazione della esclusione della prova testimoniale richiesta dai lavoratori, affermando che non era ammissibile perche’ formulata in termini estremamente generici. I ricorrenti, peraltro, non hanno trascritto in ricorso i capitoli di prova non ammessi, venendo cosi’ meno ad un onere imposto dal principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione ed impedendo cosi’ alla Corte di valutare la rilevanza e la decisivita’ delle circostanze di cui si voleva fornire la prova.

In definitiva il ricorso deve essere respinto. Nulla per le spese a norma dell’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo vigente prima delle modifiche apportate dalla L. n. 326 del 2003, trattandosi di causa iniziata prima del 1 ottobre 2003.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 9 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010

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