Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.850 del 19/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – rel. Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2651/2007 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

L.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO 14, presso lo studio dell’avvocato GAZIANI Gianfranco, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GASPERINI PIERO, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 129/2005 della Commissione Tributaria Regionale di BOLOGNA del 28.10.05, depositata il 25/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 17/12/2009 dal Presidente Relatore Dott. FERNANDO LUPI.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. PASQUALE PAOLO MARIA CICCOLO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTO E DIRITTO

Premesso che l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione nei confronti di L.A. avverso l’indicata sentenza della CTR dell’Emilia Romagna; che il contribuente si è costituito con controricorso;

avendo la Corte ritenuto ricorrere i presupposti per il procedimento in Camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., ha acquisito le conclusioni scritte del P.M., che ha chiesto accogliersi il primo e secondo motivo alla stregua della giurisprudenza di legittimità che ha ritenuto che i rappresentanti di commercio in quanto imprenditori commerciali sono sempre tenuti al pagamento dell’IRAP;

Nella Camera di consiglio odierna il ricorso è stato deciso.

Con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate deduce l’erroneità della qualificazione come lavoratore autonomo del contribuente, con il secondo motivo, richiamando giurisprudenza di legittimità, deduce che la natura di impresa commerciale dell’attività dell’agente di commercio implica che sia assoggettato in ogni caso all’Irap; con il terzo motivo assume che, in ogni caso, tutti i lavoratori autonomi sono soggetti all’IRAP. I tre motivi, che si esaminano congiuntamente perchè connessi, sono infondati.

Sulla questione dell’assoggettamento all’imposta degli agenti di commercio e dei promotori finanziari si era delineato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità che è stato composto dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 12108 del 2009 che ha affermato i principi: In tema IRAP, a norma del combinato disposto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio dell’attività di agente di commercio, di cui alla L. n. 1204 del 1985, art. 1, e di promotore finanziario, di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 31, comma 2, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivalo, ricorre quando il contribuente: a) sia sotto qualsiasi forma il responsabile dell’organizzazione e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni. Alla stregua degli esposti principi, avendo la CTR accertato che il contribuente non si avvaleva di lavoro altrui e disponeva di modesti beni strumentali, i motivi possono essere rigettati.

Le incertezze della giurisprudenza sulla questione sono motivo per compensare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010

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