LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –
Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –
Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –
Dott. POLICHETTI Renato – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Amministrazione dell’Economia e delle Finanze in persona del Ministro pro tempore, Agenzia delle Entrate in persona del Direttore pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso la stessa domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
O.L. rappresentate e difesa giusta delega in calce al controricorso dall’Avvocato AFELTRA Roberto, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Roma, piazza Don Minzoni n. 9;
avverso la sentenza n. 99/3/2004 emessa dalla Commissione Tributaria di Perugia in data 14.12.2004 e depositata il 2.5.2005;
udita la relazione del Consigliere Dott. Polichetti Renato;
lette e conclusioni scritte del P.G. Dott. Sorrentino Federico, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza dello stesso.
CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO quanto segue:
In data 7.8.1992 l’Ufficio notificava alla contribuente, in qualita’ di rappresentante legale della “societa’ Immobiliare Dora” con la quale era solidalmente responsabile, avviso di mora per il pagamento di sopratasse IRPEG e ILOR anno 1988, dichiarate e non versate dalla societa’ medesima, ai sensi e per gli effetti del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98, comma 6. La contribuente risultava infatti essere stato rappresentante legale della societa’ per tale periodo d’imposta.
Avverso l’atto dell’ufficio la parte presentava ricorso alla C.T.P. di Terni contestando la responsabilita’ ad ella attribuita in virtu’ del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98, comma 6 in quanto abrogato, dal 1/04/1998, dal D.lgs. n. 471 del 1997, art. 16; nonche’ la mancata notifica di alcun atto di imposizione precedente. Chiedeva quindi l’annullamento dell’atto impugnato.
Si costituiva l’Ufficio rilevando la legittimita’ del proprio operato, sia per quanto attinente al merito della pretesa tributaria sia in ordine alla responsabilita’ della parte, quale ex legale rappresentante ella societa’, alla luce del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98, comma 6 disciplinante la responsabilita’ solidale con la societa’ esecutore degli illeciti tributari commessi. Aggiungeva l’Ufficio che nessun provvedimento doveva essere emanato prima dell’avviso di mora.
La Commissione Tributaria Provinciale di Terni, con sentenza n. 130.02.2000 del 1.2.2000, accoglieva il ricorso, nella considerazione che l’esplicita abrogazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98, avvenuta con il D.Lgs n. 471 del 1997, art. 16 incidesse, per il principio del favor rei sul giudizio in corso, cosi’ da comportare il venire meno della responsabilita’ solidale della parte. L’Ufficio appellava la decisione, sulla base di due motivi: il primo relativo al dato per cui il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11 aveva in realta’ introdotto una disciplina piu’ sfavorevole per i legali rappresentanti delle societa’ di capitali rispetto a quella prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98, nel senso non solo di riaffermare la sussistenza di una responsabilita’ solidale, ma anche di ampliarne l’ambito soggettivo; il secondo ove di evidenziava che la corretta interpretazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 27 postulava che le violazioni riferite a societa’ si intendono riferite a persone fisiche che ne sono autrici solo se commesse dopo il 1 aprile 1998. Per le violazioni riferibili al soggetto rappresentato, commesse, come nella specie, prima del 1 aprile 1998, la norma va intesa nel senso che permane la responsabilita’ solidale del rappresentante L. n. 4 del 1929, ex art. 12 e dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98, comma 6 per quel che concerne le sanzioni previste dal medesimo DPR. La Commissione Tributaria Regionale con la sentenza in epigrafe indicata respingeva l’appello, ritenendo che il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98 e’ stato abrogato, che la contribuente si e’ trovata nella impossibilita’ di pagare le imposte per causa a se’ non imputabile, e che nella specie non era ravvisabile alcun comportamento colposo.
Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso le Amministrazioni in epigrafe indicate eccependo la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98, comma 6, e del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, art. 16, comma 1 nonche’ del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 3, 5, 25 e 27 del, nonche’ motivazione insufficiente ed illogica su punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Erroneamente, ad avviso dell’Avvocatura Generale dello Stato la CTR avrebbe ritenuto applicabile la nuova normativa prevista dal D.Lgs. n 427 del 1997 e che, alla luce della nuova normativa che richiede l’imputabilita’ a titolo doloso o colposo tale responsabilita’ non sarebbe sussistente in quanto la contribuente aveva dichiarato sia in primo grado che in appello di non avere potuto versare le imposte perche’ il denaro della societa’ Dora era stato sequestrato dal Procuratore della Repubblica ed erano gli unici fondi a disposizione della stessa, senza fornire alcun dato probatoria al riguardo.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., art. 2697 c.c. D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, insufficiente motivazione e esame di un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in quanto sia il giudice di primo grado che quello di appello avevano ritenuto sussistente il sequestro probatorio sopra citato, senza che lo stesso fosse stato documentato; ne’ poteva confondersi il fatto che l’Ufficio nulla aveva controdedotto al riguardo, non disponendo lo stesso di alcun elemento idoneo a negare l’affermazione di controparte.
O.L. per il tramite del suo avvocato presentava controricorso deducendo in via preliminare l’inammissibilita’ del ricorso per essere stato proposto unitamente al Ministero dell’Economia dall’Agenzia delle Entrate non specificando quale essa fosse; l’inammissibilita’ del ricorso per mancata formulazione del quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. introdotta a pena di inammissibilita’ dalla novella sul giudizio di cassazione introdotta nel febbraio 2006, nonche’ l’infondatezza del ricorso proposto dall’Avvocatura Generale dello Stato.
Occorre anzitutto esaminare i primi due motivi del controricorso che attengono a questioni procedurali.
Il primo motivo e’ infondato in quanto il generico riferimento alla Agenzia delle Entrate e’ sufficiente e non configura alcuna violazione processuale dal momento che, come avvenuto nel caso di specie, il contro ricorrente ha potuto svolgere pienamente e senza alcuna difficolta’ quanto dedotto nel controricorso.
Viceversa fondato e’ il secondo motivo dedotto nel controricorso.
Non vi e’ dubbio alcuno che all’epoca della notifica del ricorso – 14 giugno 2006 – era in vigore la riforma del processo civile che imponeva nel caso di proposizione del ricorso in Cassazione la formulazione di specifici quesiti a pena di inammissibilita’ dello stesso.
Tali quesiti nel caso di specie non sono stati formulati e cio’ inevitabilmente comporta la declaratoria di inammissibilita’ dello stesso (Cass. S.U. 9.3.2009 n. 5624; Cass. S.U. 10.09.2009 n. 19444).
Sussistono giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese del presente giudizio.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 giugno 2009.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2010