Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.88 del 08/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso di essa domiciliata in Roma, in Via di Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

G.V.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 65/28/06, depositata il 28 novembre 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23 settembre 2009 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco.

La Corte:

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 65/28/06, depositata il 28 novembre 2006, che, rigettando l’appello dell’Agenzia delle Entrate, ufficio di Milano *****, ha riconosciuto a G.V., commercialista, il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 2000 e 2001.

Il contribuente non ha svolto attività nella presente sede.

Il ricorso contiene un motivo, rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ..

Con l’unico motivo l’amministrazione ricorrente censura la sentenza per violazione della normativa istitutiva dell’IRAP sotto il profilo del presupposto impositivo costituito dalla sussistenza di autonoma organizzazione.

Il ricorso è inammissibile in quanto la notifica, tentata presso il domiciliatario, ha avuto esito negativo, come si evince dalla relazione dell’Ufficiale giudiziario: “anzi non potuto notificare in quanto lo studio si è trasferito per luogo ignoto. Vane le ricerche”.

Questa Corte ha affermato in proposito che “in tema di impugnazione, la notifica presso il procuratore costituito domiciliatario va effettuata nel domicilio da lui eletto nel giudizio, se esercente l’ufficio in un circondario diverso da quello di assegnazione, o, altrimenti, nel suo domicilio effettivo, previo riscontro, da parte del notificante, del e risultanze dell’albo professionale, dovendosi escludere che tale onere di verifica – attuatale anche per via informatica o telematica – arrechi un significativo pregiudizio temporale o impedisca di fruire, per l’intero, dei termini di impugnazione. Ove, peraltro, la notifica in detti luoghi, abbia avuto ugualmente esito negativo per caso fortuito o forza maggiore (per la mancata od intempestiva comunicazione del mutamento del domicilio o per il ritardo della sua annotazione ovvero per la morte del procuratore o, comunque, per altro fatto non imputabile al richiedente attestato dall’ufficiale giudiziario), il procedimento notificatorio, ancora nella fase perfezionativa per il notificante, può essere riattivato e concluso, anche dopo il decorsa dei relativi termini, mediante istanza al giudice “ad quem”, corredata dall’attestazione dell’omessa notifica, di fissazione di un termine perentorio per il completamento della notificazione ovvero, ove la tardiva notifica dell’atto di impugnazione possa comportare la nullità per il mancato rispetto dei termini di comparizione, per la rinnovazione dell’impugnazione ai sensi dell’art. 164 cod. proc. civ.” (Cass., sezioni unite, 18 febbraio 2009, n. 3818).

Non risultando esperito un siffatto procedimento dal notificante, nè risultando essere stata eseguita altra notificazione dell’atto, questa deve considerarsi inesistente.

In conclusione, si ritiene, che, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., comma 1, n. 1, e art. 380 bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio in quanto inammissibile”;

che la relazione e stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che non vi è luogo a provvedere sulle spese, considerato il mancato svolgimento di attività difensive da parte dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010

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