LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAPA Enrico – Presidente –
Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –
Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
– ricorrenti –
contro
G.E., elettivamente domiciliato in ROMA VIA TOSCANA 1, presso lo studio dell’avvocato CERULLI IRELLI GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 47/2004 della COMM. TRIB. REG. di MILANO, depositata il 12/11/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/12/2009 dal Consigliere Dott. PERSICO Mariaida;
lette le conclusioni scritte dal P.M. in persona del SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE Dott. MARTONE Antonio, con cui chiede il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia indicata in epigrafe, con la quale e’ stato riconosciuto il diritto di G.E., rappresentante di commercio, al rimborso dell’IRAP versata per l’anno 2001;
che il contribuente resiste con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il ricorso, con il quale si denuncia il vizio di omessa, illogica, incoerente motivazione su di un punto decisivo della controversia e la violazione della disciplina istitutiva dell’IRAP sotto il profilo del presupposto impositivo, e’ manifestamente infondato, in quanto la sentenza, con motivazione sufficiente ad esprimere la ratio decidendi, e’ conforme al consolidato principio della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “in tema di IRAP, alla stregua dell’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, l’esistenza di un’autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto per l’assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti e professioni indicate nel D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, (ora D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 53, comma 1, nel testo vigente dall’1/1/2004) non deve essere intesa in senso soggettivo, come autoorganizzazione creata e gestita dal professionista senza vincoli di subordinazione, bensi’ in senso oggettivo, come esistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, frutto dell’organizzazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui: l’accertamento di tale presupposto -ai fini dei quali non assume alcun rilievo la prevalenza dell’opera del professionista sul valore degli altri fattori produttivi impiegati, trattandosi di un requisito non configurarle, date le caratteristiche intrinseche del lavoro professionale o artigianale, e comunque non riconducibile ad alcuna previsione normativa – costituisce apprezzamento di mero fatto, rimesso al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimita’ se non per vizi logici della motivazione” (ex plurimis, Cass. nn. 3674, 3673, 3678, 3680 del 2007);
che tali principi sono stati ritenuti applicabili anche agli agenti di commercio (Cass. S.U. 2009/12108);
che la sentenza impugnata ha correttamente motivato sulla inesistenza di “un’autonoma organizzazione” con riguardo all’attivita’ svolta dal contribuente;
che, in conclusione, il ricorso va rigettato;
che in ordine alle spese di giudizio ricorrono giusti motivi per disporne la compensazione, considerato che l’orientamento giurisprudenziale applicato si e’ formato in epoca prossima alla presentazione del ricorso.
P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il ricorso e compensa le spese di questo grado di giudizio.
Cosi’ deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2010