LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAPA Enrico – Presidente –
Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –
Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
– ricorrenti –
contro
R.G.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 26/2004 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA, depositata il 04/08/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/12/2009 dal Consigliere Dott. PERSICO Mariaida;
lette le conclusioni scritte dal P.M. in persona del SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE Dott. SEPE Ennio Attilio, con cui chiede il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria indicata in epigrafe, con la quale e’ stato riconosciuto il diritto di R.G., medico di famiglia, al rimborso dell’IRAP versata per gli anni dal 1998 al 2000;
che il contribuente resiste con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il ricorso, con il quale si denuncia il vizio di omessa, illogica, incoerente motivazione su di un punto decisivo della controversia e la violazione della disciplina istitutiva dell’IRAP sotto il profilo del presupposto impositivo, e’ manifestamente infondato, in quanto la sentenza, con motivazione sufficiente ad esprimere la ratio decidendi, e’ conforme al consolidato principio della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “in tema di IRAP, alla stregua dell’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, l’esistenza di un’autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto per l’assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti e professioni indicate nel D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, (ora D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 53, comma 1, nel testo vigente dall’1/1/2004) non deve essere intesa in senso soggettivo, come autoorganizzazione creata e gestita dal professionista senza vincoli di subordinazione, bensi’ in senso oggettivo, come esistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, frutto dell’organizzazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui: l’accertamento di tale presupposto – ai fini dei quali non assume alcun rilievo la prevalenza dell’opera del professionista sul valore degli altri fattori produttivi impiegati, trattandosi di un requisito non configurabile, date le caratteristiche intrinseche del lavoro professionale o artigianale, e comunque non riconducibile ad alcuna previsione normativa – costituisce apprezzamento di mero fatto, rimesso al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimita’ se non per vizi logici della motivazione” (ex plurimis, Cass. nn. 3674, 3673, 3677, 3678, 3680 del 2007);
che la sentenza ha correttamente motivato sulla inesistenza di “un’autonoma organizzazione” riguardo all’attivita’ svolta dal contribuente, senza peraltro che l’accertamento in fatto effettuato dai giudici di merito risulti censurabile in questa sede non essendo stati dedotti elementi per una diversa valutazione nel rispetto del principio dell’autosufficienza;
che, in conclusione, il ricorso va rigettato;
che nulla si dispone sulle spese di giudizio, non avendo l’intimato svolto attivita’ difensiva.
P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il ricorso.
Cosi’ deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2010