LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 24307/2008 proposto da:
Società consortile COGETRA (CONSORZIO GESTIONE TRASPORTI) IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE MILIZIE 1, presso lo studio dell’avvocato CIROTTI Vittorio, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MERLO VITTORIO, PAOLO LANZAVECCHIA giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (ufficio ***** di Torino), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 30/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di TORINO, del 4/6/07, depositata il 13/07/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/11/2009 dal Consigliere e Relatore Dott. CAMILLA DI IASI.
E’ presente il P.G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI.
IN FATTO E IN DIRITTO 1. La società consortile CO.GE.TRA. s.r.l. in liquidazione propone, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), ricorso per cassazione (successivamente illustrato da memoria) avverso la sentenza n. 30/26/07, depositata il 13-07-07, con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento per Iva, Irpeg e Irap relativo all’anno 1998, la C.T.R. Piemonte, riformando la sentenza di primo grado (che aveva accolto il ricorso della società), accoglieva l’appello dell’Agenzia, rilevando che, a giustificazione degli storni delle fatture emesse nel ***** a carico di Fiat Auto, la contribuente aveva invocato un errore circa la committente, tuttavia le stesse fatture nel ***** erano state nuovamente emesse a carico di Fiat Auto, così legittimando gli accertamenti dell’Ufficio.
2. Il primo motivo di ricorso (col quale si deduce violazione di legge) risulta inammissibile per mancanza di idonea formulazione del quesito di diritto, in violazione dell’art. 366 bis c.p.c., a norma del quale, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere a pena di inammissibilità con la formulazione di un quesito di diritto.
E’ infatti da rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità (v. tra le altre SU n. 7257 del 2007), il quesito di diritto deve essere formulato in maniera tale da circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito stesso (cosa impossibile nell’ipotesi in cui, come nella specie, il quesito contenga un’alternativa), essendo inoltre da sottolineare che, sempre secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la funzione propria del quesito di diritto è di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, quale sia l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare, con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile il motivo che (come nella specie) si concluda con un quesito astratto e generico, perchè privo di ogni riferimento e specificità in relazione al decisum nonchè alla corrispondente “ratio decidendi” della sentenza impugnata e la cui formulazione sia del tutto inidonea (non solo, come sopra esposto, a consentire di circoscrivere la pronuncia del giudice di legittimità nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito stesso, ma anche) ad esprimere rilevanza ai fini della decisione del motivo, a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia e la regula iuris che, secondo il ricorrente, dovrebbe trovare applicazione nella fattispecie (v. tra molte altre, da ultimo, Cass. n. 7197 e n. 8463 del 2009 nonchè SU n. 7433 del 2009).
I successivi tre motivi di ricorso (coi quali si deduce vizio di motivazione) presentano diversi profili di inammissibilità.
In proposito, prescindendo dalla mancanza della illustrazione richiesta a pena di inammissibilità dell’art. 366 bis c.p.c., comma 2, è sufficiente rilevare che con tali motivi in sostanza si deduce che i giudici d’appello avrebbero attribuito ai fini della decisione rilevanza ad una circostanza (l’emissione nel *****, nuovamente a carico di Fiat Auto, delle stesse fatture precedentemente stornate) omettendo di argomentare in ordine alla circostanza che, a fine anno, in mancanza di nuova emissione delle fatture, la società aveva provveduto tra le scritture di assestamento e rettifica ad imputare ricavi per L. 76.4000.000 all’esercizio 1998 inserendo l’importo nella sezione Avere del conto Ricavi per trasporto e nella sezione Dare del conto Fatture da emettere (registrazioni risultanti dal libro giornale e dai conti interessati). In tali termini la ricorrente censura l’apprezzamento dei fatti e delle prove da parte del predetto giudice, senza considerare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ai configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, non potendo tali vizi consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, mentre alla Corte di Cassazione non è conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l’apprezzamento dei fatti (v. tra numerose altre Cass. n. 15489 del 2007).
E’ poi appena il caso di aggiungere che la circostanza in ordine alla quale i giudici d’appello avrebbero omesso di argomentare non risulta essere “decisiva” ai sensi di cui al citato art. 360 c.p.c., n. 5.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 4 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010