Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.910 del 20/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.C., S.C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 111, presso lo studio dell’avvocato D’AMATO DOMENICO, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati VITALE MARIA, PARDO LUCA giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 151, presso lo studio dell’avvocato ROSATI ANGELO, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso;

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 30, presso lo studio dell’avvocato DENTE ALBERTO, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2140/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA, SEZIONE PRIMA CIVILE, emessa il 05/04/2005, depositata il 16/05/2005, R.G.N. 11283/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 03/11/2009 dal Consigliere Dott. SPAGNA MUSSO Bruno;

udito l’Avvocato LUCIO IANNOTTA per delega dell’Avvocato DOMENICO D’AMATO; udito l’Avvocato ALBERTO DENTE;

udito l’Avvocato ANGELO ROSATI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per la inammissibilita’ del ricorso per quanto riguarda C.G., rigetto per il resto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato, C.C. e S.C. convenivano innanzi alla Corte d’Appello di Roma C.G. e C.R., proponendo impugnazione avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 26889/2002, con cui era stata rigettata la domanda proposta da essi appellanti, a seguito del fallimento della societa’ Alfa Pubblicita’ S.r.l. con sede in Roma, (amministrata formalmente da C.G. e di fatto dal padre C.R.) che provvedeva alla pubblicazione del periodico “La Pulce” avente ad oggetto la diffusione di annunci economici gratuiti, tesa ad ottenere il risarcimento dei danni, quantificati in Euro 1.062.713,03, derivati dalla dedotta concorrenza sleale dei convenuti posta in essere nella gestione del periodico “Porta Portese”. In particolare gli appellanti chiedevano accertarsi la responsabilita’ dei C. sia “per fatto ingiusto consistente nella mala gestio dell’amministrazione delle societa’ Alfa Pubblicita’ s.r.l., poi dichiarata fallita in data 21.3.79”, sia “per fatto ingiusto e concorrenza sleale consistente nell’illegittimo sfruttamento economico e nell’appropriazione dell’avviamento e della clientela del periodico La Pulce, attraverso la medesima idea editoriale, veste grafica e struttura produttiva – distributiva”.

Costituitisi i C., l’adita Corte territoriale di Roma, con la sentenza in esame n. 2140/2005, rigettava il gravame e confermava quanto statuito in primo grado; affermava il giudice di secondo grado che “il fallimento della societa’ Alfa pubblicita’ S.r.l. non e’ ascrivibile al comportamento dei C., come sostengono gli appellanti. E’ invero incontestabile che la necessita’ di finanziare la societa’, poi fallita, derivava non solo dalle pressanti e rilevanti esigenze economiche dell’azienda che si stava rapidamente espandendo, bensi’ anche in conseguenza dell’entrata in vigore della L. 16 dicembre 1967, n. 904, che aveva elevato il capitale minimo delle societa’ a responsabilita’ limitata da L. 900.000 a 20.000.000.

In secondo luogo e’ pacifico che proprio gli odierni appellanti si erano rifiutati di fare cio’ senza alcuna plausibile giustificazione…’”; inoltre, che, “il nuovo periodico Porta Portese, uscito dopo il 1 giugno 1979, non avrebbe potuto fare alcuna concorrenza al vecchio periodico, semplicemente perche’ lo stesso aveva cessato di esistere nell’aprile 1978, e a maggior ragione cio’ poteva accadere successivamente a tale epoca atteso che i C. avevano acquistato dal fallimento la vecchia testata giornalistica”.

Ricorrono per Cassazione il C.C. e la S. con due motivi; resistono con autonomi controricorsi C.R. e C.G.. Tutte le parti hanno depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i due motivi di ricorso si deduce violazione dell’art. 2043 c.c. e delle norme disciplinanti la concorrenza sleale nonche’ difetto di motivazione.

Si censura la sentenza impugnata non solo perche’ la Corte di Appello non valuta correttamente la responsabilita’ degli odierni resistenti in relazione al fallimento della societa’ Alfa ma anche perche’ non prende in considerazione quanto dedotto in tema di illecita attivita’ concorrenziale, con relativo difetto di motivazione anche riguardo alle prove ritenute prevalenti.

Nel controricorso di C.G. si deduce, tra l’altro l’inammissibilita’ del ricorso nei confronti di detto resistente perche’ tardivo.

Preliminarmente, si rileva l’inammissibilita’ del ricorso nella parte in cui e’ proposta nei confronti di C.G. perche’ tardivo, ai sensi degli artt. 325 e 326 c.p.c., oltre il termine di sessanta giorni: la sentenza in questione n. 2140/05 risulta, infatti notificata in data 8/7/05 a mani di P.B., incaricato alla ricezione degli atti, presso lo studio dei procuratori domiciliatari, mentre il ricorso e’ stato notificato in data 28/10/05 a detto C.G..

Infondato e’, poi, il ricorso nella parte in cui e’ proposto contro C.R.: la Corte territoriale, infatti, sulla base di un compiuto esame delle risultanze processuali, non ulteriormente valutabili nella presente sede di legittimita’, ha escluso sia la responsabilita’ degli originari convenuti in ordine al fallimento della societa’ Alfa Pubblicita’ s.r.l., sia la insussistenza di un ipotesi di concorrenza sleale, rispettivamente in virtu’ delle oggettive difficolta’ economiche della societa’ e della decisiva circostanza che l’attivita’ relativa al giornale di annunci economici Porta Portese. fosse iniziata un anno dopo la “chiusura” del “La Pulce” (motivando nel modo testuale sopra riportato).

In relazione alla natura della controversia sussistono giusti motivi per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese della presente fase.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso nella parte in cui risulta proposto nei confronti di C.G. e lo rigetta nella parte in cui risulta proposto nei confronti di C.R.. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2010

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