LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 24418/2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO ARNO’ MOTOR SPORT & C. SNC e SOCI in persona del Curatore Fallimentare, elettivamente domiciliato in ROMA presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COPPOLINO Salvatore, giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 90/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI PALERMO SEZIONE DISTACCATA di MESSINA, del 13/6/07, depositata l’11/07/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/11/200 9 dal Consigliere e Relatore Dott. CAMILLA DI IASI.
E’ presente il P.G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI.
IN FATTO E IN DIRITTO 1. L’Agenzia delle Entrate propone, nei confronti del fallimento della Arnò Motor Sport e C. s.n.c. (che resiste con controricorso), ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 90/26/07, depositata l’11-07-07, con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di rettifica Iva relativo all’anno 1997, la C.T.R. Sicilia confermava la sentenza di primo grado (che aveva accolto il ricorso della contribuente) rilevando l’esistenza di un precedente giudicato tra le stesse parti e sul medesimo oggetto, ancorchè per differenti periodi di imposta.
2. L’unico motivo di ricorso (col quale si deduce violazione dell’art. 2909 c.c.) appare inammissibile sotto diversi profili.
In particolare, come peraltro rilevato anche dalla controricorrente, manca una idonea formulazione del quesito di diritto, essendo da rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità (v. tra le altre SU n. 7257 del 2007), la funzione propria del quesito di diritto è di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, quale sia l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare, con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile il motivo che (come nella specie) si concluda con un quesito astratto, perchè privo di ogni riferimento e specificità in relazione al decisum nonchè alla corrispondente “ratio decidenti” della sentenza impugnata e la cui formulazione sia del tutto inidonea ad esprimere rilevanza ai fini della decisione del motivo, a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia e la regula iuris che, secondo il ricorrente, dovrebbe trovare applicazione nella fattispecie (v. tra molte altre, da ultimo, Cass. n. 7197 e n. 8463 del 2009 nonchè SU n. 7433 del 2009).
Inoltre, le sentenze costituenti precedente giudicato sulle quale il ricorso sì fonda non risultano indicate (e depositate) ai sensi degli artt. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, , non rilevando che l’invocato giudicato (sul quale il motivo si fonda) sia stato eventualmente prodotto nel giudizio di merito (v. in proposito Cass. n. 2855 del 2009), essendo peraltro da rilevare che, con sentenza 3 settembre 2009 nel procedimento C-2/08, la Corte di Giustizia CE ha affermato che il diritto comunitario osta all’affermazione di una disposizione del diritto nazionale come l’art. 2909 c.c., in una causa vertente sull’imposta sul valore aggiunto concernente un’annualità fiscale sulla quale non si è avuta ancora una decisione giurisdizionale definitiva, in quanto essa impedirebbe al giudice nazionale investito di tale causa di prendere in considerazione le norme comunitarie in materia di pratiche abusive legate a detta imposta.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.200,00 di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 4 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010