LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –
Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –
Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
S.U. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI VERALLI 4, presso lo studio dell’avvocato RENDA RENATO, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCIDO GIOVANNI;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI CERNUSCO SUL NAVIGLIO in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S COSTANZA 35, presso lo studio dell’avvocato BONOTTO MARCELLO, rappresentato e difeso dall’avvocato SCAMBIA CARMELO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5535/2005 del GIUDICE DI PACE di MILANO, depositata il 23/04/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 11/11/2009 dal Consigliere Dott. MIGLIUCCI Emilio;
udito l’Avvocato Marcello BONOTTO, con delega depositata in udienza dell’Avvocato Carmelo SCAMBIA, difensore del resistente che ha chiesto di risportarsi;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per l’inammissibilita’ del controricorso e rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza dep. il 23 aprile 2005 il Giudice di Pace di Milano rigettava i ricorsi riuniti, con cui S.U. e la societa’ Progetto Auto, rispettivamente conducente e proprietaria dell’autovettura Audi S8 tg *****, avevano proposto opposizione avverso il verbale di contravvenzione elevato dal Comune di Cernusco sul Naviglio per avere lo S., in violazione dell’art. 173 C.d.S., commi 2 e 3, fatto uso del radiotelefono durante la guida.
Il Giudice di Pace riteneva che le inesattezze da cui era affetto il verbale di contravvenzione non ne inficiavano la validita’, osservando che l’identificazione del luogo in cui si era verificata l’infrazione conteneva un errore materiale facilmente rilevabile con la capacita’ e la diligenza dell’uomo medio; l’uso della locuzione del radiotelefono durante la “guida” anziche’ durante la “marcia” era superata per essere stata correttamente indicata la disposizione di cui all’art. 173 C.d.S., comma 2 che specifica la fattispecie astratta del divieto nonche’ la norma sanzionatoria, sicche’ risultava agevole la verifica della corrispondenza dell’addebito effettuato che peraltro non era stato contestato sotto il profilo sostanziale; infine, priva di rilevanza era la circostanza che la sanzione della decurtazione dei punti della patente non fosse stata indicata fra le sanzioni accessorie, posto che comunque nel verbale era specificato che la violazione avrebbe comportato, ai sensi dell’art. 126 bis C.d.S., la predetta sanzione.
Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione lo S. sulla base di sei motivi illustrati da memoria.
Ha resistito con controricorso l’intimato, deducendo tra l’altro l’inammissibilita’ del ricorso per mancanza di procura speciale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilita’ del controricorso atteso che, secondo quanto dichiarato dallo stesso resistente, la procura speciale e’ stata rilasciata non in calce al controricorso stesso, bensi’ in calce alla copia del ricorso notificato dalla controparte, giacche’ in tal modo manca la prova certa del rilascio del mandato in epoca anteriore o coeva alla notificazione del controricorso: peraltro la procura rilasciata e’ idonea per la discussione della causa.
Va, peraltro, esaminata d’ufficio la questione relativa all’ammissibilita’ del ricorso con riferimento alla specialita’ della procura conferita all’avv. Giovanni Lucido nominato dalla parte ricorrente quale procuratore speciale nel giudizio instaurato avanti la Corte di Cassazione.
Deve escludersi che il legale avesse redatto in via autonoma il ricorso instaurando il giudizio di legittimita’ e ricevendo poi la conferma della nomina a difensore e a procuratore speciale.
La procura materialmente unita al ricorso aveva i requisiti di specialita’ prescritti dall’art. 83 c.p.c., fornendo la certezza che la stessa era stata rilasciata successivamente alla decisione impugnata ed in epoca contestuale al ricorso per Cassazione: infatti, in essa non solo erano indicati la data del suo conferimento, che era contestuale a quella di redazione del ricorso (9.5.2005), ma anche gli estremi della sentenza impugnata, sicche’ del tutto irrilevante e’ la circostanza che il mandato fosse stato rilasciato con riferimento al giudizio instaurato avanti la Corte di Cassazione, che pende con la notificazione del ricorso (nella specie avvenuta il 24.5.2005).
Con il primo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione di norme di diritto, dell’art. 201 C.d.S. e dell’art. 383 reg. esec. C.d.S., deduce che era da ritenersi illogica e contraddittoria la motivazione della decisione impugnata laddove aveva affermato che l’identificazione del luogo in cui era stata accertata l’infrazione conteneva un errore materiale facilmente rilevabile con la capacita’ e la diligenza dell’uomo medio, senza peraltro che fosse individuato il luogo in cui la violazione sarebbe stata effettivamente commessa: il che comportava l’imprecisione la poca chiarezza del verbale e quindi la sua invalidita’ tenuto conto dei requisiti imposti dall’art. 201 C.d.S. a tutela del cittadino.
Il motivo va disatteso.
In primo luogo, la motivazione e’ immune dai vizi denunciati, posto che la sentenza ha verificato, con accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimita’, che l’inesattezza del verbale di contravvenzione non avrebbe potuto comportare alcuna obiettiva incertezza in ordine al luogo in cui era stata accertata la violazione ed incidere sul diritto di difesa del trasgressore.
Al riguardo, va considerato che in tema di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, la validita’ della contestazione della violazione e’ condizionata unicamente dalla sua idoneita’ a garantire l’esercizio del diritto di difesa dell’interessato, al quale la contestazione medesima e’ preordinata (Cass. 3536/2006; 8939/2005; 21007/2004): nella specie, non e’ stato in alcun modo dedotto che l’accertamento non aveva consentito al trasgressore di difendersi, tanto piu’ che il Giudice di Pace ha chiarito che nessuna contestazione sotto il profilo sostanziale era stata invocata dal ricorrente.
Con il secondo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione di norme di diritto, dell’art. 112 c.p.c. nonche’ omessa, insufficiente e contraddittoria circa un punto decisivo, censura la sentenza laddove non aveva esaminato le deduzioni che nel corso del giudizio di primo grado aveva formulato in ordine all’assenza di prova circa la commissione dell’infrazione ed in particolare circa l’utilizzo effettivo del radiotelefono, tenuto conto che i verbalizzanti avevano adoperato il termine uso senza indicare le concrete modalita’ che potessero confermare un uso effettivo.
Con il terzo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione di norme di diritto, dell’art. 173 C.d.S., comma 2, art. 132 c.p.c., nonche’ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), deduce che, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudicante, la prova dell’infrazione non poteva risiedere nella norma che specifica la fattispecie astratta del divieto di cui e’ stata riscontrata la violazione affermare che una sanzione sia stata applicata correttamente solo perche’ e’ stata effettivamente applicata, oltre a rappresentare una chiara tautologia, e’ assolutamente inaccettabile in un sistema garantista e democratico come quello italiano: ove ogni inesattezza dell’organo accertatore potesse essere giustificata alla luce del riferimento ad una qualsiasi norma di diritto, anche oltre i limiti di applicabilita’ della stessa, si riconoscerebbero allo stesso poteri di giudice, se non di legislatore o di dittatore; il semplicistico richiamo alla presunta correttezza dell’operato degli organi accertatori effettuato dal giudice in assenza di ogni e qualsiasi prova, in modo assolutamente acritico ed apodittico, non puo’ affatto costituire adempimento dell’obbligo motivazionale secondo i principi al riguardo formulati dalla Suprema Corte.
D’altro canto, non si capisce come la locuzione “durante la guida” possa essere superata dalla “corretta indicazione della norma violata”, sol che si consideri che l’art. 173 C.d.S., comma 2 prevede la sanzione dell’uso del telefono “durante la marcia”: la nozione di guida non coincide con quella di marcia ed il diverso significato dei due termini e’ stato recepito anche dal codice della strada che distingue i due concetti.
Il secondo e il terzo motivo vanno esaminati congiuntamente, attesa la loro stretta connessione.
Le censure sono infondate e vanno disattese.
La sentenza ha ritenuto che la condotta descritta nel verbale integrava la fattispecie contestata, essendo gli elementi di fatto ivi indicati sufficienti per considerare provata sul piano logico l’effettiva utilizzazione del radiotelefono; d’altra parte, il Giudice di Pace, nell’escludere la denunciata invalidita’ del verbale per inesattezza o imprecisione delle indicazioni ivi contenute, ha in sostanza chiarito che nessuna incertezza in ordine alla contravvenzione contestata poteva ragionevolmente derivare dalla locuzione adoperata “uso del radiotelefono durante la guida” anziche’ “uso del radiotelefono durante la marcia” giacche’, avendo i verbalizzanti fatto riferimento alla norma di cui all’art. 173 C.d.S. citato, non potevano sorgere dubbi sull’illecito contestato, e cioe’ che laddove si faceva riferimento alla commissione dell’infrazione durante la guida doveva intendersi durante la marcia: pertanto, il riferimento alla norma indicata nel verbale e’ stato formulato non per fare da essa derivare l’affermazione della responsabilita’ ma per chiarire il significato che doveva attribuirsi al termine guida erroneamente usato nel verbale.
Con il quarto motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione di norme di diritto, dell’art. 126 bis C.d.S., nonche’ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la sentenza impugnata che non aveva correttamente valutato il motivo dell’opposizione con cui si era dedotta la contraddittorieta’ del verbale derivante dall’indicazione della sanzione accessoria nella sezione dedicata alle sanzioni principali e dalla mancata indicazione della stessa fra le sanzioni accessorie; il Giudicante non aveva chiarito se si trattava di sanzione principale od accessoria; tenuto conto che la decurtazione dei punti rientra fra le sanzioni accessorie relative alla patente di guida e quindi al suo titolare, le considerazioni sulla contraddittorieta’ del verbale ne comportavano l’invalidita’.
Il motivo va disatteso, posto che come gia’ evidenziato dalla sentenza impugnata, e’ del tutto irrilevante la collocazione nel verbale o la qualificazione della natura – accessoria o meno – della sanzione relativa alla decurtazione dei punti: in considerazione della finalita’ del verbale di cui si e’ detto sopra, cio’ che era decisivo era l’avere indicato nel verbale che l’infrazione avrebbe comportato anche la decurtazione dei punti della patente.
Con il quinto motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione di norme di diritto, della L. n. 689 del 1981, art. 23 deduce che l’opposizione doveva essere rigettata, non avendo il Comune offerto la prova dell’illecito contestato, essendosi limitato ad allegare il verbale impugnato: la sentenza non aveva indicato le prove poste a base della decisione.
Il motivo e’ infondato.
Il Giudice di Pace, nel l’affermare la responsabilita’ del ricorrente alla stregua degli elementi emersi dal verbale di contravvenzione, ha altresi’ evidenziato come l’opponente non avesse formulato contestazioni di natura sostanziale in ordine alla effettiva commissione dell’illecito contestato, avendo evidenziato come il medesimo si fosse limitato a formulare eccezioni formali in ordine ai requisiti e alle indicazioni del verbale impugnato: pertanto, la sentenza ha indicato le ragioni in base alle quali e’ pervenuta – all’esito di un indagine di fatto riservata al giudice di merito – all’accertamento dell’illecito.
Con il sesto motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione di norme di diritto, dell’art. 91 c.p.c., censura la decisione di compensazione delle spese, dovendo essere l’opposizione accolta.
Il motivo e’ infondato.
Il ricorrente, che e’ risultato soccombente, non puo’ certo dolersi dell’avvenuta compensazione delle spese ed invocarne addirittura la condanna della controparte che e’ risultata vittoriosa a seguito del rigetto dell’opposizione proposta dal ricorrente: in proposito, e’ appena il caso di ricordare che, in materia di regolamentazione delle spese processuali, il giudice incontra soltanto il divieto di porle a carico della parte interamente vittoriosa.
Il ricorso va rigettato.
In considerazione di quanto sopra si e’ detto a proposito del controricorso, a favore del resistente ed a carico del soccombente vanno liquidate le spese processuali, limitatamente alla discussione della causa ed a quelle che ne costituiscono il necessario presupposto (studio della controversia; consultazione con il cliente).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 300,00 di cui Euro 100,00 per esborsi ed Euro 200,00 per onorari di avvocato oltre.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2010