LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –
Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –
Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
L.F.P., P.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato DI GIACOMO GAETANO, rappresentati e difesi dall’avvocato SALIMBENE AGOSTINO;
– ricorrente –
e contro
UFFICIO TERRITORIALE GOVERNO SALERNO in persona del Prefetto pro tempore;
– intimato –
avverso la sentenza n. 488/2005 della GIUDICE DI PACE di SALERNO, depositata il 04/02/2005;
udita la relazione della causa svolta, nella Udienza pubblica del 11/11/2009 dal Consigliere Dott. MIGLIUCCI Emilio;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso con correzione della motivazione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L.F.P. e P.M. hanno proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza dep. il 4 febbraio 2005 con cui il Giudice di Pace di Salerno aveva rigettato l’opposizione dai medesimi proposta avverso l’ordinanza con cui il Prefetto aveva loro ingiunto il pagamento di Euro 1032,91, oltre alle sanzioni accessorie, per avere emesso l’assegno bancario di L. 400.000.000 senza provvista.
Il Giudice di Pace, nel respingere l’opposizione, ha ritenuto che i ricorrenti non avevano offerto alcuna prova in ordine alla doglianza formulata con il primo motivo, relativo non alla mancanza ma alla irregolarita’ del procedimento relativo alla notificazione del verbale di accertamento, non avendo dimostrato l’assunto secondo cui il 22/9/2000 la Prefettura avrebbe ricevuto dal pubblico ufficiale il rapporto relativo al verbale di accertamento e in data 11/12/2000 avrebbe redatto il verbale di accertamento: in particolare la circostanza, secondo cui il 22/9/2000 la Prefettura avrebbe ricevuto dal pubblico ufficiale il rapporto, non era stata in alcun modo dimostrata dai ricorrenti che avevano al riguardo il relativo onere probatorio, nonostante che l’amministrazione non avesse trasmesso gli atti di cui era stata formulata richiesta.
Per quanto riguardava la deduzione in ordine al mancato rispetto del termine di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 2 il Giudice di Pace, dopo avere ritenuto senz’altro applicabile alla specie tale normativa, osservava che gli opponenti non avevano azionato il procedimento integrativo previsto dal D.L. n. 163 del 1995, art. 3 ter secondo cui l’interessato, una volta decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo, puo’ fare istanza al Ministro perche’ valuti la sussistenza delle condizioni per l’esercizio del potere di avocazione previsto dalla legge.
Non ha svolto attivita’ difensiva l’intimato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti, lamentando violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 2 nonche’ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censurano la sentenza laddove aveva erroneamente ritenuto che sarebbe stato onere posto a carico di essi opponenti fornire la documentazione in possesso dell’amministrazione che ha l’onere di depositarla in giudizio.
Il motivo e’ fondato.
La sentenza ha ritenuto che i ricorrenti, i quali avevano impugnato l’ordinanza – ingiunzione e non il verbale di accertamento, avevano dedotto la irregolarita’ del procedimento che non era stato possibile verificare non avendo i predetti dimostrato la ricezione da parte del Prefetto in data 22/9/2000 del rapporto di accertamento della violazione.
Orbene, va considerato innanzitutto che la intempestiva notifica del verbale di accertamento, comportando l’estinzione dell’obbligazione di pagare la sanzione, determina l’invalidita’ della successiva ingiunzione impugnata con l’opposizione con cui sia stata dedotta per l’appunto l’illegittimita’ del procedimento amministrativo adottato.
Nella specie era stato dedotta l’inosservanza o la mancata prova del rispetto del termine di legge prescritto per la notifica del verbale di accertamento dell’illecito da parte della Prefettura: decisivo sarebbe stato stabilire il momento in cui era ad essa pervenuto il protesto dell’assegno redatto dal notaio ma tale verifica andava necessariamente compiuta attraverso gli atti in possesso dell’amministrazione, non potendo in proposito configurarsi alcun onere a carico degli opponenti. Ed invero, il soggetto che propone opposizione contro ordinanza – ingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa pecuniaria, mentre ha l’onere di eccepire i vizi del provvedimento non rilevabili d’ufficio, quale la mancanza della preventiva contestazione, non ha anche l’onere di porre in essere in atto – al fine di fornire la prova del vizio fatto valere – un’attivita’ processuale diretta all’acquisizione di quegli stessi documenti, quali la copia del rapporto e gli atti relativi all’accertamento della violazione e alla sua contestazione immediata o mediante notificazione, che l’autorita’ che ha emesso il provvedimento ha il dovere – onere (indipendentemente dalla sua costituzione in giudizio) di allegare al processo, a seguito del relativo ordine impartito dal giudice con il decreto di fissazione dell’udienza di comparizione, a norma della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 2. D’altra parte, specie nelle ipotesi in cui l’opponente puo’ dimostrare le proprie eccezioni solo sulla base degli atti suddetti, la loro mancata produzione da parte dell’autorita’ opposta non puo’ non costituire un decisivo elemento di giudizio, idoneo a suffragare presuntivamente la sussistenza del fatto sul quale l’opponente ha fondato l’eccezione (Cass. 7296/1996).
Con il secondo motivo i ricorrenti, lamentando violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 2, del D.L. n. 163 del 1995, art. 3 ter nonche’ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censurano la sentenza laddove non aveva fatto applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 2 in tema di conclusione dei procedimenti amministrativi, nei quali rientrava anche quello in oggetto. Il motivo e’ infondato, dovendo peraltro al riguardo correggersi, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c., la motivazione della decisione impugnata che e’ erronea laddove, nel respingere il motivo dedotto con riferimento al termine di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 2 ha ritenuto applicabile alla specie tale normativa.
In tema di sanzioni amministrative, alla mancata previsione nella L. n. 689 del 1981 del termine per l’emissione dell’ordinanza – ingiunzione, non si puo’ ovviare applicando quello, peraltro non perentorio, previsto per la conclusione del procedimento amministrativo dalla L. n. 241 del 1990, art. 2 (originariamente trenta giorni, poi novanta a seguito della modifica apportata dal D.L. n. 35 del 2005, convertito nella L. n. 80 del 2005), in quanto la L. n. 689 del 1981 costituisce un sistema di norme organico e compiuto e delinea un procedimento di carattere contenzioso in sede amministrativa, scandito in fasi i cui tempi sono regolati in modo da non consentire, anche nell’interesse dell’incolpato, il rispetto di un termine cosi’ breve. E’, quindi, applicabile il termine quinquennale di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 28 ancorche’ detta norma faccia letteralmente riferimento al termine per riscuotere le somme dovute per le violazioni (Cass. 17526/2009; 24436/2006; S.U. 9591/2006).
Il ricorso va accolto in relazione al primo motivo.
La sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese della presente fase, al Giudice di Pace di Salerno in persona di altro magistrato.
PQM
Accoglie il primo motivo del ricorso rigetta il secondo cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese della presente fase, al Giudice di Pace di Salerno in persona di altro magistrato.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2010