LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –
Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –
Dott. ATRIPALDI Umberto – Consigliere –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
B.G. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. ZANARDELLI 28, presso lo studio dell’avvocato ALBISINNI LUIGI, rappresentato e difeso dall’avvocato SESTA MICHELE;
– ricorrente –
e contro
G.R. *****;
– intimata –
avverso la sentenza n. 776/2004 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 19/06/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 26/11/2009 dal Consigliere Dott. MIGLIUCCI Emilio;
udito l’Avvocato TALARICO Domenico, con delega depositata in udienza dell’Avvocato SESTA Michele, difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
B.G. era assumeva di essere proprietario di un appartamento sito in *****, con lastrici solari soprastanti il ***** e la via *****, giusta eredita’ della zia B.A. che l’aveva ricevuta dalla cugina G.G., a sua volta erede di Ba.Gi. costruttrice dell’intero edificio. L’attore precisava che R.G. aveva acquistato da C. G. altro appartamento al ***** piano – lato destro – del medesimo immobile e, vantando diritti di proprieta’ sul lastrico solare del B.G. prospiciente la via *****, aveva realizzato un’apertura fra il proprio immobile e tale terrazzo.
Cio’ premesso, l’istante conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Marsala sezione distaccata di Mazara del Vallo la G.R. al fine di ottenere la dichiarazione del proprio esclusivo diritto di proprieta’ sul menzionato lastrico solare, e la condanna alla chiusura dell’apertura abusiva.
Si costituiva la convenuta, contestando la domanda di cui chiedeva il rigetto; in via riconvenzionale, instava per la condanna del B. G. alla eliminazione dell’apertura realizzata sul muro divisorio fra il terrazzo di questi e quello che la G.R. assumeva essere di sua proprieta’. Con sentenza del 14 agosto 2001 il Tribunale di Marsala sezione distaccata di Mazara del Vallo riteneva provata la proprieta’ dell’attore sulla base dei titoli prodotti, rilevando che con testamenti pubblici Ba.Gi. aveva designato eredi G.G. e F.S.: la G. aveva nominato erede pro – quota B.A., la quale con testamento olografo aveva designato erede universale l’attore: nel testamento della G. si leggeva che a B.A. era stato relitto l’intero terrazzo sovrastante il ***** piano della in casa e prospiciente la via *****, sicche’ l’attore aveva acquistato la proprieta’ in epoca anteriore all’acquisto da parte della convenuta avvenuto con la compravendita del *****. Con sentenza dep. il 19 giugno 2004 la Corte di appello di Palermo, in riforma della decisione impugnata dalla convenuta, rigettava la domanda proposta dall’attore che – in accoglimento della spiegata riconvenzionale – era condannato ad eliminare l’apertura praticata nel muro divisorio.
Secondo i giudici di appello l’attore non aveva fornito la prova che incombe a colui che agisce in rivendicazione, essendo al riguardo necessario che sia dimostrato un acquisto a titolo originario ovvero il possesso proprio e dei suoi danti causa utile ad usucapionem.
Nella specie, nella non dimostrata ipotesi che con il proprio testamento la G. avesse lasciato proprio il terrazzo di cui si discute ad B.A., esistevano soltanto susseguenti attribuzioni testamentarie ma mancava la prova di un acquisto a titolo originario, essendo rimasta un mera affermazione labiale che Ba.Gi. fosse stata la costruttrice dell’immobile.
Neppure poteva ritenersi l’esistenza di un possesso ad usucapionem dell’immobile rivendicato, non essendo al riguardo sufficiente che i primi due testamenti risalissero a un ventennio.
Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione il B. sulla base di tre motivi. Non ha svolto attivita’ difensiva l’intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 948 e 2697 c.c., censura la decisione gravata che, nel respingere la domanda di rivendicazione sul rilevo che l’attore non aveva offerto la prova di un titolo di acquisto a titolo originario, aveva violato le norme sulla ripartizione dell’onere della prova in tema di azione di rivendicazione, tenuto conto del consolidato principio affermato dalla giurisprudenza di legittimita’ in caso di mancata contestazione da parte del convenuto dell’originaria appartenenza del bene rivendicato ad un comune dante causa o ad uno dei danti causa dell’attore, ben potendo in tale ipotesi il rivendicante assolvere l’onere probatorio su di lui incombente limitandosi a dimostrare che il bene in contestazione ha formato oggetto di un proprio valido titolo di acquisto. Nella specie ricorreva per l’appunto tale situazione e non era necessaria la prova di un titolo di acquisto a titolo originario, posto che il terrazzo di cui si tratta apparteneva necessariamente al comune dante causa remoto delle parti del presente giudizio: infatti, sia B. G., sia G.R., derivavano la loro rispettiva proprieta’ dalla comune dante causa B.G., la quale con testamento aveva disposto a favore della cugina G.G. e del nipote F.S.;
la prima aveva disposto in favore della figlia B.A. attribuendole espressamente il terrazzo sovrastante il secondo piano della propria casa e prospiciente la via *****; B. A. aveva quindi istituito erede universale l’attuale ricorrente; F.S. – cui B.G. aveva espressamente attribuito “il quartino della casa di via ***** (secondo piano solerato) soprastante alla casa di proprieta’ dello stesso F.S. – aveva invece alienato alla signora M.E., come risultato dall’atto di compravendita fra quest’ultima e la signora C.G. ove si specificava che l’oggetto dell’alienazione – ovverosia, oltre ad alcune parti comuni, una casa sita al ***** sovrastante al ***** di proprieta’ di F.S. e comprendente fra l’altro anche “due soffitte ed un terrazzo al terzo piano solerato, sovrastanti ai detti vani di seconda elevazione” – era pervenuta alla venditrice per compra fattane da potere di F.S. cui era pervenuto per successione alla signora B.G.; la signora M. E. aveva poi a sua volta alienato a C.C. dante causa della convenuta.
Orbene, osserva ancora il ricorrente, la G.R. aveva eccepito di avere acquistato in data ***** proprio dalla C. la piena proprieta’ dell’immobile in *****, senza muovere contestazioni in ordine all’attitudine dei titoli traslativi invocati dal B. limitandosi ad invocare l’acquisto a titolo derivativo della terrazza. Nella specie non si trattava tanto di risalire a un titolo di acquisto a titolo originario, atteso che il thema decidendum consisteva nell’interpretazione dei rispettivi titoli di acquisto.
Il motivo va disatteso.
La sentenza, pur affermando che l’attore non aveva fornito la prova di un titolo di acquisto a titolo originario del bene rivendicato, ha comunque ritenuto non dimostrato non solo che Ba.Gi.
(la presunta originaria comune dante causa delle parti) fosse la costruttrice dell’intero edificio immobile ma anche che la G. G. avesse lasciato alla dante causa dell’attore proprio il terrazzo di cui si discute (“nella non dimostrata ipotesi”), in tal modo escludendo – alla stregua dell’esame degli atti di provenienza – che fosse stata fornita la prova della trasmissione a favore dell’attore del diritto di proprieta’ sul terrazzo in base a una serie successiva ed ininterrotta di atti dispositivi da parte dei danti causa del ricorrente: il che rendeva inconferente nella specie il richiamo del principio di diritto invocato dal ricorrente in tema di ripartizione dell’onere della prova e della sua attenuazione in caso di mancata contestazione da parte del convenuto dell’originaria appartenenza del bene a un comune dante causa dell’attore. Orbene, l’interpretazione dei titoli di acquisto, necessariamente compiuta dalla Corte per giungere a tale conclusione, ha ad oggetto un accertamento di fatto riservato al giudice di merito e, come tale, e’ insindacabile in sede di legittimita’ se non per violazione dei criteri ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c. e segg. o per vizio di motivazione, che nella specie non sono stati in alcun modo dedotti, essendosi il ricorrente limitato a sostenere che dai richiamati documenti sarebbe stata raggiunta la prova del suo assunto. In particolare, il ricorrente avrebbe dovuto denunciare la violazione della regola interpretativa in relazione al contenuto specifico delle clausole da cui si sarebbe dovuto trarre la prova dell’acquisto del diritto previa integrale trascrizione nel ricorso per Cassazione del relativo testo in modo da consentire alla Corte – che non puo’ procedere all’esame diretto degli atti, ad eccezione dei casi in ci sia invocato un error in procedendo – di verificare la decisivita’ o meno nei predetti documenti.
Con il secondo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 948, 1159, 2697, 2727 e 2729 c.c., censura la sentenza che aveva escluso la prova di un possesso ultraventennale laddove semmai ricorreva l’ipotesi dell’usucapione decennale, avendo i giudici pretermesso le risultanze di causa dalle quali era emerso l’esercizio del possesso in capo al ricorrente.
Infatti, il possesso ultraventennale era comprovato dal progetto di ristrutturazione edilizia dell’intero immobile allegato alla concessione edilizia n. *****, da cui non si rinveniva traccia di apertura che mettesse in comunicazione il terrazzo in questione con la proprieta’ C.:
circostanza confermata dalla dichiarazione sottoscritta dal geom.
Gi.Ca. nonche’ dalla deposizione dell’arch. D.;
tali risultanze dimostravano che la C. prima e la G. R. poi non erano in grado di accedere sul terrazzo prospiciente la via ***** e quindi di esercitare il possesso che in effetti era esercitato solo dall’attore, atteso che il predetto terrazzo era raggiungibile esclusivamente dall’immobile di proprieta’ del medesimo.
Orbene – sottolinea ancora il ricorrente – ai fini della conservazione del possesso non occorre l’esplicazione di continui e concreti atti di godimento e di esercizio del possesso ma e’ sufficiente che la cosa, anche in relazione alla sua particolare destinazione, possa continuare a considerarsi rimasta nella virtuale disponibilita’ del possessore. La Corte aveva trascurato di prendere in considerazione le circostanze surrichiamate.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia omessa insufficiente e contraddittoria motivazione perche’, in violazione della disposizioni richiamate ai primi due motivi, la sentenza aveva apoditticamente affermato che il B.G. non aveva dimostrato di essere proprietario del terrazzo de quo.
Il secondo e il terzo motivo vanno esaminati congiuntamente, stante la loro stretta connessione. Le censura devono essere disattese.
La sentenza ha ritenuto che l’attore non aveva fornito la prova di un possesso ventennale utile ad usucapionem, osservando che al riguardo non era sufficiente il fatto che i primi due testamenti risalissero ad oltre un ventennio rispetto all’atto di compravendita di G.R.. Orbene le doglianze, pur facendo riferimento a violazioni di legge e a vizi di motivazione, da cui la sentenza e’ immune, si risolvono nella censura dell’apprezzamento delle risultanze istruttorie, che e’ evidentemente oggetto riservato dell’indagine di fatto riservata al giudice di merito, formulando il ricorrente una ricostruzione del fatto difforme da quella compiuta dalla sentenza.
Al riguardo, va considerato che l’accertamento del fatto e’ operazione riservata al giudice di merito che puo’ essere censurata in sede di legittimita’ sotto il profilo del vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il quale peraltro si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione; tali vizi non possono consistere nella difformita’ dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, mentre alla Corte di Cassazione non e’ conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, non essendo compito del giudice di legittimita’ verificare l’esattezza della decisione rispetto alle risultanze istruttorie: spetta alla Cassazione quello di controllare, sotto il profilo logico e formale, la correttezza giuridica del provvedimento impugnato attraverso l’esame del suo contenuto. D’altra parte il vizio di motivazione per omesso esame di un documento o di una prova testimoniale e’ configurabile qualora si prospetti che le relative risultanze, ove fossero state considerate, avrebbero con certezza portato a una decisione diversa da quella adottata e postula altresi’ che, in virtu’ del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, la parte trascriva integralmente il testo del documento o della prova non esaminati, in modo da consentire alla Corte di verificarne la decisivita’.
La questione relativa al mancato esame dell’acquisto per usucapione decennale, non risultando trattata dalla sentenza impugnata, e’ nuova e, come tale, e’ inammissibile in sede di legittimita’, involgendo specifici accertamenti di fatto: eventualmente il ricorrente avrebbe dovuto denunciare l’omesso esame, dimostrando di averla tempestivamente e ritualmente proposta nel giudizio di merito. Il ricorso va rigettato.
Non va adottata alcuna statuizione in ordine alla regolamentazione delle spese relative alla presente fase, non avendo l’intimata svolto attivita’ difensiva.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2010