Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.942 del 20/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonio – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. MALZONE Ennio – rel. Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14488-2005 proposto da:

M.F., G.L., MO.GI., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo STUDIO PANARITI, rappresentati e difesi dall’avvocato BEATRICE ANGELO RAFFAELE;

– ricorrenti –

contro

PROVINCIA PESARO URBINO, in persona del Presidente pro tempore Sen. U.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PACUVIO 34, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI GUIDO, rappresentato e difeso dall’avvocato VALENTINI ALDO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 155/2005 del TRIBUNALE di PESARO, depositata il 04/03/2005;

udita, la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/12/2009 dal Consigliere Dott. ENNIO MALZONE;

udito l’Avvocato BONACCIO Giovanni, con delega depositata in udienza dell’Avvocato VALENTINI Aldo, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

FATTO E DIRITTO

Con ricorso depositato il 19.9.2002 M.F., G. L. e Mo.Gi. proponevano opposizione avverso le ordinanze ingiunzioni nn. 48C/01, 50C/01, 51/C, notificate il 5.7.02, di pagamento della somma di Euro 827,50 ciascuno, a titolo di sanzione amministrativa, per violazione della L. n. 157 del 1992, art. 18, comma 7 e art. 31, lett. g), dell’art. 30, comma 4 stessa Legge, della L.R. n. 7 del 1995, art. 39, uu) e lett. f), art. 40, comma 3, lett. b, art. 39, lett. uuu e lett. f, art. 40, comma 3 e lett. b) perchè sorpresi ad esercitare la caccia fuori dell’orario consentito (L. n. 157 del 1992, art. 18, comma 7);per avere violato il divieto di sparo a distanza inferiore di mt 150 da strade carrozzabili (L.R. n. 7 del 1995, art. 39, lett. f); e per avere violato il divieto di utilizzo di fonti luminose per la ricerca della fauna (L.R. n. 7 del 1995, art. 39, lett. uu).

I ricorrenti lamentavano la violazione del termine di trenta giorni per la definizione del procedimento amministrativo previsto dalla L. n. 241 del 1990, art. 2; la mancanza di prova dei fatti in relazione al divieto di utilizzare fonti luminose per la ricerca della fauna e di sparare a meno di mt. 150 dalle strade carrozzabili; infine, la mancanza di motivazione delle ordinanze-ingiunzioni.

Il Tribunale di Pesaro con sentenza n. 155/05, depositata il 10.3.05, notificata in data 16.3.05, ha rigettato il ricorso e condannato i ricorrenti alle spese di lite.

Per la cassazione della decisione ricorrono gli opponenti esponendo tre motivi:

1) insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa la valutazione dei fatti di causa;

2) violazione o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 23 e art. 116 c.p.c.;

3) violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 23 circa la condanna alle spese di lite.

Resiste con controricorso la Provincia di Pesaro-Urbino.

I primi due motivi sono infondati, attenendo i medesimi nelle rispettive articolazioni all’apprezzamento di fatti e prove non deducibile in sede di legittimità: Ben vero, a norma dell’art. 360 c.p.c. il giudice di legittimità non ha il potere di esaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare,sotto il profilo logico-formale, la correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, nel senso che può ritenere sussistente il vizio di omessa o insufficiente motivazione solo quando nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile una obbiettiva deficienza del criterio logico che ha condotto alla formazione del proprio convincimento ovvero quello di contraddittorietà della motivazione in ipotesi che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in maniera da non consentire l’individuazione della ratio decidendi posta a base della decisione.

Nessuna di dette ipotesi è riscontabile nella motivazione della sentenza impugnatale si sottrae ad entrambe le suddette censure:

Vero è che i fatti addebitati non sono caduti sotto la percezione diretta dei verbalizzanti, ma sussistono circostanze di fatto certe, precise e concordanti che, in assenza di prova contraria, non consentivano una valutazione diversa da quella proprie del giudice di merito:

Ed invero, i verbalizzanti dal loro punto di avvistamento ebbero modo di scorgere e seguire l’unica autovettura che, a quell’ora, ad andatura lenta,transitava in quella strada la seguirono e la videro fermarsi in località *****; pochi attimi dopo gli agenti udirono due colpi di arma da fuoco provenienti dal punto ove l’auto si era fermatala raggiunsero e la rinvennero con i fari abbaglianti accessi sulla stretta destra della strada; nell’auto rinvennero i tre opponenti e un fucile da caccia la cui canna all’esame della guardie venatorie e dei carabinieri, sopragiunti su richiesta dei verbalizzanti, emanava ancora l’odore acre da sparo.

Fondato è, invece, il terzo motivo di ricorso attinente alla condanna degli opponenti alle spese di lite in favore della predetta Provincia, avendo il primo giudice omesso di considerare che la convenuta Amministrazione stava in giudizio tramite un funzionario dell’ufficio legale dello stesso ente, senza il ministero di un avvocato specificamente incaricato della sua difesa, ragione per la quale avrebbe potuto ottenere il rimborso delle sole spese vive, ma non anche dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato (Cass. 15.12.1983 n. 7409; Cass. 12.09.2002 n. 13294).

Ne consegue che in accoglimento del terzo motivo di ricorso,rigettati gli altri, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, non essendo necessarie ulteriori indagini, va eliminata la relativa decisione sulle spese di primo grado, mentre quelle del presente giudizio, in considerazione della decisione adottata, possono ritenersi compensate fra le parti.

P.Q.M.

accoglie il terzo motivo di ricorso Rigettati gli altri;cassa la sentenza impugnata e, decidendo sulle spese liquidate nella sentenza impugnata, elimina la decisione; compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2010

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