Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.948 del 20/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 889-2005 proposto da:

P.A.P., P.A., P.

N., quali eredi legittimi di T.C., domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ROTOLO VINCENZO, giusta mandato a margine ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO ALESSANDRO, NICOLA VALENTE, BIONDI GIOVANNA, giusta mandato in calce al ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2549/2003 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 09/12/2003 R.G.N. 521/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/12/2009 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza definitiva del 16/5/2002, il Tribunale di Bari, giudice del lavoro, dichiarava, con compensazione delle spese, la prescrizione del diritto alla cristallizzazione della pensione di reversibilità n. *****, cat. *****, avente decorrenza dal luglio 1953, azionato, mediante ricorso depositato il 12/2/1998, da P.A.P., P.A. e P. N., quali eredi della titolare del trattamento, T. C. (deceduta il *****), a seguito di istanza amministrativa inoltrata senza esito da quest’ultima in data 28/3/1986.

Riteneva il primo giudice che, in mancanza di atti interruttivi intermedi, era maturata la prescrizione decennale fra la data di decorrenza della pensione da riliquidare e quella di promuovimento dell’azione.

2. Avverso tale pronuncia, con ricorso depositato il 14/3/2003, proponevano appello gli eredi P., dolendosi dell’erroneità della sentenza: a) sotto il profilo della imprescrittibilità del diritto; b) sostenendo il decorso di meno di dieci anni tra la data del provvedimento reiettivo dell’INPS (5/8/1988) e l’avvio della controversia; c) in subordine, la prescrizione esclusivamente dei ratei ultradecennali.

Ripristinato il contraddittorio, l’ente appellato i documenti prodotti dagli impugnanti, fascicolo del giudizio di primo grado, odierna, la discussione precedeva la in aula del dispositivo.

Con sentenza del 20 novembre – 9 dicembre 2003 la Corte d’appello di Bari rigettava l’impugnazione confermando la sentenza di primo grado, ma ritenendo maturata la decadenza (per il decorso del termine decennale) piuttosto che la prescrizione.

3. Avvero questa pronuncia propongono ricorso per cassazione gli originari ricorrenti.

L’INPS ha depositato procura.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il ricorso, articolato in due motivi, il ricorrente si duole della violazione dell’art. 112 c.p.c. deducendo che oggetto della domanda non era il diritto alla cristallizzazione della pensione di reversibilità, ma il petitum concerneva la riliquidazione delle pensioni ***** cat. ***** e ***** applicando i principi di cui alla L. n. 638 del 1983, art. 6, comma 3, nonchè della L. n. 140 del 1985, art. 4.

Inoltre il ricorrente lamenta la violazione del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 per non essere decorso il termine decennale della decadenza giacchè il dies a quo di tale termine decorre non già dalla data di presentazione dell’istanza in sede amministrativa, ma dal provvedimento di rigetto dell’INPS che era del 5 agosto 1988.

2. Il ricorso – i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente – è fondato.

La questione affrontata dalla Corte d’appello era se fosse applicabile il termine di decadenza D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, ex art. 47 (all’epoca decennale) e se questo decorresse dall’istanza amministrativa, tenendo conto degli ulteriori termini per la definizione del procedimento amministrativo, ovvero dal provvedimento sfavorevole dell’INPS adottato dopo lo spirare della sommatorie dei termini per la definizione del procedimento amministrativo.

In proposito sono intervenute, a comporre un contrasto di giurisprudenza, le Sezioni Unite di questa Corte con due pronunce.

La prima (Cass., sez. un., 29 maggio 2009, n. 12718) ha affermato il seguente principio di diritto: “In tema di decadenza dall’azione giudiziaria per il conseguimento di prestazioni previdenziali, il D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 (nel testo modificato dal D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4, convertito, con modificazioni, nella L. 14 novembre 1992, n. 438) dopo avere enunciato due diverse decorrenze delle decadenze riguardanti dette prestazioni (dalla data della comunicazione della decisione del ricorso amministrativo o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della detta decisione), individua infine – nella “scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo” – la soglia di trecento giorni (risultante dalla somma del termine presuntivo di centoventi giorni dalla data di presentazione della richiesta di prestazione di cui alla L. 11 agosto 1973, n. 533, art. 7 e di centottanta giorni, previsto dalla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 46, commi 5 e 6), oltre la quale la presentazione di un ricorso tardivo – pur restando rilevante ai fini della procedibilità dell’azione giudiziaria – non consente lo spostamento in avanti del “dies a quo” per l’inizio del computo del termine decadenziale (di tre anni o di un anno). Ne consegue che, al fine di impedirne qualsiasi sforamento in ragione della natura pubblica della decadenza regolata dall’anzidetto art. 47, il termine decorre, oltre che nel caso di mancanza di un provvedimento esplicito sulla domanda dell’assicurato, anche in quello di omissione delle indicazioni di cui al comma quinto del medesimo art. 47.

La seconda pronuncia (Cass., sez. un., 29 maggio 2009, n. 12720) ha affermato il seguente ulteriore principio di diritto: “La decadenza di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 – come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito, con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991, n. 166 – non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sè considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale.

Nella specie si trattava di riliquidazione di pensione e quindi, in ragione dei principi affermati dalle Sezioni Unite, cit., non trovava affatto applicazione il termine decadenziale di cui all’art. 47 cit..

3. Il ricorso va pertanto accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’appello di Lecce anche per le spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese alla Corte d’appello di Lecce.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2010

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