LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE LUCA Michele – Presidente –
Dott. MONACI Stefano – Consigliere –
Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –
Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –
Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 19292-2006 proposto da:
L’ESSERE – Società Cooperativa Sociale a.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAVASTANO 20, presso lo studio dell’avvocato DE STEFANO MAURIZIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COLLIDA’ GIAN FRANCO, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della Società di Cartolarizzazione dei crediti INPS, S.C.C.I.
S.p.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati CORETTI ANTONIETTA, CALIULO LUIGI, CORRERA FABRIZIO, giusta delega in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 144/2006 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 02/03/2006 R.G.N. 1969/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/12/2009 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;
udito l’Avvocato DE STEFANO MAURIZIO;
udito l’Avvocato SGROI ANTONINO per delega CORETTI ANTONIETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 31.1 – 2.3.2006, respinse il gravame proposto dalla L’Essere – Società Cooperativa Sociale a rl avverso la sentenza del Tribunale di Cuneo che, per quanto qui specificamente rileva, aveva rigettato il ricorso della Società tendente alla declaratoria di illegittimità del verbale ispettivo dell’Inps con il quale era stata contestata, con riferimento al periodo 1 gennaio 1994 – febbraio 1999, la mancata applicazione degli emolumenti di cui al CCNL delle Cooperative Sociali ai fini della determinazione del minimo retributivo ai sensi della L. n. 389 del 1989, art. 1.
A sostegno del decisum la Corte territoriale osservò che:
– l’equiparazione delle società cooperative ai datori di lavoro in tema di obblighi contributivi sancita dal R.D. n. 1422 del 1924, art. 2, comportava l’osservanza dell’obbligo di cui alla L. n. 389 del 1989, art. 1;
– nella fattispecie ricorreva l’ipotesi dell’evasione contributiva L. n. 662 del 1996, ex art. 1, comma 217, lett. b), non essendo l’ammontare dei contributi desumibile dalle denunzia obbligatorie.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale L’Essere – Società Cooperativa Sociale a rl ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi.
L’intimato Inps, in proprio e quale mandatario della SCCI spa, ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, denunciando violazione della L. n. 389 del 1989, art. 1, la ricorrente deduce che tale norma sarebbe applicabile solo alle retribuzioni percepite dai lavoratori dipendenti e non anche ai compensi spettanti ai soci delle società cooperative, posto che questi ultimi non sono dipendenti delle cooperative e che la loro prestazione rappresenta il conferimento necessario per il perseguimento degli scopi sociali; osserva inoltre che soltanto con il D.Lgs. n. 314 del 1997 è stata estesa ai soci lavoratori l’applicazione della L. n. 389 del 1989.
Con il secondo motivo, denunciando violazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 217, lett. b), la ricorrente deduce che nella fattispecie non si è in presenza di registrazioni omesse o non conformi al vero, dato che tutti i soci lavoratori risultavano registrati, cosicchè l’irregolarità commessa sarebbe riconducibile ad un mero errore di interpretazione de contratto.
2. L’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, ha stabilito che, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto.
A mente del D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2, tale disposizione si applica ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto stesso e, perciò, a decorrere dal 2 marzo 2006, essendo stato il ridetto D.Lgs. n. 40 del 2006 pubblicato sul supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale del 15 febbraio 2006.
La sentenza impugnata è stata pubblicata appunto il 2 marzo 2006 e, pertanto, i motivi di ricorso, riconducibili al vizio di violazione di legge (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), si sarebbero dovuti concludere con la formulazione dei rispettivi quesiti di diritto.
Ciò non essendo avvenuto, entrambi i motivi sono inammissibili.
3. In forza delle considerazioni che precedono il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 10,00, oltre ad Euro 3.000,00 (tremila) per onorari ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2010