LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –
Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –
Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
POSTE ITALIANE S.p.A., in persona dell’Avv. S.A., Responsabile della Direzione Affari Legali, delegato in virtu’ dei poteri conferiti giusta procura per atto notaio Ambrosone di Roma del 15.06.2005 rep. n. 36583, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Europa n. 175), rappresentata e difesa dall’Avv. URSINO Maria Rosaria come da procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
V.S., elettivamente domiciliato in Roma, Viale delle Medaglie d’Oro n. 157, presso lo studio dell’Avv. CIPRIANI Romolo Giuseppe, rappresentato e difeso dall’Avv. BIA Raffaele del foro di Bari per procura per procura in calce al ricorso;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 763/06 della Corte di Appello di Bari del 13.03.2006/30.03.2006 nella causa n. 5257 R.G. 2004;
Udita la relazione svolta nella Udienza pubblica del 15.12.2009 dal Consigliere Dott. DE RENZIS Alessandro;
udito l’Avv. Romolo Giuseppe Cipriani, per delega dell’Avv. Raffaele Bia, per il controricorrente;
sentito il P.M., nella persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Matera Marcello, che ha concluso per il, rigetto del ricorso.
FATTO E DIRITTO
1. Con sentenza del 15.12.2003 – 19.12.2003 il Tribunale di Bari accoglieva la domanda proposta da V.S. nei confronti delle Poste Italiane S.p.A., con condanna della convenuta al pagamento di quanto richiesto per lavoro straordinario dal 1.01.1995.
Tale decisione, impugnata dalle Poste Italiane, e’ stata confermata dalla Corte di Appello di Bari con sentenza n. 763 del 2006, depositata il 30 marzo 2006.
Le Poste Italiane ricorrono per Cassazione con tre motivi.
Il V. resiste con controricorso.
2. Il ricorso, proposto per impugnare la sentenza pubblicata dopo il 2 marzo 2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 incorre nella violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto con l’art. 6 dell’anzidetto decreto legislativo. Tale norma impone, per i casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3 e 4 c.p.c., l’illustrazione di ciascun motivo con la formulazione, a pena di inammissibilita’, di un quesito di diritto, mentre in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione del motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
Nel caso di specie il ricorso non presenta formulazione di un appropriato ed adeguato quesito di diritto, tale da consentire di individuare lo specifico contenuto dell’impugnazione e il profilo logico – giuridico risolutivo della questione introdotta, ne’ censura in modo specifico e chiaro il ragionamento attraverso il quale il giudice del gravame e’ giunto alla dichiarazione di rigetto dello stesso ricorso.
Al riguardo si richiama indirizzo di questa Corte (in particolare Sezioni Unite sentenza n. 7258 del 26 marzo 2007, seguita da successiva giurisprudenza), secondo cui l’art. 366 bis c.p.c. non puo’ essere interpretato nel senso che il quesito del diritto (e simmetricamente la formulazione del fatto controverso nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5) possa desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo del ricorso, perche’ tale interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma, che, come gia’ evidenziato, ha introdotto, a pena di inammissibilita’, il rispetto di un requisito formale, da formularsi in maniera esplicita.
2. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con attribuzione a favore dell’antistatario Avv. Bia Raffaele.
P.Q.M.
LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 18,00 oltre Euro 1.500,00 per onorari ed oltre Iva, CPA e spese generali, con attribuzione a favore dell’Avv. Bia Raffalele.
Cosi’ deciso in Roma, il 15 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2010