Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Sentenza n.970 del 21/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Primo Presidente f.f. –

Dott. PREDEN Roberto – Presidente di sezione –

Dott. VIDIRI Guido – Consigliere –

Dott. ODDO Massimo – Consigliere –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.A. (*****), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 62, presso lo studio dell’avvocato ARICO’

GIOVANNI, rappresentato e difeso dall’avvocato STAIANO SALVATORE, per procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 55/2009 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, depositata l’08/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 15/12/2009 dal Consigliere Dott. FELICETTI Francesco;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, con ordinanza depositata il 4 febbraio 2009, disponeva, tra l’altro, il trasferimento cautelare del dott. G.A., magistrato in servizio presso la Procura generale di ***** quale sostituto procuratore generale, per avere reagito unitamente ad altri magistrati della Procura presso il tribunale e della Procura Generale di Catanzaro sottoposti ad indagine da parte della Procura della Repubblica di Salerno – al sequestro di atti giudiziari disposto da magistrati di quest’ultima Procura, con un provvedimento di sequestro avente ad oggetto i medesimi atti, senza valutare l’esistenza di obbiettive ragioni che avrebbero imposto di astenersi dall’adottare tale provvedimento, risultando essi indagati e danneggiati dai reati contestati ai magistrati campani, reati per di piu’, almeno in parte, estranei alla propria competenza territoriale.

Il dott. G., in data 18 marzo 2009 depositava istanza di revoca della misura cautelare, deducendo che a fondamento di essa erano stati posti alcuni elementi (“ha ricoperto, sia pure per un breve periodo le funzioni di Procuratore Generale f.f.; e’ stato per un certo periodo l’unico magistrato a svolgere le indagini *****;

e’ dai primi di agosto 2008 il coordinatore del pool delegato alla trattazione delle stesse; e’ stato particolarmente attivo nei rapporti con la procura di Salerno, prima durante e dopo le operazioni di sequestro”) che non sussistevano in fatto o, che se sussistenti, non potevano giustificare la misura – non adottata nei confronti di altri incolpati – adottata in quanto sulla base di detti elementi era stata compiuta una valutazione di maggiore gravita’ e di determinante contributo causale. Deduceva, offrendo prova documentale della insussistenza dei su detti elementi, che trattavasi di fatti storicamente antecedenti alla decisione della quale chiedeva la revoca, ma logicamente nuovi e successivi. La Sezione Disciplinare, con ordinanza depositata il giorno 8 maggio 2009 e notificata il 18 maggio 2009 ha rigettato l’istanza, sulla base della mancata prospettazione di fatti nuovi tali da far venir meno le esigenze cautelari e della irrilevanza delle “dedotte imprecisioni riportate nell’ordinanza cautelare”.

Avverso tale decisione il dott. G., con atto depositato il 27 maggio 2009, ha proposto ricorso a questa Corte, formulando due motivi.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) la manifesta illogicita’ della motivazione.

Al motivo si premette che la Sezione disciplinare aveva disposto il trasferimento cautelare del ricorrente dalla sede e dalla funzione requirente, ritenendo a tal fine decisivo che egli avesse ricoperto, sia pure per un breve periodo, le funzioni di Procuratore Generale f.f., che egli fosse stato per un certo periodo l’unico magistrato a svolgere le indagini “*****”, che fosse stato dai primi di agosto 2008 il coordinatore di “pool” delegato alla trattazione delle stesse e fosse stato particolarmente attivo nei rapporti con la procura di *****, prima durante e dopo le operazioni di sequestro.

Con il motivo si deduce quindi che l’ordinanza impugnata sarebbe viziata nella motivazione, per avere, contraddittoriamente, negato rilevanza alla insussistenza di tali fatti, indicati nel provvedimento irrogativo della misura cautelare, perche’ “non hanno avuto di per se’ un ruolo determinante nell’adozione della misura cautelare”, negando la loro decisivita’, posta invece a fondamento dell’ordinanza irrogativi della misura.

Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), il vizio di omessa motivazione. Si deduce che l’ordinanza impugnata sarebbe priva di motivazione in ordine alla particolare gravita’ della condotta che ha determinato l’irrogazione della misura cautelare. Infatti essa, una volta negato che gli elementi indicati nell’ordinanza irrogativa come probanti della particolare gravita’ del comportamento – decisiva per l’irrogazione della misura cautelare – fossero rilevanti, avendo ritenuto irrilevanti i denunciati errori di fatto su di essi, sarebbe viziata da manifesta omessa motivazione, non spiegando in che cosa consistesse la gravita’ della condotta dell’incolpato, assoggettato alla misura – a differenza dei colleghi D.L. e C. – proprio in conseguenza di essa. Tale omissione sarebbe particolarmente grave, incidendo sulla tutela costituzionale stabilita dall’art. 107 Cost., a norma del quale la destinazione del magistrato ad altra sede o ad altre funzioni puo’ avvenire solo per i motivi stabiliti dall’Ordinamento giudiziario, i quali vanno indicati nel provvedimento.

I motivi vanno esaminati congiuntamente e rigettati.

Essi, infatti, muovono dall’erroneo presupposto che l’ordinanza impugnata abbia riconosciuto l’insussistenza degli elementi, indicati nel ricorso, posti a base dell’ordinanza irrogativa della misura cautelare, mentre l’ordinanza impugnata, dopo avere confermato ogni altra valutazione circa la gravita’ del comportamento che appariva imputabile al ricorrente e aveva comportato il trasferimento cautelare, non contiene affatto detto riconoscimento, risultando la sua motivazione fondata sull’affermazione che al riguardo si erano verificate, sostanzialmente, solo delle imprecisioni, fermo rimanendo che il ricorrente era stato l’unico magistrato della Procura Generale a svolgere le indagini “*****”, era stato dal ***** il coordinatore del “pool” delegato alla trattazione delle stesse ed era stato l’unico magistrato della Procura generale attivo nei rapporti con la Procura di *****, prima dopo e durante le operazioni di perquisizione e sequestro. L’ordinanza impugnata, compiuti tali accertamenti in fatto, contiene al riguardo una valutazione di merito, priva di vizi logici e come tale incensurabile in questa sede, confermativa, come si e’ detto, della gravita’ del comportamento posto a base del provvedimento cautelare.

Provvedimento cautelare riguardo al quale questa Corte, inoltre, con sentenza 3 luglio 2009, n. 15976, ha respinto il ricorso proposto, confermandone la legittimita’ in relazione alla gravita’ del comportamento ritenuto imputabile all’odierno ricorrente e ritenendo irrilevante l’allegata disparita’ di trattamento rispetto ai dottori D.L. e C. in quanto tale allegazione avrebbe, se mai, potuto giustificare l’estensione della misura anche ad essi, ma non ad escluderne l’applicazione al ricorrente.

Ne consegue il rigetto del ricorso. Nulla va statuito sulle spese.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 15 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010

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