Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.976 del 21/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CATONE 16, presso lo studio dell’avvocato BARATTELLI STEFANO, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ASSOCIAZIONE SPORTIVA LODIGIANI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore dott. C.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BISSOLATI N. 76, presso lo studio dell’avvocato QUATTROCCHI PAOLO, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 24389/2004 del TRIBUNALE di ROMA, Sezione Dodicesima, emessa il 19/07/2004, depositata il 01/09/2004; R.G.N. 35286/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 16/10/2009 dal Consigliere Dott. CHIARINI Maria Margherita;

udito l’Avvocato Iolanda BOCCIA per delega Avv. Quattrocchi Paolo;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per inammissibilità o rigetto con condanna alle spese.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del primo settembre 2004 il Tribunale di Roma ha respinto l’appello di S.L. nei confronti della s.r.l.

Associazione Sportiva Lodigiani confermando la sentenza di rigetto della domanda risarcitoria della S. sulle seguenti considerazioni:

1) l’art. 11 del codice di giustizia sportiva stabilisce che le società rispondono per i fatti violenti commessi in occasione della gara da uno o più dei propri sostenitori se dal fatto derivi comunque un pericolo per l’incolumità pubblica o un danno grave all’incolumità fisica di una o più persone, e per fatti commessi all’esterno dell’impianto sportivo, laddove risulti violato il divieto di cui all’art. 10, comma 1, che fa divieto alle società di (contribuire con interventi finanziari o con altre utilità alla costituzione ed al mantenimento di gruppi organizzati o non di propri sostenitori;

2) nella specie la S. ha agito per il risarcimento del danno subito dalla propria auto al di fuori dell’impianto sportivo senza prova della violazione del predetto divieto;

3) la S. doveva esser condannata al rimborso delle spese di appello.

Ricorre per Cassazione S.L. cui resiste l’associazione Sportiva Cisco Roma s.r.l., subentrata alla associazione Lodigiani.

La resistente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- La S., dopo aver riassunto i fatti del processo, reitera le doglianze espresse in appello – che richiama – ed aggiunge la censura alla condanna alle spese processuali pur in mancanza di responsabilità, avendo avuto il Giudice di Pace fretta di concludere il giudizio senza consentire all’attrice di provare la fondatezza della domanda, in tal modo aggiungendo al danno alla propria auto cagionato da teppisti travestiti da tifosi, l’ulteriore danno delle spese del processo. Chiede pertanto l’ammissione delle prove richieste in citazione e di dichiarare la parte convenuta obbligata al risarcimento dei danni – Euro 1.025,15, oltre agli interessi dalla costituzione in mora – ai sensi dell’art. 2, comma 9 ed art. 11 della giustizia sportiva, con vittoria di spese o compensazione delle spese per tutti i gradi.

1.1. – Le censure di merito con cui la ricorrente riassume le doglianze avverso la sentenza di primo grado sono inammissibili perchè con il ricorso per Cassazione avverso la sentenza resa in grado di appello, la parte soccombente può denunciare esclusivamente i vizi della sentenza di secondo grado, atteso che questa assorbe e sostituisce la sentenza di primo grado, anche se confermativa di essa.

1.2. – Per le medesime ragioni è inammissibile la censura con cui il giudice di pace l’ha condannata alle spese, mentre per la condanna alle spese di secondo grado va ribadito che la soccombenza, costituendo un’applicazione del principio di causalità, non ha natura sanzionatoria. Essa non avviene a titolo di risarcimento dei danni (il comportamento del soccombente non è assolutamente illecito, in quanto è esercizio di un diritto), ma è conseguenza obiettiva della soccombenza e risponde all’esigenza di ristorare la parte vittoriosa dagli oneri inerenti al dispendio di attività processuale cui è stata costretta dall’iniziativa dell’avversario, ovvero del soggetto che abbia causato la lite.

2.- Pertanto il ricorso va respinto e la ricorrente va condannata a pagare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di cassazione pari ad Euro 700,00, di cui Euro 200,00, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010

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