LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
C.A., elettivamente domiciliata in Roma, Via Duilio n. 13, presso lo studio dell’avv. Gabriele Letizia, rappresentata e difesa dagli avv.ti DE FRANCISCIS Carmela e Ottavio Parinone;
– ricorrente –
contro
AMMINISTRAZIONE DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del ministro pro tempore e AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore;
– intimata –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sez. 34^, n. 125, depositata il 6.6.2007.
Letta la relazione scritta redatta dal Consigliere relatore Dott. Aurelio Cappabianca;
udito, per la ricorrente, l’avv. Ottavio Pannone;
udito, per il P.M., il Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso, in adesione alla relazione, per il rigetto del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Premesso:
– che la contribuente, ispettore del Ministereo del Lavoro e della Previdenza sociale, propone ricorso per cassazione, in tre motivi (illustrati anche con memoria), avverso la decisione indicata in epigrafe, con la quale, in sede di giudizio di rinvio, è stata ritenuta infondata la sua pretesa al rimborso delle ritenute di acconto operate sulle indennità di trasferta percepite;
– che l’Agenzia non si è costituita;
rilevato:
– che, nel suo nucleo essenziale la decisione impugnata risulta così motivata: “nel merito si osserva che dal prospetto delle ritenute operate, rilasciato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Provinciale di Caserta, allegato sia al ricorso introduttivo che all’atto di appello della C., non si evince quali siano le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale e quali nell’ambito del medesimo. La richiesta della C., di rimborso della ritenuta di L. 6.519.849, effettuata, sulle diarie intere corrisposte, non può pertanto essere accolta, mancando la prova che le dette diarie siano corrispondenti, in tutto o in parte, al lavoro espletato fuori sede”;
osservato:
– che, tale essendo la motivazione della decisione impugnata, con il primo motivo di ricorso la contribuente deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa ed insufficiente motivazione”, sul presupposto che la motivazione della sentenza impugnata non consentirebbe di cogliere la ratio decidendi;
considerato:
– che il mezzo è manifestamente infondato, posto che la riportata motivazione della sentenza impugnata esprime, all’evidenza, una chiara ratio decidendi;
osservato:
– che, con il secondo motivo di ricorso, la contribuente, sul presupposto della produzione in sede di giudizio di rinvio di nuova documentazione, deduce “nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione all’art. 2637 c.c., per omessa motivazione circa, un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, e formula il seguente quesito: “nell’ipotesi in cui il Giudice debba stabilire la spettanza del rimborso richiesto da parte ricorrente delle ritenute d’acconto operate, e la statuizione debba stabilirsi in base alla circostanza che il rimborso erompete per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale e detta circostanza emerga da certificazione rilasciata dalla Direzione Provinciale del Lavoro competente per territorio, ove il Giudice dia atto della rituale esibizione della suddetta certificazione e asserisca che non si evince dalla certificazione qual siano le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale e quali nell’ambito del medesimo sicchè la soluzione data, alla controversia sia sfavorevole alla contribuente in quanto tra la documentazione in questione comprovante la circostanza da cui dipende l’esito favorevole della lite e la soluzione data dalla controversia nella sentenza impugnata c’è un rapporto di causalità logico giuridica tale da far ritenere che l’esame di quanto emergente dalla certificazione avrebbe comportato un diverso esito della controversia, sussiste la censura di omesso esame di documenti e detta censura è idonea a configurare il vizio di motivazione della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5?”;
che con il terzo motivo di ricorso, la contribuente deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 2700 cod. civ., e degli artt. 13 e 115 c.p.c. e art. 163 c.p.c., n. 5, nonchè art. 96 cod. proc civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3” e formula il seguente quesito: “nell’ipotesi in cui la spettanza, del rimborso di ritenuta d’acconto esattamente quantificate nel loro ammontare dipenda dal loro riferimento ad ispezioni effettuate fuori dal territorio comunale sede di servizio e detta circostanza sia certificata con atto pubblico dalla Direzione Provinciale del Lavoro competente per territorio e per converso la sentenza che definisce il giudizio di merito – pur riconoscendo la presenza nel fascicolo processuale dell’atto pubblico certificativo – lo valuti negandone il contenuto e cioè asserendo che manca la prova che le diarie siano corrispondenti al lavoro espletato fuori della sede di servizio, disponendo anche la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, sussiste la illegittimità della sentenza impugnata per violazione o falsa, applicazione di norme di diritto e specificamente dell’art. 2700 c.c., oltre che degli artt. 113 e 115 c.p.c. e art. 163 c.p.c., n. 5 e dell’art 96 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, essendo preclusa al Giudice la libera valutazione dell’atto pubblico e non avendo il Giudice valutato le prove documentali acquisite agli atti del processo?”;
considerato:
– che i motivi, che, in quanto connessi, possono essere congiuntamente esaminati, vanno disattesi;
– che, in proposito, deve infatti, in primo luogo, rilevarsi che nel giudizio di rinvio non è ammessa la produzione di nuovi documenti, poichè, per il carattere “chiuso” del relativo procedimento, la controversia deve essere riproposta nello stato di istruzione nel quale fu pronunciata la sentenza cassata (cfr. Cass. 12479/04, 12276/00);
– che conseguentemente, con il secondo motivo di ricorso (cha appare, peraltro, configurare denunzia di vizio più propriamente revocatorio), la contribuente si duole della mancato esame da parte del giudice a quo di documento che, in quanto inammissibilmente allegato, non poteva aver ingresso nel giudizio;
che deve, comunque, rilevarsi che la contribuente, ancorchè prospettando violazioni di legge e vizi di motivazione, richiede sostanzialmente a questa Corte, come reso anche palese dai quesiti formulati, un inammissibile diverso apprezzamento delle risultanze processuali, rispetto a quello legittimamente effettuato dai giudici del merito, giacchè tende, in realtà, a rimettere in discussione accertamenti in fatto del giudice del merito, che, espressi con motivazione esauriente, ancorate le risultanze processuali e immune da lacune o vizi logici (nemmeno evocati), si sottraggono al sindacato di legittimità;
– che, nell’ambito di tale sindacato, non è, infatti, conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione: cfr. Cass. 22901/05, 15693/04, 11936/03);
ritenuto:
– che il ricorso della contribuente va, pertanto, respinto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;
– che, stante l’assenza d’attività difensiva delle intimate, non vi è luogo a provvedere sulle spese.
P.Q.M.
la Corte: respinge il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010