LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –
Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –
Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –
Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –
Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA R. R.
PEREIRA 78, presso lo studio dell’avvocato LO RETO ANTONIO, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
BANCA NAPOLI SPA, C.A., B.P.V., G.M.T., CA.AN., N.F., PSDI, C.F.;
– intimati –
e sul ricorso n. 19369/2006 proposto da:
G.M.T. (DETTA G.), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL CORSO 160, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRINI RAFFAELLO, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
SANPAOLO IMI SPA, (incorporante del Banco di Napoli S.p.A.), in persona elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 10, presso lo studio dell’avvocato GHIA LUCIO, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
CA.AN., N.F., C.F., C.
G., B.P.V., C.A., PSDI;
– intimati –
e sul ricorso n. 19544/2006 proposto da:
C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NIZZA 59, presso lo studio dell’avvocato DI AMATO ASTOLFO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato BATTAGLIA EMILIO giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
SAN PAOLO IMI SPA, (incorporante del Banco di Napoli S.P.a.) in persona dell’Avvocato F.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 10, presso lo studio dell’avvocato GHIA LUCIO, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
CA.AN., N.F., C.G., PSDI, G.M.T., B.P.V., C.A.;
– intimati –
e sul ricorso n. 22954/2006 proposto da:
SANPAOLO IMI SPA, (incorporante del Banco di Napoli S.p.A.) in persona dell’Avvocato F.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 10, presso lo studio dell’avvocato GHIA LUCIO, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– ricorrente –
contro
C.G., CA.AN., N.F., G.
M.T., C.F., B.P.V., C.
A., PSDI;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1960/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 05/05/2005; R.G.N. 6900/02;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 28/10/2009 dal Consigliere Dott. LANZILLO Raffaella;
udito l’Avvocato ANTONIO LO RETO;
udito l’Avvocato DANIELA CIARDO (per delega Avv. Lucio GHIA);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che ha concluso l’accoglimento del 3 motivo del ricorso principale o rimessione SS UU o Corte costituzionale e accoglimento del ricorso G.M.T., rigetto nel resto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 15.7.1996 il Banco di Napoli ha convenuto davanti al Tribunale di Roma il Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI), N.F., C.G., Ca.An., B.P.V., C.F., G.M.T. e C.A., chiedendone la condanna in via solidale al pagamento di L. 4.014.176.480, oltre agli interessi convenzionali ed alla rivalutazione monetaria a decorrere dal 1.1.1994, in restituzione di accrediti effettuati in favore del partito, su richiesta delle persone evocate in giudizio.
Esponeva di avere effettuato un primo prestito di L. 1.500.000.000 nel febbraio 1987, su richiesta di N. e C.G., ed altro di L. 300 milioni nell’ottobre successivo, su richiesta del C..
Successivamente, con atto 28.11.1989 sottoscritto da C.A., B.P., Ca. e C.F., a seguito di altre operazioni, il partito si era riconosciuto debitore della somma complessiva di L. 2.059.367.417 e si era impegnato a ripianare l’esposizione dando mandato al Banco di Napoli di prelevare la somma, in rate annuali, dai fondi annualmente erogati al partito per effetto della legge sul finanziamento pubblico.
Nel 1992 l’attore aveva concesso altri finanziamenti per L. 1.900.000.000, L. 300.000.000 e L. 750.000.000, su richiesta di G.M.T..
Tenuto conto delle rimesse ricevute nel corso del rapporto, il suo credito si era consolidato nella somma di cui all’atto di citazione.
Il PSDI e’ rimasto contumace, mentre gli altri convenuti hanno resistito alla domanda, alcuni eccependo la decadenza dell’attore dal diritto alla garanzia, ai sensi dell’art. 1957 c.c.; altri la nullita’ dell’accordo ***** con il Banco di Napoli, per violazione del divieto di cedere i contributi elettorali, di cui alla L. 2 maggio 1974, n. 195, art. 6.
Con sentenza n. 28978/2001 il Tribunale di Roma, in parziale accoglimento della domanda attrice, ha condannato il PSDI, il C. F., la G.M.T. e il C.G., al pagamento dell’intera somma richiesta, mentre ha assolto gli altri convenuti, accogliendo la loro eccezione di decadenza dal diritto alla garanzia.
Su appello di tutti i soccombenti e del Banco di Napoli, la Corte di appello di Roma – con sentenza 5 aprile – 5 maggio 2005 n. 1960 – ha dichiarato improcedibile l’appello della G., per il mancato deposito dell’atto contenente la procura alle liti; ha ridotto la responsabilita’ del C.G. all’importo del primo finanziamento di L. 1.500.000.000, ed ha respinto l’eccezione di nullita’ dell’accordo 28.11.1989, proposta dal C.F., confermando su questo e su ogni altro aspetto la sentenza del Tribunale.
Con atti notificati fra il 16 ed il 19 giugno 2006 propongono separati ricorsi per Cassazione il C.G., per tre motivi; la G.M.T., per quattro motivi e il C.F., per cinque motivi.
Resiste con separati controricorsi il Banco di Napoli, proponendo un motivo di ricorso incidentale nei confronti del C.G..
Le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente disposta la riunione di tutti i ricorsi, principali e incidentale, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..
I.- Ricorso di C.G. (RGN 19247/2006) e ricorso incidentale di IMI S. Paolo (gia’ Banco di Napoli) (RGN 22954/2006).
1.- E’ pregiudiziale l’esame del terzo motivo, con cui il ricorrente chiede che sia dichiarata cessata la materia del contendere, in applicazione della L. 3 giugno 1999, n. 157, art. 6 bis introdotto con D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, conv. in L. 23 febbraio 2006, n. 51, il quale dispone che i creditori dei partiti e dei movimenti politici non possono pretendere direttamente dagli amministratori l’adempimento delle obbligazioni del partito, salvo che questi abbiano agito con dolo o colpa grave; norma espressamente dichiarata applicabile ai giudizi ed ai procedimenti in corso.
2.- Il motivo e’ fondato.
Il D.L. n. 273 del 2005, art. 39 quaterdecies, comma 2, lett. d), cit. ha introdotto nel testo della preesistente L. n. 157 del 1999, concernente il rimborso delle spese elettorali ai partiti politici, l’art. 6 bis, il quale dispone al primo comma che i creditori dei partiti e dei movimenti politici non possono pretendere direttamente dagli amministratori dei medesimi l’adempimento delle obbligazioni del partito o movimento, se non quando questi ultimi abbiano agito con dolo o colpa grave.
Il comma 2 istituisce un fondo di garanzia per fare fronte alle obbligazioni sorte in precedenza, ed il comma 3 dispone che le suddette disposizioni si applicano anche ai giudizi e procedimenti in corso.
Il C.G. rivestiva la carica di amministratore, ed in particolare quella di segretario amministrativo, del PSDI, alla data in cui ha assunto il debito di cui e’ stato condannato a rispondere, sicche’ l’applicabilita’ delle nuove disposizioni ai processi in corso comporta l’annullamento del capo della sentenza impugnata che ne ha sancito la condanna, con rinvio della causa alla Corte di appello, affinche’ accerti se sussistano o meno i presupposti per l’applicazione delle nuove disposizioni di cui all’art. 6 bis, comma 1 (in particolare, la circostanza che egli non ebbe ad agire con dolo o colpa grave).
In tal senso ha gia’ deciso questa Corte, con sentenza 14 maggio – 23 giugno 2009 n. 14612, emessa nella controversia promossa contro il ricorrente ed altri dalla s.p.a. Monte dei Paschi di Siena, anch’essa creditrice del partito e partecipante (con numerose altre banche) all’accordo del *****.
La resistente IMI S. Paolo assume che le nuove disposizioni si applicherebbero solo ai creditori dei partiti “di cui alla presente legge”, cioe’ solo a quelli futuri; quanto ai rapporti pregressi, i creditori potrebbero ancora perseguire gli amministratori e questi ultimi, non i creditori, sarebbero tenuti a rivalersi sul fondo di garanzia.
L’interpretazione non puo’ essere condivisa.
L’applicabilita’ ai soli crediti futuri appare incompatibile con il tenore dell’art. 6 bis, comma 3 secondo cui le nuove disposizioni si applicano ai processi in corso: norma che resterebbe priva di applicazione e di effetti, ove venisse seguita la proposta interpretazione.
Il testo letterale dell’art. 6 bis, comma 1, seconda parte, e’ inequivocabile nel disporre che “I creditori dei partiti e movimenti politici di cui alla presente legge non possono pretendere direttamente dagli amministratori….”, neppure nei processi in corso (comma 3), e rende impraticabile l’interpretazione della resistente, che nella sostanza attribuisce alla norma il significato opposto:
cioe’ quello per cui anche i creditori pregressi possono agire contro gli amministratori, salvo il diritto di questi ultimi di rivalersi sul fondo.
L’interpretazione del ricorrente, del resto, e’ gia’ stata adottata da questa Corte con la citata sentenza n. 14612/2009, che ne ha anche escluso ogni profilo di dubbia costituzionalita’.
3.- Il primo e il secondo motivo del ricorso C.G., ed il ricorso incidentale di IMI San Paolo, che attengono al merito della condanna al pagamento, risultano assorbiti.
2.- Ricorso RGN 19247/2006, proposto da G.M.T..
4.- Con il primo motivo, deducendo violazione degli art. 165, 182, 347 e 348 c.p.c., anche con riferimento all’art. 74 disp. att. c.p.c., la ricorrente censura la sentenza della Corte di appello nella parte in cui ha dichiarato improcedibile il suo atto di appello, per il mancato deposito dell’atto di citazione notificatole in primo grado, in calce al quale essa dichiarava di avere apposto la procura alle liti.
Assume la ricorrente di essersi ritualmente costituita nel giudizio di primo grado all’udienza del 1.12.1997 (dopo essere stata dichiarata contumace), depositando memoria tramite l’avv. Raffaello Alessandrini e riservandosi di depositare il fascicolo con la copia notificata dell’atto di citazione e la procura in calce all’atto medesimo; che la sentenza di primo grado ha dato atto della sua costituzione in giudizio tramite il predetto legale e la procura conferita come sopra; che il fascicolo d’ufficio reca l’annotazione del Cancelliere ai sensi dell’art. 74 c.p.c. della sua costituzione in giudizio; che cio’ dimostra che la procura al difensore era gia’ in atti e non vi era necessita’ di un ulteriore deposito in appello;
che in ogni caso il mancato inserimento della procura nel fascicolo dell’appellante non comporta l’improcedibilita’ dell’appello, ma la concessione di un termine ai sensi dell’art. 182 c.p.c.; che l’improcedibilita’ dell’appello puo’ essere pronunciata per il mancato deposito del fascicolo di secondo grado, giammai per il mancato deposito del fascicolo di primo grado (Cass. n. 4656 del 1998).
4.1.- Il motivo non e’ fondato.
Va premesso che la giurisprudenza citata dalla ricorrente circa la non necessita’ del deposito del fascicolo di primo grado non e’ in termini, in quanto la decisione richiamata i dichiara bensi’ che non e’ necessario il deposito del fascicolo di primo grado, ma vi introduce un’espressa eccezione per il caso in cui l’omesso deposito comporti la mancanza di atti che siano ritenuti necessari a sostegno di domande ed eccezioni della parte (Cass. civ. 8 maggio 1998 n. 4656).
Tale deve indubbiamente considerarsi la procura alle liti.
Va rilevato piuttosto che sia il fascicolo di primo grado, sia l’atto recante in calce la procura conferita dalla G.M.T. al difensore in primo grado, non risultano acquisiti neppure agli atti depositati con il ricorso per Cassazione.
Se e’ pur vero che la sentenza di primo grado ha dato atto della regolare costituzione in giudizio della G., mediante procura in calce alla copia notificata dell’atto di citazione, non risulta in alcun modo, da alcun atto obiettivamente verificabile in questa sede, che la suddetta procura comprendesse l’attribuzione al difensore dei poteri di difesa anche per il giudizio di appello.
La sentenza del Tribunale ha accertato la regolare costituzione della G. per il giudizio di primo grado, ma nulla ha disposto in ordine alla nomina del difensore per il giudizio di appello.
Correttamente, quindi, la Corte di appello ha dichiarato inammissibile l’impugnazione.
Ne’ e’ censurabile la mancata assegnazione di un termine per regolarizzare la costituzione in giudizio, ai sensi dell’art. 182 c.p.c..
L’art. 182 c.p.c., comma 2 dispone che il giudice puo’, non deve, assegnare il termine, ove rilevi un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione; e questa Corte ha precisato che il mancato reperimento della procura alle liti non impone al giudice di concedere termine alla parte per la ricostruzione del proprio fascicolo, se non nel caso in cui la procura sia stata rilasciata per atto notarile; che la presunzione di esistenza e tempestivita’ della procura, derivante dall’accettazione degli atti da parte della cancelleria, e’ da considerarsi superata in virtu’ della mancata apposizione della procura medesima sulla comparsa di costituzione ovvero sulla copia dell’atto di appello, notificata dalla controparte, accompagnata dall’assenza di una procura idonea al conferimento di poteri rappresentativi anche per il giudizio di appello, nell’atto di citazione allegato al fascicolo di primo grado (Cass. civ. 10 dicembre 2008 n. 28942. Cfr. anche Cass. civ. 22 marzo 2006 n. 6327, che ha ritenuto sussistente l’obbligo di concedere termine all’appellante per la regolarizzazione, in un caso in cui era certo che la procura conferita in primo grado conteneva l’espressa estensione dei poteri di difesa al giudizio di appello).
Nella specie manca per l’appunto ogni documentazione relativa al fatto che la procura conferita in primo grado contenesse l’estensione dei poteri di difesa al giudizio di appello.
5.- Gli altri motivi del ricorso risultano assorbiti.
3.- Ricorso RGN 19544/06, proposto da C.F..
6.- Con il primo motivo il ricorrente chiede la cassazione della sentenza impugnata, per effetto delle norme sopravvenute di cui alla L. 3 giugno 1999, n. 157, art. 6 bis cit. in relazione al ricorso C.G. (supra, 1, par. 1), con analoghe argomentazioni.
Ad esse aggiunge che la norma e’ da ritenere applicabile non solo a coloro che fossero formalmente investiti della carica di amministratori del partito, alla data dell’assunzione dell’obbligazione, ma a chiunque abbia agito per il partito.
Ove si ritenga di dover seguire diversa e piu’ restrittiva interpretazione, il ricorrente eccepisce l’illegittimita’ costituzionale della norma, per violazione dell’art. 3 Cost., in quanto la nuova legge ha lo scopo di tutelare la liberta’ politica di tutti coloro che agiscano per il partito, a prescindere dagli incarichi formali.
6.1.- Il motivo non e’ fondato.
Fermo restando, in linea di principio, quanto si e’ detto a proposito dell’applicabilita’ immediata delle nuove disposizioni (supra, 1, par. 1.2), l’esenzione dalla responsabilita’ di cui all’art. 38 c.c., introdotta dall’art. 6 bis, e’ da ritenere applicabile esclusivamente agli amministratori dei partiti e movimenti politici, secondo l’espressa dizione del testo normativo; non a coloro che, come il C.F., abbiano agito per il partito senza rivestire alcuna carica (cfr. Cass. civ., Sez. 1^, 14 maggio – 23 giugno 2009 n. 14612 cit.).
Questa Corte ha gia’ avuto occasione di pronunciarsi in materia, con la citata sentenza n. 14612/2009 della Prima Sezione, la quale ha escluso che la parola “amministratori”, di cui all’art. 6 bis, sia volta ad indicare qualunque soggetto che abbia assunto obbligazioni verso i terzi in nome e per conto del partito; ma che anzi – considerato il carattere eccezionale delle innovazioni, che comportano notevoli limitazioni per i diritti dei creditori, derogando ai principi generali del codice civile – la norma deve essere interpretata in termini restrittivi e riferita solo a coloro che istituzionalmente, in forza dei poteri loro conferiti dall’atto costitutivo o dallo statuto, siano investiti di compiti amministrativi all’interno del partito e come tali agiscano e si presentino all’esterno.
Ed invero, se lo scopo della legge e’ quello di non far gravare sull’operativita’ dei partiti le preoccupazioni di carattere personale che potrebbero condizionare i comportamenti di coloro che per essi agiscano, la limitazione di responsabilita’ si giustifica se riferita soltanto a coloro ai quali faccia stabilmente capo l’amministrazione del partito; mentre non appare necessaria ne’ utile, con riferimento a qualunque associato.
Non sembra infatti opportuno ammettere che qualunque iscritto al partito possa intromettersi nella relativa gestione ed assumere obbligazioni, venendo esonerato dalle conseguenti responsabilita’, per effetto del suddetto regime di favore.
Non a caso la L. 2 maggio 1974, n. 195, art. 5 imponeva ai partiti politici che intendessero beneficiare del finanziamento pubblico l’obbligo di indicare nei loro statuti e regolamenti i soggetti muniti di rappresentanza legale, abilitati alla riscossione, dimostrando cosi’ di non voler ritenere indiscriminatamente legittimato qualunque associato.
La disposizione non e’ ripetuta dalla L. n. 157 del 1999, ma risponde ai principi che richiedono il rispetto del rigore formale, nei rapporti con la P.A., ed in particolare in tema di finanziamenti pubblici.
L’eccezione di illegittimita’ costituzionale del nuovo art. 6 bis, ove si applichi ai soli amministratori, appare manifestamente infondata, sia per le ragioni ora esposte, sia in considerazione del fatto che i soggetti privi di cariche amministrative non hanno alcun obbligo di agire o di indebitarsi per fare fronte alle necessita’ gestionali del partito – compito che puo’ invece gravare sugli amministratori e che pertanto l’applicazione dei principi di diritto comune non comporta, nei loro confronti, alcuna inevitabile limitazione nell’esercizio delle liberta’ politiche; esercizio che peraltro non include necessariamente il diritto di agire a spese altrui, venendo esonerati dalle conseguenti responsabilita’.
7.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione della L. n. 195 del 1974, art. 6 e dell’art. 1419 c.c., per avere la Corte di appello respinto l’eccezione di nullita’ dell’accordo concluso nel 1989 fra il PSDI ed il Banco di Napoli per il ripianamento della posizione debitoria del partito, tramite l’attribuzione al Banco di mandato in rem propriam all’incasso delle somme che sarebbero state in futuro erogate al partito a titolo di finanziamento pubblico.
L’art. 6 disponeva che le somme spettanti ai partiti a titolo di contributo pubblico non potevano essere cedute, prevedendo la nullita’ di ogni contrario accordo.
Rileva il ricorrente che l’atto con cui egli ed altri iscritti al partito hanno conferito al Banco di Napoli mandato a soddisfare il proprio credito in rate annuali, rivalendosi direttamente sulle somme annualmente erogate al partito a titolo di contributo pubblico, concretizza gli effetti di una vera e propria cessione del contributo, ed e’ da ritenere nullo per contrasto con norma imperativa di legge, ai sensi dell’art. 1419 c.c..
7.1.- Il motivo e’ inammissibile.
A prescindere dal fatto che l’art. 6 cit. risulta ora superato dalla L. n. 51 del 2006, art. 39 quaterdecies, comma 2, lett. c), che dichiara espressamente cedibili le erogazioni pubbliche ai partiti, la Corte di appello – nell’esercizio del suo potere discrezionale di interpretare il contenuto degli atti e dei contratti delle parti – ha escluso che l’ipotetica nullita’ avesse l’effetto di viziare l’intero accordo, anziche’ solo la singola clausola, in quanto la riscossione dei contributi elettorali non costituiva l’unica modalita’ di pagamento, ma erano previste anche altre modalita’.
Vale a dire, la nullita’ avrebbe colpito la peculiare modalita’ di pagamento del debito, consistente nell’utilizzazione dei contributi pubblici, ma non avrebbe fatto venir meno ne’ il debito, ne’ l’obbligo del ricorrente di risponderne utilizzando altri fondi, fra cui quelli provenienti dalle quote di tesseramento degli iscritti, che la Corte di appello dichiara essere stati espressamente menzionati nell’accordo del 1989 (circostanza che il ricorrente non contesta).
Trattasi di valutazione attinente al contenuto dell’accordo, non suscettibile di riesame in sede di legittimita’ se non sotto il profilo della violazione delle norme sull’interpretazione dei contratti, o degli eventuali vizi di motivazione (cfr. per tutte Cass. civ. 22 febbraio 2007 n. 4178): censure che non sono state in alcun modo prospettate dal ricorrente.
La sentenza impugnata appare, al contrario, adeguatamente e logicamente motivata.
8.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 1362 c.c. e segg., in relazione all’art. 1937 c.c., nella parte in cui la Corte di appello ha attribuito alla scrittura del ***** la natura di atto di assunzione di obbligazioni, mentre il testo dell’accordo – se correttamente interpretato alla luce delle espressioni letterali – ha contenuto meramente ricognitivo di obbligazioni preesistenti, da altri assunte; non comporta l’assunzione di obbligazioni nuove e si limita a predisporre le modalita’ con cui il partito ed i suoi amministratori avrebbero provveduto al ripianamento dei debiti pregressi.
Poiche’ esso C.F. e’ stato ritenuto responsabile del debito solo in virtu’ del suddetto atto ricognitivo, la condanna deve essere annullata.
Tanto piu’ quando si consideri che egli ebbe a sottoscrivere l’accordo nella sua qualita’ di Presidente del Gruppo parlamentare del PSDI, poiche’ solo in tale qualita’ era legittimato a conferire a terzi (nella specie, al Banco di Napoli) il potere di riscuotere i contributi pubblici. Ed il Gruppo parlamentare – unico beneficiario dei contributi – e’ associazione diversa e distinta dal partito da cui promana.
8.1.- Il motivo non e’ fondato.
In primo luogo, il fatto che il ricorrente dichiari di avere sottoscritto l’atto ***** quale presidente del Gruppo parlamentare non esclude che egli fosse contemporaneamente iscritto al partito debitore e che comunque l’atto sia stato da lui sottoscritto in favore e nell’interesse del partito medesimo:
circostanza di per se’ sufficiente a giustificare la sua responsabilita’ ai sensi dell’art. 38 c.c.: responsabilita’ che si fonda non sul fatto di rivestire particolari cariche o qualifiche all’interno del partito, ma sul fatto di avere concretamente svolto attivita’ negoziale per conto del partito medesimo (cfr. per tutte Cass. civ. Sez. 3^, 24 ottobre 2008 n. 25748).
Quanto al merito delle censure, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 1362 c.c., che attiene all’interpretazione letterale dell’atto, senza addurre argomenti idonei a confutare l’interpretazione della Corte di appello, secondo cui al riconoscimento del debito si univa l’impegno di provvedere al suo ripianamento, mediante il versamento di L. 1.200 milioni all’anno per cinque anni.
Correttamente ha deciso la Corte di appello che l’atto con cui venga riconosciuta l’esistenza di un debito pregresso non si puo’ considerare atto di mero accertamento, od esclusivamente ricognitivo, ove sia accompagnato dall’impegno di provvedere al pagamento del debito riconosciuto, e di provvedervi con determinate modalita’.
Cio’ vale in particolar modo quando tali modalita’ comportino anche eventuali rinunce o sacrifici per il creditore, come il pagamento rateale e dilazionato, convenuto nel caso di specie, avendo il creditore il diritto di chiedere il pagamento del suo credito in via immediata e per l’intero.
In tal caso l’atto viene ad assumere connotati in certa misura transattivi e comunque tali da ingenerare obbligazioni o prestazioni a carico di entrambe le parti.
9.- Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione degli art. 38 e 1193 c.c., nella parte in cui la Corte di appello ha determinato l’importo del debito, includendovi obbligazioni assunte non da lui, ma da altri, successivamente all’accordo del *****, delle quali egli non era a conoscenza, e non ha tenuto conto dei pagamenti ricevuti dalla banca successivamente al 1989.
Rileva che il Banco di Napoli ha dichiarato, negli scritti difensivi in appello, che al 6 aprile 1992 la complessiva situazione debitoria del PSDI ammontava ad Euro 1.136.205,18, somma pari agli affidamenti accordati nel solo 1992 su richiesta dell’on. G.M.T., con cio’ implicitamente ammettendo che le obbligazioni precedenti erano state estinte.
9.1.- Il motivo e’ inammissibile, trattandosi di eccezione (di pagamento) che non risulta essere stata proposta nelle competenti sedi di merito.
Era onere della banca attrice dimostrare l’esistenza e l’entita’ del suo credito; ma era onere dei convenuti fornire la prova dei pagamenti effettuati.
Il ricorrente non richiama gli atti mediante i quali egli avrebbe proposto l’eccezione di pagamento e ne avrebbe fornito la prova, chiedendone l’imputazione al suo debito.
Neppure dimostra che siano stati tempestivamente contestati – dal partito, da lui stesso o da altri – gli estratti conto periodicamente inviati dalla banca.
La questione, che comporta nuovi accertamenti in fatto, non puo’ essere proposta per la prima volta in questa sede.
10.- Con il quinto motivo il ricorrente lamenta l’omessa motivazione in ordine alla prova dell’esistenza e dell’entita’ del debito complessivo del PSDI, di cui egli e’ stato condannato a rispondere.
Assume di avere impugnato davanti alla Corte di appello la decisione del Tribunale, che ha dedotto l’esistenza del debito dall’atto di ricognizione del 29.11.1989 e dalla contumacia del PSDI, quale comportamento valutabile ai sensi dell’art. 116 c.p.c., poiche’ egli non era a conoscenza della situazione debitoria del partito, ne’ era in grado di fornire la prova dei pagamenti.
10.1.- Il motivo appare manifestamente infondato, a fronte dell’atto scritto di riconoscimento del debito, che lo stesso ricorrente ha firmato e che non e’ stato impugnato da alcuno, per errore od altro vizio della volonta’.
Ne’ e’ stata contestata l’affermazione del controricorrente Banco di Napoli di avere sempre inviato al debitore gli estratti conto periodici, nei confronti dei quali non sono state mai sollevate eccezioni.
11.- Il ricorso deve essere rigettato.
12.- Considerata la natura della controversia e la novita’ delle questioni trattate, le spese del presente giudizio si compensano fra tutte le parti.
PQM
LA CORTE DI CASSAZIONE Riunisce i ricorsi.
Accoglie il terzo motivo del ricorso proposto da C.G. e dichiara assorbiti gli altri motivi del medesimo ricorso ed il ricorso incidentale proposto dalla s.p.a. IMI San Paolo. Rigetta i ricorsi presentati da C.F. e da G.M.T..
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.
Compensa fra tutte le parti le spese del giudizio di cassazione.
Cosi’ deciso in Roma, il 28 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010