LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –
Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –
Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –
Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 31586-2005 proposto da:
AGRIDANIA S.N.C. DI SOLITRO GIAMBATTISTA & C SNC in persona del suo legale rappresentante pro tempore, S.G.
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 3, presso lo studio dell’avvocato CASELLA PACCA DI MATRICE MASSIMO, rappresentata e difesa dall’avvocato AGOSTINACCHIO PAOLO giusta delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO DEL DUCA & MAIORANO SNC in persona del Curatore Dott. B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato CONSIGLIO ALDO giusta delega in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 692/2005 della CORTE D’APPELLO di BARI, emessa il 15/4/2005, depositata il 30/06/2005, R.G.N. 306/1998;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/11/2009 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;
udito l’Avvocato MASSIMO CASELLA per delega dell’Avvocato PAOLO AGOSTINACCHIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per inammissibilità ex art.
366 c.p.c. in subordine, manifesta infondatezza del ricorso, condanna alle spese.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 7 dicembre 2005 la s.n.c. Agridania di Solito G. e C. ha proposto quattro motivi di ricorso per cassazione contro la sentenza 15 aprile-30 giugno 2005 n. 692 della Corte di appello di Bari, che ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Foggia ha condannato l’odierna ricorrente a pagare al Curatore del Fallimento della s.n.c. Del Duca G. e Maiorano N. la somma di vecchie L. 32.481.000, oltre alle spese processuali.
Resiste con controricorso il Fallimento.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, a causa dell’omessa esposizione dei fatti di causa, come rilevato anche dal controricorrente, tramite specifica eccezione.
La ricorrente si è limitata a richiamare il dispositivo della sentenza impugnata ed i motivi da essa proposti al giudice di appello, senza in alcun modo esporre i fatti da cui ha avuto origine la controversia (nè le precedenti vicende processuali): fatti che non si possono desumere neppure dall’illustrazione dei motivi di ricorso, che li danno per conosciuti.
Per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, pur se non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa. Ne debbono risultare, in particolare, le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano; le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria; lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni; le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si chiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamente erronea, compiuta dal giudice di merito, in quanto il principio di autosufficienza del ricorso impone che esso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere completa cognizione della controversia e del suo oggetto, e di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata (Cass. civ. 4 aprile 2006 n. 7825, fra le altre).
Non si richiede, a tale scopo, che l’esposizione dei fatti costituisca premessa autonoma e distinta nel corpo dell’atto. E’ essenziale, però, che dal contesto del ricorso sia possibile desumere una conoscenza del “fatto” sostanziale e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice “a quo” (Cass. civ. S.U. 18 maggio 2006 n. 11653; Cass. civ. 20 agosto 2004 n. 16360 e numerose altre).
2.- Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
3.- Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.000,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed oltre agli accessori previdenziali e fiscali di legge.
Così deciso in Roma, il 6 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010