LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SENESE Salvatore – Presidente –
Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –
Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –
Dott. D’AMICO Paolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
I.A., elettivamente domiciliato in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato FREDIANI LEOPOLDO con studio in CARRARA, VIA MAZZINI 15 giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTA’ SPA in persona dei legali rappresentanti Dr.ssa M.R. e Dr. C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 88, presso lo studio dell’avvocato SPADAFORA GIORGIO, che la rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
D.L.D.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 155/2004 del TRIBUNALE di CARRARA, SEZIONE DISTACCATA DI CARRARA, depositata il 07/07/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 11/11/2009 dal Consigliere Dott. D’AMICO Paolo;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso p.q.r. del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 6.12.2000, I.A. conveniva in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Carrara, D. L.D. e la S.p.A. Riunione Adriatica di Sicurta’ per sentirli condannare al risarcimento dei danni che asseriva di aver subito a seguito di un incidente stradale verificatosi in *****.
La societa’ assicuratrice chiedeva il rigetto della domanda per infondatezza della stessa.
Con sentenza del 21 ottobre 2003, il giudice adito dichiarava satisfattiva la somma di Euro 6.715,00 versata dalla societa’ e condannava i convenuti alla rifusione delle spese processuali, ponendo a carico delle parti in misura uguale il compenso liquidato al Consulente Tecnico d’Ufficio.
Avverso tale sentenza proponeva impugnazione I.A..
Costituitosi il contraddittorio il Tribunale, con sentenza del 7 luglio 2004, condannava gli appellati al pagamento delle spese relative alla consulenza tecnica d’ufficio nonche’ l’appellante alla rifusione delle spese del giudizio di appello.
Avverso la predetta sentenza I.A. proponeva ricorso per Cassazione, al quale resisteva la S.p.A. Riunione Adriatica di Sicurta’.
MOTIVI DI DIRITTO Con il primo motivo parte ricorrente denuncia “art. 360 c.p.c., n. 5:
OMESSA, INSUFFICIENTE, CONTRADDITTORIA MOTIVAZIONE CIRCA UN PUNTO DECISIVO DELLA CONTROVERSIA PROSPETTATO DALLE PARTI O RILEVABILE DI UFFICIO”; Lamenta in particolare I.A. che il Giudice a quo, dopo avere posto come punto di riferimento della sua decisione i criteri liquidativi adottati dal Tribunale di Massa, cosi’ disattendendo quelli dei Tribunali di Milano e Genova, e’ pervenuto ad una liquidazione totale del danno dell’attore addirittura inferiore rispetto a quella effettuata del Giudice di Pace, ponendo in essere un insanabile contrasto tra la premessa e la conclusione del suo ragionamento.
Il motivo e’ inammissibile.
Parte ricorrente e’ infatti carente d’interesse perche’ il giudice di appello, pur ritenendo che i criteri di liquidazione del danno avrebbero dovuto essere quelli in uso presso il Tribunale di Massa, ha confermato sul punto la sentenza impugnata considerando che il criterio di liquidazione dalla stessa erroneamente adottato e’ comunque tale da portare ad un risultato finale seppur di poco superiore a quello che sarebbe stato raggiunto calcolando il risarcimento sulla base del criterio in atto presso il Tribunale di Massa, Sezione distaccata di Carrara.
Per il resto la decisione e’ comunque congruamente motivata e l’iter logico che ha condotto ad essa non presenta alcuna contraddizione o vizio logico – giuridico.
Con il secondo motivo si denuncia “art. 360 c.p.c., n. 3: VIOLAZIONE O FALSA APPLICAZIONE DI NORME DI DIRITTO IN RELAZIONE ALL’ART. 91 C.P.C.”.
Arbitraria, non motivata e non giustificabile e’ stata, ad avviso di parte ricorrente, la quantificazione delle spese processuali operata dal primo giudice e confermata dal giudice di appello, tale liquidazione non rientra infatti nel potere discrezionale del Giudice non essendo stata neppure motivata, ma rappresenta una palese ed arbitraria violazione del principio di cui all’art. 91 c.p.c..
Inoltre, prosegue parte ricorrente, la causa non era affatto semplice, talche’ non poteva essere consentita una liquidazione “a peso” quando la stessa avrebbe dovuto essere fatta sulla base della nota analitica depositata.
Anche questo motivo dev’essere rigettato perche’ generico. In sede di ricorso per Cassazione infatti la determinazione del giudice di merito relativa alla liquidazione delle spese processuali puo’ essere censurata solo attraverso la specificazione delle voci in ordine alle quali lo stesso giudice sarebbe incorso in errore, con la conseguenza che in assenza di puntuale esposizione delle voci in concreto liquidate dal giudice, il motivo e’ da qualificarsi generico, con derivante inammissibilita’ dell’inerente motivo (Cass., 27 ottobre 2005, n. 20904; Cass., 10 gennaio 2006, n. 146).
Anche per quanto riguarda le spese del giudizio d’appello, poste interamente a carico del ricorrente che se ne duole con il terzo motivo (violazione art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) la decisione e’ corretta, non essendo stato violato il principio secondo il quale le spese processuali non possono essere poste carico della parte totalmente vittoriosa, (Cass., 8 settembre 2005, n. 17953)., quale certamente non era il ricorrente.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato mentre si ritiene sussistano giusti motivi per una integrale compensazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 11 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010