Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.991 del 21/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. CALABRESE Donato – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17066-2005 proposto da:

D.F., nella qualità di Presidente della Società Sportiva Certosa Lombarda, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 114-A, presso lo studio dell’avvocato PASCUCCI FRANCO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DI PASQUALE ANGELO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.L., C.G., F.F.;

– intimati –

sul ricorso 20161-2005 proposto da:

F.L., C.G., F.F., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ILDEBRANDO GOIRAN 23, presso lo studio dell’avvocato SARDO UGO, rappresentati e difesi dall’avvocato SARDO LEONARDO giusta delega in calce al controricorso con ricorso incidentale;

– ricorrenti –

e contro

D.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 858/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO, Sezione 2^ Civile, emessa il 02/02/2005, depositata il 31/03/2005;

R.G.N. 3476/2003.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/11/2009 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario G. che ha concluso per previa riunione dei ricorsi, inammissibilità ex art. 372 c.p.c., accoglimento del ricorso principale con esclusione del 5^ motivo, assorbimento del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

F.L. e C.G., nella loro qualità di genitori e rappresentanti legali del figlio minore F.F., hanno convenuto davanti al Tribunale di Milano la Società Sportiva Certosa Lombardia, in persona del Presidente, D.L., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti dal figlio durante una partita di calcio organizzata dalla società il *****. In tale occasione, scontratosi con il portiere della squadra, il ragazzo aveva riportato la frattura della gamba sinistra, con esiti di carattere permanente.

Gli attori addebitavano alla società ed al suo presidente anche il fatto di non avere inoltrato denuncia del sinistro alla compagnia di assicurazioni SIAC, che copriva i rischi inerenti all’attività.

La convenuta si è costituita in persona del nuovo presidente D. F., chiedendo il rigetto della domanda.

Esperita l’istruttoria, con sentenza 29 luglio 2003 il Tribunale di Milano ha condannato la convenuta a pagare agli attori Euro 23.149,70, oltre interessi e spese processuali, sulla premessa che l’incidente era da ascrivere a fatto accidentale, ma che la società sportiva era responsabile dei danni per non avere tempestivamente dato avviso dell’incidente alla compagnia assicuratrice, impedendo così agli attori di conseguire l’indennizzo.

Proposto appello principale dalla società sportiva e incidentale dal danneggiato, divenuto maggiorenne, con sentenza 2 febbraio – 31 marzo 2005 n. 858 la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado in punto responsabilità, ma ha ridotto l’ammontare dei danni, escludendone le voci non coperte dalla polizza assicurativa.

Con atto notificato il 20 giugno 2005 D.F., nella qualità di Presidente della Società Sportiva Certosa Lombardia, propone cinque motivi di ricorso per cassazione.

Produce altresì la copia notificata della sentenza impugnata, il suo fascicolo relativo ai precedenti gradi del giudizio e tre documenti ulteriori.

Resistono con controricorso gli intimati, proponendo un motivo di ricorso incidentale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Deve essere preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi (art. 335 cod. proc. civ.).

2.- Deve essere altresì respinta l’eccezione di improcedibilità del ricorso, sollevata dalla resistente sul rilievo che non è stata prodotta copia autentica della sentenza impugnata, ma solo la copia fotostatica della copia autentica, notificata al ricorrente ai fini dell’esecuzione.

Il ricorrente ha depositato nel suo fascicolo l’originale, e non la fotocopia, della sentenza, così come a lui notificata dalla controparte, recante l’attestazione della conformità all’originale.

Il deposito è ritualmente avvenuto nel termine di venti giorni dalla notificazione del ricorso medesimo.

Il ricorso risulta improcedibile solo qualora la copia prodotta non rechi l’attestazione della conformità all’originale (Cass. civ. 2 novembre 2001 n. 13566; Cass. civ. 16 dicembre 2002 n. 17995), o sia depositata oltre il suddetto termine (Cass. civ. 30 marzo 2004 n. 6350).

3.- Debbono essere invece dichiarati inammissibili i nuovi documenti prodotti dalla ricorrente in allegato al ricorso, in quanto non rientrano fra quelli di cui all’art. 372 cod. proc. civ..

4.- E’ pregiudiziale l’esame del quinto motivo del ricorso principale, con cui la Certosa Lombardia lamenta violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e contraddittoria o carente motivazione, per il fatto che, con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, i F. avevano proposto domanda di condanna per responsabilità civile ai sensi degli artt. 2043 e 2048 cod. civ., mentre la Corte di appello, come già il Tribunale, ha escluso che ricorressero gli estremi di cui alle citate norme ed ha emesso condanna per un titolo diverso, cioè per la mancata denuncia del sinistro alla compagnia di assicurazione.

4.1.- Il motivo non è fondato.

La Corte di appello ha rilevato che l’omissione della denuncia del sinistro da parte dell’ente sportivo è stata indicata dai danneggiati nell’atto di citazione in primo grado quale elemento di fatto fondante la responsabilità della convenuta, e che i danneggiati hanno prodotto in quella sede la documentazione idonea a dimostrare l’esistenza di una tale responsabilità, cioè la copia dell’art. 45 delle norme regolamentari della F.I.G.C., recante la disciplina dell’assicurazione contro i rischi.

Ha pertanto concluso, con argomentazione logica ed immune da censure, che la domanda di condanna a questo titolo è stata ritualmente proposta.

Nè la ricorrente indica, nel ricorso, eventuali elementi di prova del contrario, che la Corte di appello avrebbe indebitamente disatteso.

5.- Il primo motivo – con cui il D. lamenta la falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., sul rilievo che la Corte di appello ha emesso condanna a suo carico senza che i danneggiati avessero fornito la prova che essa non aveva denunciato l’incidente alla compagnia assicuratrice e che questa non aveva pagato l’indennizzo – è manifestamente infondato.

Era onere della società sportiva, infatti, dimostrare di avere denunciato il sinistro, trattandosi della prova di avere regolarmente adempiuto all’obbligo a suo carico.

Sarebbe stato parimenti onere della convenuta dimostrare che l’indennizzo era stato comunque pagato agli attori, trattandosi di eccezione diretta a paralizzare l’avversaria domanda, avente ad oggetto un fatto positivo.

3.- Con il secondo motivo la ricorrente denuncia motivazione assente o contraddittoria, quanto alla determinazione dell’indennizzo, sul rilievo che la Corte di appello – dopo avere riconosciuto che Certosa Lombardia è tenuta a rispondere non ai sensi degli artt. 2043 e 2048 cod. civ., ma solo per non avere denunciato il sinistro alla compagnia assicuratrice – ha determinato l’indennizzo applicando le tabelle del Tribunale di Milano sulla quantificazione del danno biologico, anzichè quelle relative agli indennizzi assicurativi, le quali prevedono per il danno da inabilità permanente l’importo di L. 1.000.000 a punto, di gran lunga inferiore a quello liquidato;

lamenta che la Corte di appello abbia anche deciso ultra petitum, poichè i danneggiati non avevano formulato alcuna domanda di risarcimento del danno biologico.

4.- Con il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 1411 cod. civ. ed assenza di motivazione, poichè la Corte di appello ha imputato a sua colpa la mancata denuncia all’assicurazione mentre, trattandosi di contratto a favore di terzo, avrebbe dovuto il danneggiato assicurato inoltrare la denuncia e dimostrare di non avere percepito alcuna somma dalla compagnia assicuratrice.

5.- Con il quarto motivo lamenta violazione dell’art. 1891 cod. civ. e motivazione contraddittoria od assente, poichè la Corte di appello ha affermato che la richiesta di tesseramento autorizza la F.I.G.C. a stipulare le polizze a vantaggio della società, la quale è tenuta al pagamento dei premi; al contrario, le polizze vengono intestate ai giocatori ed i premi non sono pagati dalle società sportive, ma dalla F.I.G.C.; che la Corte di appello ha tratto il suo convincimento dalle sole dichiarazioni di un testimone, nè ha ben compreso e valutato l’art. 45 delle norme organizzative interne della F.I.G.C.; che il contraente la polizza era la F.I.G.C. e non Certosa Lombardia, e che a norma dell’art. 1891 cod. civ. l’adempimento degli obblighi derivanti dal contratto grava sull’assicurato; che essa non aveva alcun obbligo di provvedere alla denuncia, come risultante da una lettera della F.I.G.C., allegata agli atti.

6.- I motivi – che possono essere congiuntamente esaminati, perchè connessi – sono manifestamente infondati, quando non inammissibili.

Essi attengono tutti all’asserita insussistenza dell’obbligo di Certosa Lombardia di inoltrare essa stessa la denuncia del sinistro alla compagnia assicuratrice, onere che invece sarebbe gravato sul danneggiato, in cui favore l’assicurazione era stata stipulata.

La Corte di appello ha esaminato la questione e – con accertamento in fatto, diffusamente e correttamente motivato, quindi non suscettibile di riesame in questa sede – ha rilevato che l’art. 45 del Regolamento pone a carico delle società sportive l’obbligo di inoltrare la denuncia del sinistro.

Le contestazioni della ricorrente sono poi inammissibili perchè non autosufficienti, poichè non sono indicati nel ricorso i documenti e le prove acquisite agli atti che dimostrerebbero la fondatezza delle censure; nè è riprodotto il testo dell’art. 45, al fine di dimostrarne l’asserito contrasto con quanto accertato in fatto dalla sentenza impugnata.

Quanto alla asserita erroneità della quantificazione dei danni da invalidità temporanea e permanente, la Corte di merito ha dichiarato inammissibile l’appello sul punto, perchè eccessivamente generico, in quanto l’appellante non ha prodotto la polizza di assicurazione, nè ha indicato i parametri monetari di riferimento di cui alla polizza stessa, che il giudice avrebbe dovuto adottare in luogo delle tabelle del tribunale (p. 16 ss. della sentenza).

La ricorrente non ha impugnato la suddetta dichiarazione di inammissibilità, sicchè risulta parimenti inammissibile il ricorso per cassazione sul medesimo punto.

7.- Con l’unico motivo del ricorso incidentale il F. lamenta che la Corte di appello gli abbia liquidato solo il danno alla salute da invalidità temporanea e permanente e non il danno morale e quello consistente nelle spese mediche, perchè non contemplati dalla polizza di assicurazione, sebbene la Certosa Lombardia non avesse prodotto in giudizio la polizza sanitaria sulla quale fondava la sua eccezione circa l’entità dei danni; sicchè la Corte di appello, a fronte della mancata prova dei limiti in cui la compagnia assicuratrice avrebbe indennizzato il sinistro, avrebbe dovuto attenersi alla liquidazione effettuata dal Tribunale.

8.- Il motivo è manifestamente infondato.

La Corte di appello ha motivato il parziale accoglimento delle eccezioni della società sportiva, circa l’esclusione dal danno risarcibile delle somme liquidate in risarcimento dei danni non patrimoniali e in rimborso delle spese mediche, con il fatto che il danneggiato non ha contestato le suddette limitazioni, eccepite dalla controparte.

I limiti inerenti all’indennizzo sono stati ritenuti quindi dimostrati sulla base di circostanze diverse dall’esame della polizza.

Trattasi di valutazione di merito, attinente alla valutazione delle prove, che non è suscettibile di censura in sede di legittimità se non sotto il profilo degli eventuali vizi di motivazione: vizi che il ricorrente non ha in alcun modo dedotto e dimostrato.

E’ appena il caso di ricordare, del resto, che l’onere di fornire la prova del danno grava sul danneggiato, e che quindi anche il F. avrebbe avuto l’onere di produrre in giudizio la polizza assicurativa, per dimostrare che essa includeva tutte le voci di danno da lui richieste e che assume essergli state indebitamente negate.

9.- Entrambi i ricorsi debbono essere rigettati.

10.- Considerata la reciproca soccombenza, le spese del presente giudizio si compensano fra le parti.

P.Q.M.

La Corte di cassazione riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010

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