Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.992 del 21/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. CALABRESE Donato – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17335-2005 proposto da:

BANCA C.R. FIRENZE CASSA DI RISPARMIO DI FIRENZE SPA, in persona del suo Direttore Generale, Rag. M.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G G BELLI 36, presso lo studio dell’avvocato MANFREDINI ORNELLA, rappresentata e 2009 difesa dagli avvocati GIGLIOLI GIOVANNI, SCRIPELLITI NINO giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE SPA, c.f. ***** – in persona del Presidente legale rapp.te., elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZZA S. ANDREA DELLA VALLE 3, presso lo studio dell’avvocato ALBANO ANTONIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARBONE ANGELO giusta delega a margine del controricorso, il primo con procura speciale del Dott. Notaio Giovanni Floridi in Roma 18/9/2009; REP.N.25.878.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 469/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, 2^

civile emessa il 9/11/2004, depositata il 03/03/2005, R.G.N. 2016/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/11/2009 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

udito l’Avvocato ORNELLA MANFREDINI (per delega Avv. Scripelliti Nino);

udito l’Avvocato ANDREA PROVINI (per delega Avv. Albano Antonio);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario G. che ha chiesto Il rigetto del ricorso e condanna alle spese.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il ***** sono stati sottratti dalla filiale di ***** della Cassa di Risparmio di Firenze alcuni moduli di assegni circolari in bianco, sottoscritti dall’emittente ICCRI. La Cassa ha sporto denuncia ed ha comunicato il fatto all’ICCRI. Diversi mesi dopo gli assegni, abusivamente riempiti e sottoscritti da persona ignota per l’importo complessivo di L. 30 milioni, sono stati versati in pagamento alla s.p.a. Poste Italiane, la quale non ne ha potuto riscuoterne l’importo dalla Cassa di Risparmio, in quanto quest’ultima ha eccepito la falsità della firma.

Poste Italiane ha allora proposto davanti al Tribunale di Firenze domanda di risarcimento dei danni contro la Cassa di Risparmio, imputandole il difetto di vigilanza nella custodia dei moduli e la mancata informazione circa l’avvenuto furto.

Il Tribunale ha respinto la domanda.

Proposto appello da Poste Italiane, a cui ha resistito l’appellata, con sentenza 9 novembre 2004 – 3 marzo 2005 n. 469 la Corte di appello di Firenze, in riforma, ha condannato la Cassa di Risparmio a pagare la somma di Euro 15.493,71, in risarcimento dei danni.

Propone due motivi di ricorso per cassazione la Banca C.R. Firenze.

Resiste con controricorso Poste Italiane.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Deve essere preliminarmente rigettata l’eccezione di improcedibilità del ricorso, sollevata dalla resistente sul rilievo che la Banca C.R. Firenze non avrebbe dimostrato la sua identità soggettiva con la Cassa di Risparmio di Firenze, che ha partecipato al giudizio conclusosi con la sentenza impugnata.

Ed invero, con atto notificato alla controparte e depositato il 2.10.2007, la ricorrente ha prodotto in questo giudizio il proprio Statuto, dal quale risulta che la s.p.a. Cassa di Risparmio è per brevità denominata Banca CR Firenze; che pertanto la ricorrente è lo stesso soggetto che ha partecipato ai precedenti gradi del giudizio.

2.- Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione degli artt. 2056, 1223 e 1227 cod. civ., sul rilievo che la Corte di appello avrebbe concesso a Poste it. il risarcimento dei danni in relazione ad eventi che non costituiscono conseguenza immediata e diretta della propria condotta colposa.

Poste it. infatti ha incassato gli assegni in cambio di tredici vaglia telegrafici, per l’importo complessivo di L. 30 milioni, senza procedere all’identificazione del portatore e senza compiere alcun tentativo per bloccare il pagamento dei vaglia. Donde l’interruzione del nesso causale per effetto del comportamento della danneggiata.

Con il secondo motivo lamenta l’omessa motivazione sul medesimo punto, in quanto la sentenza impugnata non ha preso affatto in considerazione la negligenza della danneggiata ed ha affermato apoditticamente che la falsità della sottoscrizione non era in alcun modo riscontrabile da Poste it., senza avere previamente esperito alcun accertamento di carattere tecnico circa la riconoscibilità o meno della falsificazione, e senza considerare che gli assegni circolari erano stati falsificati in ogni loro parte e non solo nella firma.

3.- I due motivi – che vanno congiuntamente esaminati perchè connessi – non sono fondati.

L’accertamento relativo alla sussistenza o meno del nesso causale fra il comportamento illecito e il danno costituisce accertamento in fatto, non suscettibile di riesame in sede di legittimità, ove sia adeguatamente e logicamente motivato.

La sentenza di appello non appare censurabile sotto questo profilo.

Essa ha imputato alla Cassa di risparmio la responsabilità dell’accaduto sulla base del fatto che in primo luogo essa ha trascurato di adottare adeguate misure di cautela nella custodia dei moduli degli assegni circolari, idonee ad evitarne la sottrazione, dovendosi escludere che essi siano stati trafugati per caso fortuito per forza maggiore; in secondo luogo ha omesso di dare idonea pubblicità all’avvenuto furto, tale non potendosi considerare la mera denuncia ai carabinieri e la comunicazione all’ICCRI, il quale ha informato solo gli istituti bancari e non la Poste it..

L’asserita negligenza di quest’ultima società, all’atto dell’incasso degli assegni, non trova riscontro nella deduzione da parte della ricorrente di alcun elemento concreto, idoneo a dimostrare che la falsificazione fosse riconoscibile, o fosse comunque tale da ingenerare il dubbio sull’autenticità dei titoli, sì da giustificare l’esperimento di specifici accertamenti peritali.

Il ricorrente ne prospetta l’eventualità in via meramente ipotetica e astratta, di per sè insufficiente a giustificare la censura di omessa od insufficiente motivazione sul punto.

4.- Il ricorso deve essere rigettato.

5.- Le spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 2.600,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.400,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed oltre agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010

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