LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. MERONE Antonio – Consigliere –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato nei cui Uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata;
– ricorrente –
contro
R.G. residente a *****;
– intimato –
avverso la sentenza n. 87/50/2006 della Commissione Tributaria Regionale di Napoli, Sezione n. 50, in data 22.05.2006, depositata il 12 giugno 2006.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 10 novembre 2010 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;
Presente il Procuratore Generale dott. Maurizio Velardi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE Con il ricorso iscritto al n. 22433/2007 R.G. è stata chiesta la cassazione della sentenza n. 87/50/2006, pronunziata dalla C.T.R. di Napoli, Sezione n. 50, il 22.05.2006 e DEPOSITATA il 12 giugno 2 006.
La Commissione Regionale, ha rigettato il gravame dell’Agenzia Entrate, ritenendo illegittima l’applicazione dei parametri previsti dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, dopo avere rilevato che il dato parametrico utilizzato era a ritenersi inidoneo, in assenza di altri elementi, a sostanziare la prova del fondamento della pretesa fiscale.
Il ricorso, che attiene ad impugnazione di avviso di accertamento IRPEF e CSSN, per l’anno 1995, si articola in unico motivo, con il quale si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, commi da 181 a 189, nonchè della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 125 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), deducendosi che i parametri sono di per sè sufficienti a fondare la pretesa fiscale, senza necessità di riscontro o di elementi ulteriori di prova.
L’intimato non ha svolto difese in questa sede.
La Corte:
Vista la relazione, il ricorso e tutti gli altri atti di causa;
Ritiene, con riferimento al quesito posto con l’unico mezzo, che lo stesso debba ritenersi fondato, alla stregua del principio secondo cui “La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente.
L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito” (Cass. N. 26635/2009, conformi n. 200823602, n. 200826459, n. 200827648, n. 200904148);
Ritiene, infatti, che, nel caso la decisione impugnata, con la quale è stata riconosciuta l’illegittimità dell’accertamento, abbia fatto malgoverno di tale principio avendo omesso di considerare e valutare che il contribuente in occasione del contraddittorio amministrativo, come risulta dall’impugnata decisione, aveva declinato l’invito rivoltogli dall’Ufficio, omettendo di muovere specifiche doglianze con riferimento all’esistenza di elementi idonei a giustificare lo scostamento tra reddito dichiarato e reddito presunto sulla base del dato parametrico e che, tale comportamento omissivo aveva tenuto anche in sede contenziosa;
Ritiene, di conseguenza che nel caso, alla stregua del trascritto principio, era a ritenersi legittimo l’accertamento ed operativa la presunzione, ragion per cui gravava sul contribuente l’onere di fornire la concreta prova idonea a vincere quella presuntiva, offerta dall’Agenzia;
Conclusivamente, ritiene che il ricorso debba essere accolto e, per l’effetto, cassata l’impugnata decisione, e che il Giudice del rinvio, che si designa in altra sezione della CTR della Campania, debba procedere al riesame e, quindi, adeguandosi ai richiamati principi, decidere nel merito e sulle spese, offrendo congrua motivazione;
Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata decisione e rinvia ad altra sezione della CTR della Campania.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2011