Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.1017 del 17/01/2011

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 1389-2009 proposto da:

COMUNE DI RIACE ***** in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OTTAVIANO 32, presso lo studio dell’avvocato CARDUCCIO FRANCESCO, che lo rappresenta e difende, giusta Delib. Giunta Comunale 18 dicembre 2008, n. 109 e giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

DITTA FAPE DI MARIA CATERINA FAZZARI & C. SAS;

– intimata –

avverso la sentenza n. 415/2008 del TRIBUNALE di LOCRI – Sezione Distaccata di SIDERNO del 17.9.08, depositata il 23/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/10/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIAMPAOLO LECCISI.

FATTO E DIRITTO

E’ stata depositata, dal consigliere designato, relazione, redatta ex art. 380 bis c.p.c., comunicata a parte ricorrente, che si riporta di seguito con correzioni formali. “Il Comune di Riace impugna per cassazione la sentenza depositata in data 23 settembre 2009, con la quale il Tribunale di Locri – Sezione staccata di Siderno ha rigettato l’appello da esso Comune proposto avverso la sentenza del Giudice di pace di Stilo depositata in data 14 dicembre 2006, che aveva accolto l’opposizione proposta, della L. n. 689 del 1981, ex art. 22, da FA.PE. di MC Fazzari & C sas avverso il verbale di accertamento e contestazione, da parte della Polizia municipale di Riace, dell’avvenuta violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 9, verificatasi in data 31 gennaio 2006. A fondamento della opposizione, l’opponente aveva eccepito la nullità del verbale in quanto emesso da organo incompetente, l’illegittimità per mancata contestazione immediata della violazione, la mancata dimostrazione della corretta funzionalità del dispositivo elettronico, l’inidoneità tecnica della strumentazione di accertamento della velocità sia per mancanza di una corretta omologazione, sia per mancata taratura.

Il Tribunale, rilevato che, nel caso di specie, la violazione del limite di velocità era stata accertata a mezzo Velomatic 512 e che non vi era stata contestazione immediata, ha rigettato l’appello del Comune, rilevando che il quadro normativo conseguente alla entrata in vigore del D.L. n. 121 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 168 del 2002, esclude la sussistenza di un’arbitraria facoltà per l’amministrazione di precostituirsi un’ipotesi di deroga al principio di contestazione immediata della violazione, che costituisce ora la regola della contestazione, essendo al contrario predeterminati sia i casi che le sedi stradali interessate dall’utilizzazione degli strumenti elettronici di rilevazione della velocità. Nella specie, la violazione era stata accertata in un tratto di strada non ricompresa dal Prefetto tra le strade extraurbane secondarie in cui è stata accertata l’esistenza di obiettive circostanze che legittimano l’impiego di apparecchiature a distanza. Il Tribunale precisava altresì di non condividere quanto affermato da Cass., n. 376 del 2008, secondo cui il disposto del D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 1, convertito, con modificazioni, nella L. n. 168 del 2002, integrato con la previsione del comma 2 dello stesso art. 4, “evidenzia come il legislatore abbia inteso regolare l’utilizzazione dei dispositivi o mezzi tecnici de quibus, tra l’altro, anche in funzione del comma 4, con il quale si esclude tout court l’obbligo della contestazione immediata; la norma non pone, pertanto, un’esclusione generalizzata delle apparecchiature elettroniche di rilevamento al di fuori delle strade prese in considerazione, ma lascia, per contro, in vigore, relativamente alle strade diverse da esse, le disposizioni che consentono tale utilizzazione ma con l’obbligo della contestazione immediata, salve le eccezioni espressamente previste dall’art. 201 C.d.S., comma 1- bis”. In proposito, il Tribunale osservava che tale interpretazione avrebbe l’effetto di rimettere al mero arbitrio della P.A. la possibilità di omettere la contestazione immediata e che, quindi, la mera indicazione, nel verbale di contestazione, delle ragioni di cui all’art. 201 C.d.S., comma 1-bis, lett. e), non fosse più sufficiente a giustificare la deroga all’obbligo di contestazione immediata.

Il Tribunale riteneva, infine, che non sussisteva prova che fosse stata fornita agli automobilisti informazione dell’avvenuta installazione di un autovelox sulla via *****.

Il Comune di Riace propone tre motivi di ricorso. Il primo e il secondo attengono alla legittimità dell’accertamento dell’eccesso di velocità mediante strumentazione automatica, omettendo la contestazione immediata, qualora siano presenti gli agenti accertatori e sia motivata in verbale l’impossibilità di procedere all’arresto del veicolo. Deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 121 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 168 del 2002, in relazione agli artt. 200 e 201 C.d.S., nonchè violazione e falsa applicazione di tali ultime disposizioni.

Il terzo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 12, comma 1, (lett. E). Violazione della L. n. 65 del 1986, art. 5.

Violazione della L. n. 689 del 1981, art 13. Deduce che gli agenti di polizia municipale hanno il potere di accertare le violazioni in materia di circolazione stradale su tutto il territorio comunale.

Parte intimata non ha svolto attività difensiva.

Il ricorso è inammissibile.

Il Tribunale ha ritenuto sussistenti due ragioni di illegittimità del provvedimento amministrativo (verbale della Polizia Municipale del Comune di Riace): la prima, consistente nella ritenuta violazione del D.L. n. 121 del 2002, art. 4; la seconda, consistente nella mancata installazione di strumenti informativi della presenza delle apparecchiature elettroniche.

Il ricorrente Comune si limita a censurare la prima ratio decidendi, mentre nulla deduce quanto alla seconda. Trova quindi applicazione il principio secondo cui “nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, in toto o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. Ne consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perchè il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato” (Cass., S.U., n. 16602 del 2005; Cass., n. 2811 del 2006; Cass., n. 21431 del 2007)”.

Parte ricorrente non ha depositato memoria.

Il Collegio condivide pienamente la relazione in atti e deve quindi pervenire alla declaratoria di inammissibilità del ricorso.

A tale decisione non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attività difensiva dell’intimata società.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 7 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2011

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