LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto – Presidente –
Dott. URBAN Giancarlo – rel. Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
G.G. *****, ANDRIOLO GIOVANNA e A. e G.
s.s. di Alessandra e Gianluca Giannini, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliati in Roma, Via P. Aretino n. 101, presso lo studio dell’avv. Luigi Grassi, rappresentati e difesi dall’avv. CUSANO Guido giusta delega in atti;
– ricorrenti –
contro
UNICREDIT s.p.a. (incorporante il Credito Italiano s.p.a.), in persona del legale rappresentante, domiciliato in Genova, Via Dante n. 1;
– intimata –
e contro
CAPITALIA SERVICE J. V. s.r.l. (già Banca di Roma s.p.a. – c.f.
*****), in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in Roma, Via Spalato n. 11, presso lo studio dell’avv. Michele Ventola, che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. Eugenio Malandrucco giusta delega in atti;
– controricorrente –
e contro
FALLIMENTO VINICOLA SAN LUCA soc. coop. a r.l. (c.f. *****), in persona del curatore, elettivamente domiciliato in Roma, Viale Bastioni di Michelangelo n. 5/A, presso lo studio legale Diurni, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Marino giusta delega in atti;
– controricorrente –
e contro
SANPAOLO IMI s.p.a. (quale incorporante Banco di Napoli s.p.a. – c.f.
*****), in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour n. 17, presso lo studio dell’avv. Ferdinando Barucco, rappresentato e difeso dall’avv. Clotilde Lucchetti giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4146/05 della Corte d’Appello di Roma in data 4 luglio 2005, pubblicata in data 3 ottobre 2005;
Udita la relazione del Consigliere Dott. Giancarlo Urban;
udito l’avv. Ferdinando Barucco per delega avv. Clotilde Lucchetti;
udito l’avv. Michele Ventola;
udito il P.M., in persona del Cons. Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 10 gennaio 1997 il Banco di Napoli chiedeva al Tribunale di Latina di condannare G. G. al pagamento della somma di L. 1.295.557.835, oltre gli interessi convenzionali, per l’avallo delle cambiali agrarie rilasciate a favore del debitore principale, Cooperativa Vinicola San Luca, dichiarata fallita il *****. e di pronunciare l’inefficacia ex art. 2901 c.c., del contratto di locazione ultranovennale di terreni stipulato dal G. e dalla moglie dello stesso, A.G., a favore della società semplice A. e G. di Giannini Alessandra e Giannini Gianluca, e dell’atto di costituzione di fondo patrimoniale, con il quale G.G. e A.G. avevano destinato tutti i loro beni immobili al soddisfacimento delle esigenze economiche della famiglia.
Deduceva l’attore che i suddetti atti erano stati posti in essere dopo l’assunzione da parte del G. delle obbligazioni fideiussorie nella consapevolezza dello stato di insolvenza della Società Cooperativa Vinicola San Luca, ed al solo scopo di sottrarre i beni immobili dei convenuti alle azioni esecutive del Banco di Napoli, in quanto: a) i due atti erano stati posti in essere lo stesso giorno in cui era stato dichiarato il fallimento della società; b) la locazione era stata stipulata a favore di una società i cui unici soci erano i figli dei locatori, ed i beni locati erano rimasti nella disponibilità di questi ultimi; c) vi era sproporzione tra i beni conferiti al fondo patrimoniale e le ridotte esigenze della famiglia; d) il G. era anche presidente della Cooperativa fallita.
Si costituivano i convenuti i quali eccepivano la carenza di legittimazione passiva dell’ A. per difetto di rapporti della stessa con il Banco di Napoli, e rappresentavano che in realtà il G. aveva avallato titoli cambiari che solo formalmente risultavano rilasciati in funzione di un prestito agrario concesso, mentre nella realtà si trattava di rinnovo di titoli cambiari del debitore principale precedentemente scaduti. In corso di giudizio intervenivano volontariamente la Banca di Roma, il Credito Italiano e la Curatela fallimentare, al fine di ottenere la declaratoria di inefficacia anche nei loro confronti degli atti posti in essere dai convenuti i convenuti resistevano alle domande di intervento, eccependone l’inammissibilità, la tardività e la carenza di supporti probatori.
Con sentenza pubblicata in data 18 febbraio 2002, il Tribunale di Latina condannava G.G. al pagamento in favore del Banco di Napoli della somma di L. 1.184.706.875, oltre interessi e dichiarava l’inefficacia, nei confronti del Banco di Napoli, nonchè degli altri creditori intervenuti in giudizio degli atti sopra citati, con la condanna alle spese.
Con sentenza pubblicata in data 3 ottobre 2005, la Corte d’Appello di Roma rigettava l’appello proposto da G.G., A. G. e A.G. s.s. di Giannini Alessandra e Gianluca, che condannava alle spese.
Propongono ricorso per cassazione G.G., A. G. e A.G. s.s. di Giannini Alessandra e Gianluca, con tre motivi.
Resistono con controricorso il fallimento della Vinicola San Luca s.
coop. a r.l. Sanpaolo IMI s.p.a. e Capitalia Service J.V. s.r.l..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 267 e 268 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4): la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto ammissibile la documentazione prodotta tardivamente dai soggetti intervenuti, quando si erano già verificate le preclusioni di cui all’art. 184 c.p.c..
La censura proposta non adempie all’onere di autosufficienza al quale la parte ricorrente è tenuta. In base a tale principio, il ricorso deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a individuare le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti estranee allo stesso ricorso e quindi ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. 13 luglio 2004 n. 12912, Cass. 11 giugno 2004 n. 11133, Cass. 15 aprile 2004 n. 7178, tra le altre; da ultimo, vedi Cass. 24 maggio 2006 n. 12362, Cass. 4 aprile 2006 n. 7825; Cass. 17 luglio 2007 n. 15952). Dal ricorso non risulta, in particolare, quali fossero i documenti prodotti dagli interventori, poichè questi hanno l’obbligo di accettare lo stato del processo in relazione alle preclusioni istruttorie già verificatesi per le parti originarie, ma hanno la facoltà di compiere attività assertiva e quindi anche di proporre domande nuove ed autonome in seno al procedimento “fino all’udienza di precisazione delle conclusioni” (Cass. 28 luglio 2005 n. 15787).
Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4) per la posizione di A.G., in quanto la stessa non risulta fosse debitrice nei confronti degli istituti di credito.
Sul punto, la sentenza impugnata ha dato atto che si tratta di nuova eccezione, non ammissibile per la prima volta in appello ai sensi dell’art. 345 c.p.c.. Il ricorso si limita ad affermare che sarebbe chiaro che non si tratterebbe di nuova eccezione e che costituirebbe una argomentazione giuridica e quindi sempre ammissibile, senza peraltro fornire alcun approfondimento sul tema.
La censura risulta quindi inammissibile.
Con il terzo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., e la carenza di motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5): la sentenza non spiega in cosa consisterebbe il pregiudizio dei creditori in relazione al contratto di affitto ultranovennale del terreno.
Anche su tale questione la sentenza impugnata ha ampiamente e puntualmente motivato, ricordando il rapporto di parentela tra i soggetti interessati al contratto, la stipula dello stesso lo stesso giorno della dichiarazione di fallimento della Coop. Vinicola San Luca, l’esiguità del canone pattuito, la mancata prova dell’effettivo pagamento dello stesso.
La censura si rivela quindi infondata.
Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Terza Civile, rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 7.200,00 di cui Euro 7.000,00 per onorari, in favore di ciascuno dei controricorrenti; oltre spese generali e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2011