LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
F.P., rappresentato e difeso dall’Avv. Marra Alfonso Luigi, come da procura a margine del ricorso, domiciliato per legge presso la cancelleria della Corte di cassazione in Roma;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA ECONOMIA E DELLE FINANZE;
– intimato –
per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Napoli n. 2572/08 depositato il 20 agosto 2008;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. ZANICHELLI Vittorio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
F.P. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che, liquidando Euro 5.600 per anni cinque e mesi otto di ritardo, ha accolto parzialmente il suo ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti al TAR Campania dal 3.8.1999 e ancora pendente alla data di proposizione della domanda (22.4.2008).
L’intimata Amministrazione non ha proposto difese. La causa è stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Vittorio Zanichelli con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso con cui si deduce la violazione dell’art. 6, par. 1, della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e della L. n. 89 del 2001 è inammissibile per inidoneità del quesito. Posto invero che “Il quesito di diritto costituisce il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando altrimenti inadeguata e quindi non ammissibile l’investitura stessa dei giudice di legittimità: ne deriva che la parte deve evidenziare sia il nesso tra la fattispecie ed il principio di diritto che si chiede venga affermato, sia, per ciascun motivo di ricorso il principio, diverso da quello posto alla base del provvedimento impugnato, la cui auspicata applicazione potrebbe condurre ad una decisione di segno diverso” (Cassazione civile, sez. 3, 9 maggio 2008, n. 11535) al richiamato canone non pare rispondere il quesito proposto che si limita ad enunciare un principio generale relativo ai rapporti tra normativa nazionale e Convenzione senza che risulti l’attinenza con la concreta fattispecie.
Il secondo e il terzo motivo di ricorso con cui si denuncia l’insufficiente liquidazione del danno non patrimoniale sono manifestamente infondati. La Corte d’appello ha infatti riconosciuto circa 1.000 Euro per ogni anno di irragionevole durata e tale importo è pienamente in linea con i parametri indicati dalla Corte Europea.
Con il quarto e il quinto motivo, che per la loro connessione possono essere trattati congiuntamente, si deduce violazione della Convenzione e della L. n. 89 del 2001 e difetto di motivazione, in relazione al mancato riconoscimento del bonus di Euro 2.000 per la particolare natura della controversia (lavoro e previdenza).
I motivi sono manifestamente infondati, essendosi già affermato dalla Corte che “In tema di equa riparazione per eccessiva durata del processo, le considerazioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in merito alla centralità dell’occupazione e sulla relativa opportunità di riconoscere un bonus, svincolato da qualsiasi parametro e dovuto in considerazione dell’oggetto e della natura della controversia, non determinano alcun automatismo nell’indennizzo: tocca al giudice nazionale valutare caso per caso l’importanza della controversia senza alcun obbligo di motivazione laddove venga esclusa la liquidazione di una somma ulteriore rispetto agli standard fissati dalla Cedu e dalla L. n. 89 del 2001” (Cassazione civile, sez. 1, 12 gennaio 2009, n. 402).
Gli ulteriori motivi con i quali ci si duole dell’avvenuta compensazione per un mezzo delle spese sono manifestamente infondati dal momento che la motivazione addotta dal giudice del merito che ha richiamato l’accoglimento solo parziale della domanda è pienamente congrua, visto che è stato riconosciuto un importo inferiore alla metà di quello preteso.
Il ricorso deve dunque essere rigettato.
Non si deve provvedere in ordine alle spese stante l’assenza di attività difensiva da parte dell’intimata Amministrazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2011