Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.177 del 04/01/2011

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI ROMA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta delega a margine del ricorso, dall’Avv. MARZOLO Riccardo;

– intimato –

contro

PUBBLILARA SRL con sede in *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta delega a margine del controricorso, dall’Avv. SCAVUZZO Giuseppe, elettivamente domiciliata in Roma, Via Germanico 24, presso lo studio dell’Avv. Luciana Rostelli;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 22/35/2006 della Commissione Tributaria Regionale di Roma, Sezione n. 5, in data 2 2.05.2006, depositata il 24.05.2006;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09 novembre 2010 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;

Presente il Proc. Generale dott. Raffaele Ceniccola.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE La Corte:

Considerato che nel ricorso iscritto al n. 21012/2007 R.G. è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n. 22/35/2006, pronunziata dalla C.T.R. di Roma, Sezione n. 35, il 22.05.2006 e DEPOSITATA il 24 maggio 2006.

Con tale decisione, la C.T.R. ha rigettato l’appello del Comune di Roma, nella considerazione che lo stesso non avesse fornito la prova della fondatezza della pretesa fiscale azionata.

2 – Il ricorso, che attiene ad impugnazione della cartella di pagamento, relativa alla imposta sulla pubblicità dell’anno 1997, censura l’impugnata decisione, deducendo la violazione delle norme in tema di prove e di eccezioni nel giudizio di appello.

3 – La società contribuente, giusto controricorso, ha chiesto che l’impugnazione venga rigettata per infondatezza.

4 – Ai ricorsi proposti contro sentenze o provvedimenti pubblicati a partire dal 2.03.2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al capo 1^.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo ivi descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

In buona sostanza, i motivi appaiono inammissibili, giacchè non solo non risultano adeguatamente specificati i motivi di doglianza, ma non risulta formulato alcun conferente quesito di diritto (Cass. SS.UU. n. 20603/2007, n. 20360/2007, n. 23732/2007).

5 – Si ritiene, dunque, sussistano i presupposti per la trattazione in Camera di Consiglio e la relativa definizione, con declaratoria di inammissibilità, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Il Relatore Cons. Dott. Antonino Di Blasi”.

Vista la relazione, il ricorso, il controricorso e tutti gli altri atti di causa;

Considerato che il Collegio condivide le argomentazioni svolte nella relazione;

Ritenuto che, in base a tali condivisi motivi ed ai richiamati principi, il ricorso va rigettato, per inammissibilità dei motivi;

Considerato che le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro millecento, di cui Euro mille per onorario ed Euro cento per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge;

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il Comune al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro millecento, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2011

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472