Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.2 del 03/01/2011

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Z.S.G. (C.F. *****), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ILDEBRANDO GOIRAN 23, presso l’avvocato ROMOLI ADRIANA, rappresentato e difese dall’avvocato ZANNA MARCO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DI TERAMO, in persona del Prefetto pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 60/2008 del GIUDICE DI PACE di TERAMO, depositata il 26/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/09/2010 dal Consigliere Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso, fondato su due motivi, Z.S.G., cittadino *****, impugnava per cassazione il provvedimento emesso ex art. 13 e successive modifiche D.Lgs. n. 286 del 1998, dal Giudice di Pace di Teramo in data 26-6-2008, che aveva rigettato l’opposizione avverso il decreto di espulsione, emesso dal Prefetto di Teramo in data 24/4/2008.

Si e’ costituito, con controricorso, il Prefetto di Teramo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 28 e 31 (art. 360 c.p.c., n. 3), sostenendo che erroneamente il giudice a quo ha valutato la fattispecie concreta prospettata, richiamando il D.Lgs., art. 28 relativo al ricongiungimento familiare, non invocato dalla difesa, non avvedendosi che era necessario riferirsi all’art. 31 medesimo D.Lgs., in relazione al “grave nocumento” per il figlio minore, derivante dall’allontanamento dal padre, odierno ricorrente.

Il ricorso va rigettato, in quanto infondato.

Il ricorrente richiama l’art. 31, e dunque la possibilita’ che il genitore di un minore resti in Italia, onde evitargli il predetto grave “nocumento”, ma la competenza esclusiva, al riguardo, e’ del Tribunale per i minorenni cui dunque l’odierno ricorrente avrebbe dovuto ricorrere.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 in ordine alla L. n. 1423 del 1956, art. 1 ed insufficiente motivazione del provvedimento impugnato.

Il motivo va dichiarato inammissibile, per inadeguatezza dei quesiti ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., abrogato, ma ancora operante per i rapporti pregressi. Il ricorrente si limita da un lato a chiedere se una condanna penale, risalente dello straniero possa giustificare l’espulsione, dall’altro, a precisare che la motivazione non e’ idonea a giustificare la decisione finale, non dando atto degli elementi di fatto attinenti alla valutazione circa l’inserimento del ricorrente stesso nella categoria di cui alla L. n. 1423, art. 1, n. 2. Si tratta, come e’ evidente, di quesiti del tutto generici, ove si richiede l’accoglimento della domanda, senz’altro aggiungere e, in particolare, senza dar conto del contesto della violazione di legge denunciata e del fatto costitutivo rilevante ai fini decisori (v., al riguardo una giurisprudenza ampiamente consolidata: per tutte Cass. s.u. n. 16528 del 2008).

Conclusivamente il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 2.000,00 per onorari.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2011

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