Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.22 del 03/01/2011

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.G., elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Sicilia n. 235, presso l’avv. Di Gioia Giulio, che la rappresenta e difende, per procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del ministro in carica, ex lege domiciliato in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato;

– intimata –

avverso il decreto della Corte d’appello di Roma, n. cron. 4224, del 10 aprile – 6 giugno 2008;

Udita, all’udienza del 24 novembre 2010, la relazione del cons. Dott. Fabrizio Forte;

Udito il P.M. Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’accoglimento, per quanto di ragione, del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso del 4 aprile 2002 F.G. conveniva in giudizio il Ministero della Giustizia dinanzi alla Corte d’appello di Roma e chiedeva fosse condannato a pagarle l’equa riparazione dei danni derivati dalla irragionevole durata di un processo previdenziale dinanzi al Pretore di Benevento, iniziato il 24 maggio 1996 e terminato il 24 novembre 2000, avente ad oggetto il pagamento di interessi per L. 715.634 sulle somme riconosciute dal giudice dovute a titolo di assegno assistenziale per il figlio disabile della donna e pagate in ritardo.

La Corte adita, con decreto del 23 aprile 2003, rigettava la domanda, in ragione della incompatibilita’ della modestia della posta in gioco con l’ansia da attesa dell’esito del giudizio, che superava la presunzione del danno non patrimoniale da ansia e per la cassazione di tale pronuncia era proposto ricorso, accolto da sentenza di questa Corte del 16 settembre 2005, che riteneva la modestia della posta in gioco del giudizio incidente solo sulla misura dell’equo indennizzo e non preclusiva del suo riconoscimento. A seguito di ricorso in riassunzione del 24 novembre 2005, la Corte d’appello di Roma, con decreto del 6 giugno 2008, accertata la durata complessiva del processo presupposto di circa sei anni e sei mesi, ne ha considerato irragionevoli tre anni, liquidando un indennizzo di Euro 2.400,00, pari ad Euro 800,00 all’anno e, per la peculiarita’ della questione, ha compensato interamente tra le parti le spese del pregresso giudizio di cassazione, liquidando quelle del giudizio di rinvio in appello a favore della F., con attribuzione al difensore dichiaratosi antistatario. Per la cassazione di tale decreto, la F. ha proposto ricorso di quattro motivi, denunciando: 1) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in ordine alla quantificazione dell’equo indennizzo in Euro 800,00 annui, inferiore alle liquidazioni operate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (da ora C.E.D.U.), che determina il danno non patrimoniale in una somma da Euro 1000,00 ad Euro 2000,00 l’anno, liquidando la riparazione nel massimo per le cause previdenziali o di lavoro; 2) violazione degli artt. 91 e 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 avendo la Corte omesso di pronunciarsi sulla liquidazione delle spese del primo processo, chiuso con il decreto cassato dalla Cassazione con la pronuncia a base del giudizio di rinvio, pur essendo state tali spese chieste con relativa notula riprodotta in ricorso. 3) mancata motivazione della compensazione delle spese del giudizio di cassazione, essendo apodittico il richiamo alla “peculiarita’ della questione” per giustificare tale decisione. 4) violazione della L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 24 come poi modificata, non avendo la Corte disposto il rimborso forfetario previsto da tale norma. Con il ricorso si e’ chiesta pure la distrazione delle spese in favore del difensore dichiaratosi antistatario.

Tutti i motivi di ricorso che denunciano violazioni di legge sono chiusi da quesiti di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.; il Ministero della giustizia, non si difende in questa sede.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso e’ infondato. In effetti il discostamento della Corte d’appello dai minimi della liquidazione annuale dell’equo indennizzo, fissato in genere dalla C.E.D.U. in Euro 1.000,00 annui, e la determinazione di esso in Euro 800,00 all’anno, risulta motivato dall’intero contenuto del decreto che evidenzia la modestia della posta in gioco del processo presupposto del valore di poco piu’ di Euro 375,00 che, pur se non esclude la presunzione del danno non patrimoniale, incide sull’entita’ della sua liquidazione come piu’ volte affermato da questa Corte (cosi’ da ultimo Cass. 29 luglio 2009 n. 17682): la natura solo accessoria della modesta somma oggetto di causa dovuta a titolo di interessi, anche tenendo conto dei carattere previdenziale della causa avente ad. oggetto un credito per contributi collegati alla inabilita’ del beneficiario, per i quali di regola non e’ indispensabile una condizione economica di bisogno di colui che li richiede, comporta che, in relazione alla misura della somma controversa nel giudizio presupposto, inidonea a incidere sulla condizione patrimoniale e reddituale dell’istante, giustamente si e’ fissata una somma annua di poco minore di quella minima di solito liquidata a titolo di indennizzo, a causa della entita’ modesta dell’ansia da attesa dell’esito della causa che in precedenza aveva indotto i giudici di merito a rigettare l’istanza (in senso parzialmente diverso Cass. 24 luglio 2009 n. 17404).

1.2. In rapporto agli altri motivi attinenti alle spese vi e’ invece di certo l’omessa pronuncia su quelle chieste per la fase di merito antecedente alla cassazione con rinvio; il decreto impugnato afferma che le spese di questo giudizio seguono la soccombenza, emersa peraltro solo a conclusione della fase di rinvio del giudizio di merito con il parziale accoglimento della domanda costituente anche esito della lite, riguardante entrambe le fasi del giudizio nel quale il Ministero e’ rimasto soccombente in una visione unitaria di esso (Cass. 17 giugno 2010 n. 14619), con rilevanza conseguente della nota delle spese della fase precedente alla cassazione del presente processo, per cui dovevano rimborsarsi pure gli esborsi di tale fase.

1.3. La “peculiarita’ della questione” con cui la Corte d’appello non giustifica la compensazione delle spese del giudizio di cassazione a base di quello di rinvio, sembra collegata alla entita’ minima della posta in gioco nel processo presupposto; comunque, essendo il processo iniziato prima dell’entrata in vigore della riforma dell’art. 92 c.p.c. (1 marzo 2006 ai sensi della L. 28 dicembre 2005, n. 263), pur non dovendo essere “eccezionali” le ragioni che hanno determinato la compensazione, questa andava in ogni caso motivata e di tale motivazione non vi e’ traccia nella richiamata frase del provvedimento che dovrebbe giustificarla, per cui anche per tale profilo il ricorso e’ accoglibile. 1.4. In quanto il rimborso forfetario va disposto anche senza domanda della parte interessata (Cass. 22 febbraio 2010 n. 4209) e che deve comunque ripetersi la liquidazione delle spese il quarto motivo di ricorso deve dichiararsi assorbito.

3. In conclusione, il ricorso deve accogliersi nei sensi che precedono e il decreto deve cassarsi nei limiti dei motivi accolti;

la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., non essendo necessari altri accertamenti.

Devono quindi liquidarsi le spese dell’intero giudizio da porre a carico del soccombente Ministero della Giustizia per la meta’, in ragione del solo parziale accoglimento della domanda della F. con compensazione del residuo e da liquidarsi, in tale ridotta misura, come in dispositivo con attribuzione delle stesse al difensore avv. Giulio di Gioia, che ha dichiarato di averle anticipate e di non avere; riscosso gli onorari.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie nei sensi di cui in motivazione il ricorso e cassa il decreto impugnato; decidendo la causa nel merito, condanna il Ministero della Giustizia a pagare alla ricorrente la meta’ delle spese che liquida, in tale ridotta misura con compensazione del resto, per il primo giudizio di merito in Euro 610,00 (seicentodieci/00), di cui Euro 400,00 (quattrocento/00) per onorari, Euro 160,00 (centosessanta/00) per diritti ed Euro 50,00 (cinquanta/00) per spese e per il giudizio di rinvio concluso dal decreto oggetto di ricorso nella stessa misura ora indicata e, per il primo giudizio di cassazione, in Euro 500,00 (cinquecento/00), di cui Euro 100,00 (cento/00) per esborsi e per il presente giudizio di cassazione nella stessa entita’, oltre alle spese generali e accessori di legge nella stessa percentuale per tutti i gradi e le fasi indicate, con distrazione in favore del difensore avv. Giulio Di Gioia, dichiaratosi antistatario.

Manda alla Cancelleria gli adempimenti di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 5.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile della Corte di cassazione, il 24 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2011

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