LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITRONE Ugo – Presidente –
Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –
Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –
Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso iscritto al n. 10577 del R.G. dell’anno 2008 proposto da:
D.B.R. elettivamente domiciliato in ROMA, via Sestio Calvino 60 presso l’avv. Salvitti Sergio dal quale è rappresentato e difeso unitamente all’avvocato Bonino Vito Alessandro di Verona giusta procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
Ministero della Giustizia;
– intimato –
avverso il Decreto n. 375 Cron., della Corte d’Appello di Caltanissetta depositato il 25.07.2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 1.12.2010 dal Cons. Dott. MACIOCE Luigi;
sentito il P.M. in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. APICE U., che ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Caltanissetta, esaminando la domanda in data 7.9.2006 di equa riparazione proposta da D.B.R. per la irragionevole durata di un processo penale durato dal 1994 alla sentenza irrevocabile di assoluzione del 7.2.2002, con decreto 25.07.2007 ha rigettato la richiesta di ristoro per decadenza L. n. 89 del 2001, ex art. 4. Ha infatti rilevato la Corte di merito che nulla rilevava che il D.B. avesse proposto alla Corte di merito domanda di riparazione per ingiusta detenzione e che detto giudice avesse declinato di provvedere sul capo della domanda afferente i danni da irragionevole durata, certamente detta pronunzia non valendo a costituire giudicato sulla proposizione tempestiva della domanda nè quindi ad operare una restituzione in termini per la sua coltivazione innanzi al giudice competente, trattandosi di domande aventi presupposti totalmente diversi.
Per la cassazione di tale decreto il D.B. ha proposto ricorse¯ il 15.4.2008 al quale l’intimata Amministrazione non ha opposto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ad avviso del Collegio il ricorso deve essere rigettato. Nei tre motivi di ricorso si denunziano violazioni di legge e vizi di motivazione. Con il primo ci si duole del fatto che non si sarebbe considerato come la negatoria della Corte di Palermo sulla ingiusta detenzione con riguardo al capo afferente il danno da ritardata definizione sarebbe passato in giudicato sì da far ritenere tempestiva la domanda successivamente proposta. La censura è inconsistente in diritto, non scorgendosi come la domanda di riparazione de qua erroneamente proposta innanzi al giudice penale, richiesto della liquidazione dei danni da ingiusta detenzione, possa ritenersi aver non già interrotto la prescrizione (pervero in materia non operante) ma addirittura impedito l’avverarsi della decadenza di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4. La censura è anche non autosufficiente in fatto (non è trascritta la domanda di danno da ingiusta detenzione ma solo l’impugnazione in cassazione avverso la decisione che liquidò Euro 6.000 e che avrebbe negato di provvedere sulla pretesa domanda di danno da durata). Con il secondo motivo si lamenta il fraintendimento della vicenda e l’equivoco creato nell’esponente. La doglianza è inammissibile dato che il quesito è non comprensibile e privo di pertinenza alla decisione, esso limitandosi a proporre la propria tesi per la quale la sentenza della 4^ sezione penale della S.C. n. 9300 del 2006 sul ricorso avverso la decisione della CdA Palermo avrebbe consentito la rimessione in termini dell’interessato (il quale solo con la predetta pronunzia avrebbe compreso che quella domanda era stata proposta a giudice non competente). La decisione di contro ha avuto cura di statuire la radicale improponibilità della invocata rimessione in termini da giudizio riparatorio penale a giudizio di equa riparazione, ed era tale ratio che si sarebbe dovuta contestare.
Con il terzo motivo ci sì limitai a operare un sintesi dei due predetti motivi senza neanche cogliere la sostanza del decisum della Corte di Caltanissetta per la quale nessuna funzione di “cerniera” poteva essere svolta dal giudicato sulla domanda di ristoro del danno per ingiusta detenzione rispetto a quella di equa riparazione stante la diversità e peculiarità di presupposti. Nè il motivo nè il quesito, come dianzi rilevato, appaiono consapevoli di tale ratio decidendi. Nulla per le spese.
P.Q.M.
Rigetta la domanda.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2011