Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.28 del 03/01/2011

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.A. elettivamente domiciliata in ROMA, P.za Cavour 17 presso l’avv. Falduto Pasquale con l’avv. Maria Platania del Foro di Ragusa dal quale e’ rappresentata e difesa giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno e Questore di Ragusa;

– intimati –

avverso il decreto n. 798 cron. della Corte d’Appello di Catania depositato il 29.06.2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 1.12.2010 dal Cons. Dott. Luigi MACIOCE;

sentito il P.G. in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Apice U., che ha chiesto il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Questore di Ragusa con decreto 13.5.2008 nego’ alla richiedente L.A. il nulla osta al ricongiungimento in favore del di lei coniuge L.F. sul rilievo per il quale sussisteva la condizione ostativa di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 4, comma 3 (modificato dalla L. n. 189 del 2002, art. 4 e richiamato dall’art. 29, comma 7 del predetto T.U. come modificato dal D.Lgs. n. 5 del 2007, art. 2), quella afferente la sussistenza di una minaccia per l’ordine pubblico. Il Tribunale di Ragusa con decreto 8 Agosto 2008 rigetto’ il ricorso della L. sul rilievo per il quale il coniuge si trovava in ***** in esecuzione di sentenza di espulsione adottata ex art. 16 del T.U. divenuta irrevocabile. La Corte di Appello di Catania, alla quale la L. ebbe ad interporre reclamo, con decreto 29.6.2009 ha rigettato il ricorso pur correggendo la motivazione adottata dal primo giudice: ad avviso della Corte di merito, infatti, il comportamento di L.F., segnato da una prima espulsione del 27.12.2000, da una seconda espulsione in data 23.3.2001 adottata ex art. 16 del T.U. quale sanzione sostitutiva di una condanna a tentato furto ed una terza volta il 18.2.2005 all’esito di condanna ai sensi dell’art. 13, comma 13 bis del T.U. anch’essa sostituita dalla espulsione coattiva, integrava violazione di legge e reiterata elusione di condanne inflitte con sentenza si’ da porsi, per tal deliberato e reiterato contegno, in contrasto con l’ordine pubblico.

Per la cassazione di tale decreto L.A. ha proposto ricorso in data 18.9.2009 notificandolo al Ministero dell’Interno ed al Questore di Ragusa, che non hanno svolto difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ritiene il Collegio che il ricorso debba essere rigettato, nessuno dei proposti motivi meritando condivisione.

Con il primo motivo si lamenta omessa motivazione sul motivo di reclamo proposto avverso la errata valutazione del Tribunale per la quale sarebbe ostativa al ricongiungimento proprio e solo la condanna espulsiva ex art. 16 del T.U., in tal guisa essendosi dal Tribunale individuata una ragione ostativa non prospettata dal Questore. Il motivo e’ privo di ogni consistenza posto che, da un canto, il Tribunale poteva valutare come credeva la ragione ostativa (non essendo coinvolto il principio della domanda con riguardo alle determinazioni della P.A.) e che, dall’altro canto, la Corte di Appello ha dissentito e modificato rettamente la motivazione in diritto della prima decisione, ravvisando l’ostati vita non gia’ nella sola sanzione sostituiva della espulsione bensi’ nel pericolo di una attuale e concreta renitenza alle regole ed agli ordini di giustizia, integrante la concreta ed attuale minaccia per l’ordine pubblico di cui all’art. 4, comma 3 del T.U. come modificato dalla L. n. 189 del 2002, art. 4 e quindi dal D.Lgs. n. 5 del 2007, art. 2, comma 1, lett. A. Con il secondo motivo si denunzia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 4, comma 3 e art. 13, comma 13 difettando, nell’argomentare della Corte di merito riferito alle espulsioni ed alle “condanne” patite, alcun elemento relativo alla concretezza ed alla attualita’ della ravvisata minaccia per l’ordine pubblico, dimenticando che tali requisiti della minaccia, introdotti dal D.Lgs. n. 5 del 2007, erano stati dettati proprio per limitare, con riguardo ai ricongiungimenti, la generale automatica valenza ostativa dei precedenti.

Il motivo e’ infondato (cosi’ come non appare pertinente il richiamo a Cass. 5324/08 e vd. anche Cass. 16453/06), dato che la Corte si e’ ben posta il problema della specificita’ dei nuovi requisiti, che ha richiamato, e lo ha risolto argomentando, nel senso della loro contestuale sussistenza, dalla natura, reiterazione e sintomaticita’ dei comportamenti: attuale e’ la condizione che autorizza a formulare una prognosi di pericolosita’ ma non necessariamente attuali devono essere i comportamenti sui quali detta prognosi si fonda. Ed al ricorso sfugge tale constatazione che, senza alcuna illogicita’, argomenta dal passato dello straniero per inferirne la attuale concreta pericolosita’.

Con il terzo motivo si reitera la censura di cui al precedente mezzo in termini di carenza di indagine e motivazione sui requisiti di concretezza ed attualita’. La censura sfugge, come sopra detto, alla questione centrale risolta dal giudice di appello per la quale precedenti condanne e precedenti espulsioni, pur risalenti al 2005, si sono ritenute fonte di prognosi negativa, quanto a pericolosita’ dello straniero, sull’implicito assunto che questi tra il 2005 e la data del diniego (13.5.2008) era in ***** e non poteva violare la legge italiana.

Con il quarto motivo si rinnova la predetta censura in termini di violazione dell’art. 112 c.p.c. sempre con riguardo all’errato quanto officioso requisito visto dal Tribunale ed indebitamente “sostituito” dal giudice di appello. La censura e’ priva di consistenza, avendo la Corte di Appello solo sostituito la propria motivazione in diritto a quella del Tribunale, sulla base; degli stessi fatti acquisiti ed a nulla valendo l’opinamento del Questore (non vertendosi in tema di giudizio impugnatorio di atto ma di giudizio sul rapporto).

Con il quinto motivo si lamenta in via subordinata una falsa applicazione dell’art. 16 del T.U. inteso come fonte di una inesistente situazione ostativa. La doglianza non ha alcun pregio, posto che, nella motivazione del giudice d’appello, la condanna sostitutiva de qua non e’ stata ritenuta ex se ostativa ma soltanto uno degli elementi fondanti la condizione di attuale e concreta minaccia per l’ordine pubblico.

Nulla e’ a provvedere sulle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2011

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