LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –
Dott. PETTI Giovanni Battista – rel. Consigliere –
Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –
Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 21418-2008 proposto da:
T.M. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA B. TORTOLINI 34, presso lo studio dell’avvocato PAOLETTI NICOLO’, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FICARRA LUIGI giusta delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso gli uffici dell’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende per legge;
– controricorrenti –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, SEZIONE PRIMA CIVILE, emesso il 19/03/2008, depositato il 21/05/2008 R.G.N. 58272/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/11/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI BATTISTA PETTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio che ha concluso per la cassazione senza rinvio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con ricorso notificato il 23 giugno 2006 T.M. ha chiesto l’accertamento della responsabilità Civile, per grave e inammissibile errore, ai sensi della L. n. 117 del 1998, art. 2 dei magistrati dalla Corte di Cassazione componenti il collegio che aveva emesso la sentenza Sez. lavoro n. 5563 del 2004.
Il Tribunale di Roma, con decreto del 6 novembre 2007 ha dichiarato inammissibile il ricorso condannando la ricorrente alle spese del giudizio.
2. Con reclamo, depositato il 24 novembre 2007 T. ha impugnato il provvedimento, ritenendo fondata ed ammissibile la azione per responsabilità e contestando la entità delle spese processuali poste a suo carico. La Presidenza del Consiglio, costituitasi ha chiesto la conferma del decreto del Tribunale.
3. Con decreto del 21 maggio 2008 la Corte di appello di Roma ha rigettato il reclamo condannando la reclamante a rifondere le spese del procedimento.
4. Contro il decreto ricorre la T. deducendo cinque motivi di censura; la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con memoria ha chiesto il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Per chiarezza espositiva si darà dapprima la sintesi dei motivi ed a seguire la loro confutazione in punto di diritto.
5.a. SINTESI DEI MOTIVI. Nel primo motivo si deduce il vizio della motivazione su fatto controverso e decisivo. La tesi è che la azione di responsabilità concerne una attività di interpretazione svolta dal Collegio della sezione lavoro, che ha omesso di considerare che il diritto del ricorrente scaturisce da un contratto di lavoro e che i pagamenti in suo favore avveniva mediante quietanze scritte. Si sostiene per gravemente errata e inescusabile la applicazione di. una prescrizione presuntiva, ad un rapporto di lavoro stipulato per atto scritto.
Nel secondo motivo si deduce error in iudicando e vizio della motivazione su fatto controverso e decisivo, sempre in punto di applicazione presuntiva al contratto di lavoro stipulato per iscritto, dopo avere affermato che detta prescrizione non si applica ai rapporti scaturenti da atto scritto.
Nel terzo motivo si deduce error in iudicando in relazione alla sospensione dei termini processuali ai sensi della L. n. 742 del 1969, art. 1 ed alla loro applicabilità al termine della L. n. 117 del 1988, art. 4.
La tesi è che al termine biennale per la proposizione della azione deve applicarsi la sospensione feriale dei termini processuali, per il principio che detta sospensione si applica anche ai termini iniziali per lo esercizio della azione: sospensione che nel caso di specie si è verificata per ben due volte.
Nel quarto motivo si deduce error in iudicando per violazione dell’art. 2909 c.c. e artt. 324, 329, 333 e 112 sul rilievo che la eccezione di tardività pur eccepita dalla amministrazione resistente in primo grado era stata implicitamente respinta dal tribunale, il quale pronunciandosi in merito alla inammissibilità della domanda aveva implicitamente ritenuto infondata tale questione preliminare.
SI DEDUCE SUL PUNTO LA COSA GIUDICATA INTERNA. Nel quinto motivo si deduce error in iudicando e vizio della motivazione in ordine alla liquidazione delle spese legali, ritenuta eccessiva in relazione allo scaglione di valore ed alla attività svolta in tre sole udienze.
5.b. Confutazione in punto di diritto.
Questa Corte ritiene che il ricorso sia inammissibile sotto un duplice profilo relativo a questione preliminare in rito.
IL PRIMO PROFILO trae spunto dal precedente di questa Corte nello arresto di Cass. 2006 n. 1104, che considera gli effetti del mancato rispetto dei termini e del deposito del ricorso presso la Cancelleria della Corte di appello, del ricorso per cassazione de quo, che dal controllo di ufficio degli adempimenti processuali, non è dato rinvenire come depositato presso la suddetta cancelleria,in violazione della normativa di cui alla L. 13 aprile 1998, n. 117, art. 4.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, si applica alla fattispecie processuale in esame la regola generale dello art. 369 c.p.c., secondo cui la inosservanza delle formalità del deposito fissato dalla legge costituisce ragione di dichiarazione di improcedibilità del ricorso. Vedi tra le tante Cass. 11254 del 2005, 460 del 1997, e la ultima sopraccitata.
DI UFFICIO deve dunque rilevarsi la detta improcedibilità.
Sotto un secondo profilo, peraltro rimarcato dal Procuratore generale, il mancato rilievo da parte del giudice del decreto in appello della tardività della proposizione del ricorso del 23 giugno 2006, non operando la sospensione dei termini, per la tassatività dei casi e per la natura speciale della procedura in questione, consente a questa Corte anche di ufficio ed in questo grado, di ritenere inammissibile il ricorso, con la correzione della statuizione del dispositivo di rigetto del decreto della Corte di appello, la quale correttamente nella prima parte motiva, a ff. 3 rileva le ragioni della inammissibilità della domanda per la violazione del termine di decadenza, rispetto al deposito dalla sentenza della cassazione del 23 giugno 2006.
Considerando le due ragioni di improcedibiltà e di inammissibilità, precede logicamente la seconda ed impedisce lo esame dei motivi riassunti.
6. Le spese di lite seguono la soccombenza della T. e sono liquidate in favore della Avvocatura generale dello Stato come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna T.M. alle spese del giudizio di Cassazione che liquida in Euro 5200,00 di cui 200 per spese, oltre accessori e spese prenotate a debito, in favore della Avvocatura generale dello Stato.
Così deciso in Roma, il 18 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2011