LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –
Dott. STILE Paolo – Consigliere –
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 25742-2007 proposto da:
A.M.A. – AZIENDA MUNICIPALE AMBIENTE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato PALLINI MASSIMO, che la rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LIVORNO 42, presso Lo studio dell’avvocato LONETTI PEPPINO, che lo rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5667/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/10/2006 r.g.n. 5090/02;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/10/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO IANNIELLO;
udito l’Avvocato PALLINA MASSIMO;
udito l’Avvocato LGNETTI FEPPINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE IGNAZIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A.F., dipendente dell’Azienda Municipale Ambiente (AMA) s.p.a., aveva chiesto al Pretore di Roma la condanna della propria datrice di lavoro a pagargli determinati importi a titolo di differenze retributive, relativamente al periodo fino al 1996, dovute:
a) al mancato computo nella base di calcolo del compenso per il lavoro straordinario diurno e notturno degli elementi componenti la cd. retribuzione ordinaria omnicomprensiva, con la maggiorazione equitativa del 10%;
b) al mancato computo della intera retribuzione omnicomprensiva in sede di determinazione del compenso per il lavoro prestato in giornate di festività nazionali e infrasettimanali;
c) al mancato computo della intera retribuzione omnicomprensiva in sede di determinazione del compenso per le giornate di festività coincidenti con la domenica.
Con sentenza dell’11 dicembre 2000, il Tribunale di Roma aveva, per quanto qui interessa, accolto parzialmente le domande svolte dal lavoratore di cui alla precedenti lett. a) e c), rigettando quella di cui alla lett. b).
Su appello dell’ A., la Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 9 ottobre 2006, ha parzialmente accolto il gravame, escludendo dalla base di calcolo del compenso per lavoro straordinario unicamente l’emolumento denominato indennità per anzianità pregressa N.U., ma integrandola con l’inclusione dei ratei di 13A e 14A mensilità e accogliendo integralmente la richiesta relativa al compenso per le festività coincidenti con la domenica.
Avverso tale sentenza propone ora ricorso per cassazione la società, affidandolo a undici motivi.
Resiste alle domande A.F. con rituale controricorso.
Ambedue le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 – Col primo motivo, la società ricorrente denuncia la falsa applicazione del R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692, art. 5, laddove la Corte territoriale, pur affermando che tale norma (che prevede per lo straordinario una maggiorazione del 10%) non è direttamente applicabile al settore in cui operano le parti (pubblici servizi), tuttavia avrebbe adottato egualmente la percentuale indicata, elevando la norma non direttamente applicabile (e pertanto qualificabile come norma speciale) a parametro di quantificazione minima sufficiente di maggiorazione del lavoro straordinario ex art. 36 Cost..
2 e 3 – Col secondo e col terzo motivo del ricorso, l’Azienda lamenta la violazione dell’art. 2108 c.c. e dell’art. 36 Cost., laddove la sentenza ha affermato che il lavoratore ha diritto, quanto al compenso per il lavoro straordinario, al pagamento di una maggiorazione “superiore alla retribuzione omnicomprensiva del lavoro ordinario”, in contrasto con quanto emergente dalla disciplina di legge, che non violerebbe l’art. 36 Cost..
4 – 5 e 6 – Col quarto, quinto e sesto motivo la difesa della ricorrente censura la sentenza impugnata ancora per violazione dell’art. 2108 c.c., laddove la Corte territoriale ha individuato nella retribuzione onnicomprensiva anche la base di calcolo del compenso per il lavoro eccedente l’orario normale contrattuale, inferiore rispetto a quello legale di 48 ore settimanali;
laddove la Corte territoriale ha ritenuto di valutare il compenso per lavoro straordinario percepito dal lavoratore come inferiore alla retribuzione erogatagli per il lavoro ordinario, ricomprendendo in quest’ultima nozione emolumenti in realtà esclusi dalla nozione legale di retribuzione di lavoro ordinario, come l’indennità di anzianità pregressa e gli EDR, a maggior ragione esclusi dalla base di calcolo del compenso per lavoro straordinario;
per avere ritenuto di ricomprendere nella base di calcolo del compenso per lavoro straordinario i ratei di 13A e 14A mensilità, istituti meramente contrattuali, dal contratto stesso esclusi da tale computo.
7 – Col settimo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 4 del C.C.N.L. 1 ottobre 1991 e 31 ottobre 1995 Federambiente e dell’art. 1419 c.c..
Le citate norme contrattuali conterrebbero una clausola di inscindibilità del trattamento complessivo, per cui ove si dovesse ritenere nulla la norma che computa il compenso per il lavoro straordinario nei termini indicati in sentenza, ne conseguirebbe anche la nullità della clausola relativa alle mensilità aggiuntive e quindi all’obbligo di erogarle.
8 – Con l’ottavo motivo viene denunciata l’omessa motivazione della sentenza impugnata in ordine alla effettiva riconducibilità di ogni elemento retributivo componente di una presunta nozione legale di retribuzione omnicomprensiva alla nozione contrattuale di retribuzione globale, sulla quale secondo la sentenza troverebbe fondamento la pretesa del lavoratore e che in particolare non comprenderebbe la cd. indennità di anzianità pregressa, gli BDR e i ratei di mensilità aggiuntive.
9 – Col nono motivo viene denunciata la violazione della L. 27 maggio 1949, n. 260, art. 5, come modificato dalla L. 31 marzo 1954, n. 90, art. 1, anche alla luce dell’art. 3 di quest’ultima legge, per cui dovrebbe escludersi che ai lavoratori retribuiti in misura fissa la retribuzione per le festività coincidenti con la domenica debba essere intesa in senso omnicomprensivo.
10 – Col decimo motivo, viene denunciata l’omessa motivazione della sentenza, la quale pur riproducendo il contenuto della sentenza di primo grado, aveva condannato la società a pagare al lavoratore somme ben più consistenti per i medesimi titoli.
11 – Con l’ultimo motivo viene dedotta la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto conterrebbe una motivazione meramente apparente.
I primi sette motivi possono essere trattati congiuntamente, imponendosi rispetto ad essi un discorso unitario.
Essi sono infondati.
Va premesso che, in relazione alle date di riferimento delle domande, la disciplina legale applicabile alla materia è quella antecedente non solo al D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 5, ma anche, per quanto possa rilevare, alla L. 24 giugno 1997, n. 196, art. 13, comma 1.
Secondo la giurisprudenza di prevalente di questa Corte, pur non esistendo nel nostro Ordinamento un principio generale di omnicomprensività della retribuzione, per cui la contrattazione collettiva ha, in linea di massima, il potere di escludere determinate componenti retributive dalla base di computo dei vari istituti indiretti, tuttavia per il compenso del lavoro straordinario l’art. 2108 c.c. detta la regola secondo la quale esso deve essere remunerato con un aumento rispetto alla retribuzione prevista per il lavoro ordinario, in essa ricomprendendo ogni emolumento che abbia i caratteri della continuità, obbligatorietà e determinabilità (cfr., ad es., Cass. 23 luglio 1998 n. 7251, 19 agosto 2004 n. 16284, 1 febbraio 2006 n. 2245 e 14 aprile 2010 n. 8906).
E’ stato peraltro precisato (cfr., tra le altre, Cass. nn. 19569/07, 22233/06, 5922/06, 2245/06, 17575/03, 2856/02) che nei settori in cui il contratto collettivo applicabile stabilisce un orario di lavoro inferiore a quello legale – previsto in 8 ore giornaliere e 48 ore settimanali per i dipendenti delle imprese industriali e commerciali dal R.D.L. n. 692 del 1923, art. 1 e in misura analoga per gli addetti ai pubblici servizi di trasporto in concessione dall’allegato al R.D.L. n. 2328 del 1923 – il compenso per le ore comprese tra l’orario ordinario contrattuale e quello legale può essere corrisposto con una maggiorazione diversa da quella del 10% prevista dalle fonti legali indicate (R.D.L. n. 692 del 1923, art. 5 e del R.D.L. n. 2328 del 1923, art. 3).
Il collegio intende aderire a tale orientamento maggioritario, rilevando peraltro che nel settore oggetto del presente esame, come in altri settori dei servizi pubblici (cfr., al riguardo, l’intervento di Corte Cost. n. 716/1988), non esisteva al tempo dei fatti una disciplina legale dell’orario massimo di lavoro e della misura minima della maggiorazione dovuta per il lavoro straordinario, nonostante il rinvio a “separate disposizioni”, stabilito a riguardo dal R.D.L. n. 692 del 1923, art. 1, comma 3.
L’orario massimo di lavoro per i dipendenti dell’AMA era disciplinato unicamente dal C.C.N.L. applicato, che nel periodo in esame, lo aveva pacificamente determinato, a norma dell’art. 2107 c.c., in 36 ore settimanali.
Questo essendo l’orario normale richiamato dall’art. 2108 cod. civ., ne consegue che ogni ora di lavoro eccedente lo stesso andava retribuita, secondo quanto già rilevato, con una maggiorazione (indeterminata) della retribuzione dovuta per tale orario normale, comprensiva di ogni elemento di natura continuativa, obbligatoria e determinabile.
La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi, seppure con una motivazione diversa da quella discendente dall’assenza di una legge di disciplina dell’orario massimo di lavoro, individuando poi i singoli elementi della retribuzione dell’appellato dotati dei caratteri indicati e applicando alla relativa retribuzione oraria normale, in via equitativa, una maggiorazione del 10%.
La ricorrente contesta la perspicuità della sentenza rispetto all’assunto, relativamente alla individuazione degli elementi della retribuzione ordinaria aventi i caratteri indicati, ma senza contestare specificatamente la sussistenza di tali caratteri negli elementi indicali e contestando piuttosto, in contrasto con la giurisprudenza citata di questa Corte, che essi siano di per sè sufficienti a far includere qualsiasi elemento retribuivo nella base di calcolo del compenso per il lavoro straordinario (in ragione del fatto che alcuni elementi retributivi, per la loro fonte contrattuale e per come sono disciplinati dal contratto collettivo, non vi potrebbero comunque essere inclusi). Contestazione che, peraltro, non appare nel caso di specie pertinente con riguardo alla inclusione nella base di calcolo del compenso per il lavoro straordinario del cd. assegno personale pensionabile o indennità di anzianità pregressa, esplicitamente escluso dalla sentenza impugnata.
La società censura la sentenza impugnata anche per ciò che riguarda la determinazione nella misura del 10% della maggiorazione, viceversa da ritenere in linea con la regola minima vigente nella maggior parte dei settori produttivi e quindi correttamente utilizzata, in via meramente equitativa, nel caso in esame.
Infine è inammissibile la censura che richiama art. 4 dei C.C.N.L. del 1991 e del 1995.
Del relativo rilievo non vi è infatti traccia della sentenza impugnata e la società, in violazione della regola della autosufficienza del ricorso per cassazione (oggi ribadita e rinforzata con la previsione di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nel testo che risulta dalla novella di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), non deduce di avere proposto un tale motivo di gravame in appello (sull’argomento, cfr, recentemente, Cass. S.U. n. 7161/10).
L’ottavo e il nono motivo vanno esaminati congiuntamente e sono parzialmente fondati.
Secondo l’orientamento ormai consolidato di questa Corte, a partire dalla sentenza selle sezioni unite civili 26 ottobre 1995 n. 11117 (quindi seguita dalla giurisprudenza successiva: cfr., ad es. Cass. sentt. nn. 17764/04, 2918/04, 12142/03 e 10309/02), il compenso aggiuntivo, previsto dalla L. 27 maggio 1949, n. 260, art. 5, seconda parte comma 3, come modificato dalla L. 31 marzo 1954, n. 90, si riferisce alle giornate di festività nazionali cadenti di domenica non lavorate e spetta al lavoratore “retribuito in misura fissa” senza distinzione nell’ambito delle categorie previste dall’art. 2095 c.c..
Alla stregua del medesimo orientamento giurisprudenziale (cfr., tra le altre, Cass. 2 settembre 2004 n. 17764), cui il collegio intende attribuire continuità, tale diritto ad una ulteriore retribuzione non si estende, per i lavoratori retribuiti in misura fissa, all’ipotesi in cui coincidano con la domenica le altre festività infrasettimanali, in ragione del fatto che la L. 31 marzo 1954, n. 90, art. 3 prevede la suddetta estensione unicamente in favore dei lavoratori, dipendenti da privati, retribuiti non in misura fissa (e l’art. 1 dell’accordo interconfederale 3 dicembre 1954 recepito nel D.P.R. 14 luglio 1960, n. 1029 anche in favore di tutti gli impiegati dell’industria).
Quanto infine alla misura del compenso previsto dalla seconda parte della L. del 1949, art. 5, comma 3, la norma si esprime in termini di ulteriore retribuzione corrispondente all’aliquota giornaliera, ma ciò, nel contesto in cui la norma è inserita, e stato ritenuto alludere alla nozione di retribuzione globale di fatto adottata dal medesimo articolo (cfr., Cass. 10 giugno 1992 n. 7108).
Per le ragioni indicate, tale nozione si impone a quella diversa del contratto collettivo applicato (salvo che questa sia complessivamente più favorevole relativamente all’istituto in esame, il che è stato escluso dalla sentenza) unicamente con riguardo alla coincidenza con la domenica delle festività nazionali, mentre per le altre festività, in assenza di una disciplina legale, occorre riferirsi a quella della contrattazione collettiva.
In proposito, l’art. 30, comma 5 del C.C.N.L. Federambiente del 1991, applicato al rapporto stabilisce:
“Qualora una delle festività non domenicali, di cui al punto 1 del presente articolo, cada di domenica, è dovuto a ciascun lavoratore, il cui riposo cada normalmente di domenica, in aggiunta al normale trattamento economico un importo pari ad ima giornata di retribuzione globale”.
Ai sensi dell’art. 12, comma 4 del medesimo contratto, viene altresì specificato: “Con l’espressione retribuzione globale si intende la somma della retribuzione individuale e delle indennità a carattere fisso e continuativo, con l’esclusione delle somministrazioni in natura e delle indennità sostitutive di esse nonchè con l’esclusione di quanto corrisposto a titolo di rimborso spese anche se forfetizzato, dell’indennità maneggio denaro e dell’indennità mezzo di trasporto”.
Infine, i primi tre commi del medesimo articolo del contratto collettivo stabiliscono:
“La retribuzione è corrisposta ai lavoratori mensilmente e i minimi di essa sono determinati secondo le norme contrattuali.
Con l’espressione retribuzione base si intendono i minimi determinati per i vari livelli di lavoratori come previsto dall’art. 13.
Con l’espressione retribuzione individuale si intende la retribuzione maggiorata in forza degli aumenti di anzianità e dell’indennità di contingenza nonchè dell’indennità speciale aziendale”.
Anche il C.C.N.L. successivo presenta norme identiche.
Il contratto collettivo detta pertanto una disciplina unitaria con riguardo ad ogni ipotesi di coincidenza di una festività con la domenica, richiamando una nozione (“retribuzione globale”), il cui significato viene dal medesimo contratto esattamente individuato nella somma della retribuzione individuale (retribuzione base + aumenti periodici di anzianità + indennità di contingenza + indennità speciale aziendale) e delle indennità, fra quelle disciplinate specificatamente dal medesimo contratto collettivo cfr.
ad es. artt. 19 e 28), aventi carattere fisso e continuativo (con esclusione di alcune di esse tassativamente indicate).
Risulta pertanto evidente da tale disciplina, letta nel contesto delle altre norme contrattuali riguardanti tutti gli elementi retributivi e le indennità previste per i lavoratori cui si applica il contratto collettivo in esame, che non entrano a far parte, quali componenti della retribuzione globale delle festività coincidenti con la domenica, tutti gli elementi retributivi o indennitari non riconducibili alla precisa definizione contrattuale e, in particolare, non vi rientrano i ratei delle mensilità aggiuntive, gli EDR e la cd. indennità di anzianità pregressa.
Come già rilevato, su tale disciplina contrattuale prevale quella legale ove si tratti delle due e poi tre festività nazionali al tempo esistenti, mentre per le altre festività le censure fondate sulla disciplina contrattuale citata sono fondate.
Il decimo e l’undicesimo motivo sono manifestamente infondati.
La Corte territoriale ha infatti sufficientemente motivato in ordine a tutti i punti in contestazione, accogliendo in parte, come risulta dall’esposizione che precede, sia l’appello principale del lavoratore che quello incidentale della società, la quale non può pertanto dolersi che la sentenza contenga anche parti relative ad argomenti che non sarebbero stati oggetto di contestazione.
Infine, proprio il parziale accoglimento degli appelli (la Corte ha riformato la decisione di primo grado, escludendo dalla base di computo del compenso per lo straordinario la cd. indennità di anzianità pregressa e includendovi i ratei di 13A e di 14A ed ha accolto integralmente l’appello del lavoratore relativamente al compenso per le festività coincidenti con la domenica) ha determinato la condanna della società a pagare un importo maggiore di quello liquidato dal primo giudice.
Concludendo, alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso va accolto nei limiti risultanti dalla suestesa motivazione, con rinvio, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie parzialmente l’8^ e il 9^ motivo di ricorso, rigettando i resto; cassa corrispondentemente la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2010.
Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2011