Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.33 del 03/01/2011

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2632-2007 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GAVORRANO 12 SCALA B, INT. 12, presso lo studio dell’avvocato GIANNARINI MARIO, rappresentato e difeso dall’avvocato DIMARTINO GIUSEPPE, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CO.ME.L. S.P.A.;

– intimata –

e sul ricorso 5460-2007 proposto da:

CO.ME.L. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA AMERIGO CAPPONI 16 SCALA SIN. INT. 7, presso lo studio dell’avvocato CERMIGNANI CARLO, rappresentato e difeso dall’avvocato BARONE GAETANO, giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GAVORRANO 12 SCALA B, INT. 12, presso lo studio dell’avvocato GIANNARINI MARIO, rappresentato e difeso dall’avvocato DIMARTINO GIUSEPPE, giusta delega a margine del ricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 655/2006 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 07/01/2006 R.G.N. 666/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/10/2010 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;

udito l’Avvocato CERMIGNANI CARLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI COSTANTINO che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

FATTO E DIRITTO

C.G. chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello di Catania, pubblicata il 7 gennaio 2006, che, riformando le sentenze di accoglimento di primo grado (non definitiva e definita), ha respinto la sua impugnativa di licenziamento nei confronti della CO.ME.L. spa, ed ha limitato l’accoglimento della domanda relativa al compenso per lavoro straordinario alla condanna della società al pagamento della somma di 3.913,71 Euro.

Il ricorso è articolato in sei motivi.

La società si difende con controricorso, proponendo anche ricorso incidentale articolato in due motivi.

Entrambe le parti hanno depositato una memoria.

Con il primo motivo di ricorso principale si denunzia la violazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 416 e 437 c.p.c., nonchè omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia.

La Corte avrebbe fondato la prova della impossibilità del “repechage” sulla base della produzione in appello, quindi tardiva, dei libri paga e matricola.

Avrebbe ammesso tale produzione senza motivare la sua scelta.

Il ricorso sul punto è generico e non rispetta il canone dell’autosufficienza perchè non specifica i tempi della produzione e le ragioni della tardività, rinviando alla memoria in appello, in cui assume di aver formulato una eccezione di decadenza, senza riportarne il testo.

Deve inoltre sottolinearsi che la Corte precisa di ritenere provate le circostanze di fatto relative al “repechage” non solo sui documenti, ma anche su elementi pacifici tra le parti e sulla prova testimoniale e tale espressa affermazione non è oggetto di censura specifica nel ricorso. Peraltro, la controricorrente, con il primo motivo di ricorso incidentale, sostiene che il tema del “repechage” sarebbe stato introdotto dal giudice di primo grado in assenza di una specifica indicazione nel ricorso introduttivo. Se ciò fosse vero, sarebbero indiscutibilmente legittime produzioni documentali in appello. Tuttavia, la genericità di entrambe le deduzioni contenute nei due motivi di ricorso (primo motivo di ricorso principale, primo motivo di ricorso incidentale) li rende entrambi inammissibili.

Con il secondo motivo si denunzia violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e art. 111 Cost., comma 6, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

La Corte avrebbe accolto il primo motivo di appello senza una parola di motivazione e l’accoglimento congiunto di entrambi i motivi di appello comporterebbe una contraddizione in termini della sentenza, con conseguente integrale illegittimità della stessa.

La motivazione della sentenza sul punto appare in effetti non coerente. Ma ciò non incide sulla validità della decisione: la tesi sostenuta con il primo motivo di appello era della non necessità della indagine sul “repechage”. La Corte, pur affermando di accogliere entrambi i motivi di appello, quindi anche il primo, non basa la sua motivazione sulla non necessità di provare l’impossibilità di “repechage”, ma la basa sulla verifica di tale impossibilità alla luce di quanto accertato in giudizio.

L’accoglimento riguarda quindi solo il secondo motivo di appello. E la mancanza di motivazione riguarda un motivo che in effetti non è stato accolto. La correttezza della decisione però non cambia, perchè l’accoglimento del secondo motivo è idoneo a fondare la decisione di riforma della sentenza di primo grado, in questa sede, è solo necessario correggere la motivazione nel senso su indicato:

infondatezza del primo motivo, fondatezza del secondo motivo.

Con il terzo motivo si denunzia violazione della L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. La Corte avrebbe errato nel ritenere provato che in azienda non vi fossero possibilità di impiego alternative per il ricorrente in quanto i posti residui erano tutti occupati e i lavoratori ivi occupati erano sufficienti per assicurare la normale gestione dell’attività produttiva.

Con il quarto motivo si ritorna sul punto censurando la Corte per aver omesso completamente di valutare le qualifiche ricoperte dai lavoratori rimasti in servizio, al fine di accertare la copertura o meno di posti di addetto alle sale.

Con il quinto motivo si denunzia violazione della L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, perchè la Corte avrebbe omesso di valutare “nella sua interezza e nella sua materiale esistenza” la prova delle qualifiche professionali dei soggetti assunti dopo il licenziamento del ricorrente.

I tre motivi (terzo, quarto e quinto) su richiamati, devono essere valutati congiuntamente. Contengono tutti censure concernenti il merito della decisione della Corte di Catania, fondata su valutazioni delle prove motivate in modo adeguato e privo di incoerenze logiche.

A parte l’incoerenza logica del sostenere che la motivazione manca ed è insufficiente o contraddittoria, perchè la prima affermazione esclude logicamente la seconda, deve sottolinearsi che le censure non evidenziano insufficienze, nè illogicità nel ragionamento contenuto nella sentenza, ma criticano le valutazioni di merito svolte dal giudice, merito che in sede di legittimità non può essere rivisto.

Con il sesto motivo si denunzia violazione degli artt. 112 e 116 c.p.c. e della L. n. 300 del 1970, art. 15 e art. 1345 c.c. e della L. n. 604 del 1966, art. 4 nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

La Corte avrebbe “omesso qualsiasi motivazione” in ordine agli altri motivi di impugnativa del licenziamento, soprattutto quello riguardante la natura ritorsiva e di rappresaglia, nonostante in primo grado non vi fosse stata alcun rigetto della domanda di declaratoria di nullità del licenziamento per tali motivi e che l’appello avesse tempestivamente riproposto la domanda di declaratoria di tale nullità.

Anche su questo punto il ricorso non rispetta il canone dell’autosufficienza, perchè non viene riportata la parte del ricorso in appello con la quale, a detta del ricorrente, sarebbe stato riproposta la domanda sul tema.

Il controricorso propone in via preliminare una eccezione di inammissibilità del ricorso principale, per tardività, in quanto l’impugnazione è stata notificata il giorno 8 gennaio 2007 mentre la sentenza è stata pubblicata il 7 gennaio 2006.

L’eccezione non è fondata in quanto l’anno scadeva il 7 gennaio 2007, che era domenica e quindi, ai sensi dell’art. 155 c.p.c., comma 3 “la scadenza è prorogata al primo giorno seguente non festivo”.

Il ricorso incidentale consta di due motivi.

Con il primo si denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c. perchè il tribunale aveva ritenuto illegittimo il licenziamento per difetto di prova della impossibilità del “repechage” senza che tale domanda fosse stata proposta dal ricorrente. La censura è stata esaminata congiuntamente al primo motivo del ricorso principale.

Con il secondo motivo si denunzia violazione dell’art. 116 c.p.c. per errata ed incongrua valutazione delle prove e comunque per omessa ed insufficiente motivazione su di un punto decisivo e violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. per errata interpretazione delle norme della contrattazione collettiva.

Il motivo è riferito al riconoscimento del lavoro straordinario. Si sostiene che il primo giudice lo avrebbe riconosciuto per 66 ore settimanali in spregio delle risultanze probatorie e dei criteri stabiliti dalla contrattazione.

Il primo assunto (dispregio delle risultanze probatorie) viene fondato su considerazioni tarate sulla sentenza di primo grado e comunque prettamente di merito.

Il secondo viene formulato in modo generico senza indicare quali criteri ermeneutici tra quelli specificati nelle norme indicate sarebbero stati violati e in che modo. Nel corso della esposizione si assume che questa Corte dovrebbe valutare la “violazione diretta” della norme contrattuali collettive a seguito della modifica del punto n. 3, art. 360 c.p.c..

Ciò non è possibile perchè quella modifica non era ancora operativa per l’impugnazione delle sentenze pubblicate sino al 2 marzo 2006, quale è quella oggetto di questo ricorso.

I ricorsi, quindi, devono essere entrambi rigettati, con conseguente compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, li rigetta entrambi e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2011

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472