LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ODDO Massimo – Presidente –
Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –
Dott. MANNA Felice – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 13023-2005 proposto da:
C.G. C.F. *****, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MELLINI 7, presso lo studio dell’avvocato ZACCAGNINI LUCIA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati BENECCHI RICCARDO, FINK RICHARD;
– ricorrente –
e contro
G.E., G.P.;
– intimati –
sul ricorso 17255-2005 proposto da:
G.P., G.E., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato MANZI LUIGI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato VOLGEER REINHART;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
contro
C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MELLINI 7, presso lo studio dell’avvocato ZACCAGNINI LUCIA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati FINK RICHARD, BENECCHI RICCARDO;
– contro controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 31/2005 della SEZ.DIST.CORTE D’APPELLO di BOLZANO, depositata il 01/02/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/11/2010 dal Consigliere Dott. BURSESE Gaetano Antonio;
udito l’Avvocato Zaccagnini Lucia difensore del ricorrente che ha chiesto)’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto del ricorso incidentale;
udito l’Avv. Carlo Albini con delega depositata in udienza dell’Avv. Manzi Luigi difensore del ricorrente incidentale che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LETTIERI Nicola che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 12.071997 P. e G.E. citavano in giudizio avanti al tribunale di Bolzano, C. G. e, premesso di essere proprietari in C.C. Nova Levante, della p.f. 3727/118 e della p. ed. 1005 confinanti con la particela edificiale n. 1006/119 di proprietà della convenuta, chiedevano – stante l’incertezza del confine tra le rispettive proprietà – che si procedesse all’accertamento dell’esatto confine con l’apposizione dei relativi termini e con la conseguente condanna della medesima convenuta all’abbattimento del muretto da essa costruito che andava oltre l’accertato confine; alla rimozione dei pali in ferro che essa aveva piantato lungo lo stesso confine da lei arbitrariamente determinato ed infine alla rimozione di una cisterna di gasolio interrata nei suo fondo senza il rispetto delle previste distanze rispetto alla proprietà limitrofa.
Si costituiva la C. contestando che il confine tra le due proprietà fosse incerto; precisava che esistevano invece segni materiali inequivocabili della delimitazione delle proprietà, rimossi dagli attori; chiedeva quindi che il giudice adito confermasse il confine di fatto già esistente tra le due proprietà;
in via riconvenzionale chiedeva che il tribunale adito dichiarasse che, in ogni caso, la parte de cespite degli attori da essi rivendicata e ritenuta abusivamente da lei posseduta, fosse di dichiarata di sua proprietà per intervenuta usucapione.
Espletata l’istruttoria, il tribunale di Bolzano con sentenza n. 256/03 accertava e dichiarava che la linea di confine in parola doveva essere individuata – come stabilito dal CTU – nella linea rossa di cui alla planimetria allegata alla stessa pronuncia, di cui costituiva parte integrante: ordinava l’apposizione dei termini lungo la suddetta linea: condannava la convenuta al abbattere parte del muretto che si protendeva oltre il confine; rigettava altresì tutte le altre domande proposte dagli attori, nonchè la riconvenzionale spiegata dalla C., compensando interamente le spese di lite.
Avverso la predetta decisione proponeva appello C.G. che ne sollecitava la riforma; chiedeva all’adita Corte d’Appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano, che, previo eventuale nuovo accertamento peritale, confermasse il confine di fatto esistente fra le due proprietà- Si costituivano i G. insistendo per il rigetto dell’impugnazione e proponendo appello incidentale con riferimento alla reiezione della loro domanda di rimozione della cisterna di gasolio interrata lungo il confine, a loro avviso a distanza non regolamentare, nonchè in punto spese di causa, ingiustamente compensate dal primo giudice.
La Corte d’Appello, con sentenza n. 31/2005 depos. in data 1.2.2005 rigettava entrambe le impugnazioni, compensando integralmente le spese dei grado. Osservava la Corte che il c.t.u. aveva tratto i confini attuali non partendo dalle mappe catastali, ma proprio dalle pietre confinarie rinvenute sul terreno, rapportati al piano di lottizzazione e quindi ottenendo il risultato in planimetria attraverso rilevi in scala, ottenuti con misurazioni dei capisaldi ancora esistente sul posto e non contraddetti da uno stato di fatto diverso rinvenuto in sito. Tale confine peraltro corrispondeva esattamente al confine catastale ed era avvalorato altresì dai piano di lottizzazione originario della zona, depositata presso l’ufficio tavolare, richiamato nei diversi atti d’acquisto dei primi acquirenti dei lotto. Riteneva irrilevante al riguardo il precedente frazionamento redatto dai geom. T., richiamato dall’appellante a sostegno della propria tesi. Quanto all’appello incidentale, riteneva la corte di merito che la cisterna del gasolio interrata doveva ritenersi regolare in quanto debitamente autorizzata, non soggetta quindi alle disposizioni di cui all’art. 889 c.c. ma a quelle di cui all’art. 990 c.c. C.G. ricorre per la cassazione della predetta statuizione con ricorso fondato su n. 3 censure; resistono con controricorso i G. che spiegano ricorso incidentale basato su 2 censure, a cui replica con controricorso la C.; le parti, infine, hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente occorre procedere alla riunione dei ricorsi. Passando all’esame del ricorso principale, con il primo motivo la C. denuncia la violazione dell’art. 194 c.p.c. e art. 90 disp. att. “in relazione all’art. 201 c.p.c. ed alla necessità di garantire il legittimo contraddicono”.
La censura si riferisce al rigetto da parte della Corte d’Appello dell’istanza di sostituzione del CT di parte, che aveva rinunciato all’incarico. Osserva il giudice dell’appello nel provvedimento di rigetto reso all’udienza del 21.4.2004 “che il termine per la nomina di CTP era fissato al 17.12.2003 e non risultava un impedimento assoluto ad espletare l’incarico da parte del ctp nominato alla predetta udienza”. Tutto ciò avrebbe comportato una limitazione del diritto della difesa per l’appellante al quale “era mancata la possibilità di presentare le proprie ragioni in sede di affettazione delle indagini peritali disposte ex professo dalla Corte d’Appello,…”.
La doglianza è priva di pregio. In realtà la Corte aveva già concesso il richiesto termine ed aveva rigettato l’istanza di concessione di un ulteriore termine per averlo già concesso all’udienza del 17.12.2003 con motivato provvedimento che rientrava nell’ambito del suo potere discrezionale.
C’è ancora da aggiungere – premesso che le consulenze di parte sono semplici allegazioni difensive (Cass. n. 2486 del 21.2.2001) – che la ricorrente in realtà non ha allegato alcun reale e specifico pregiudizio dei diritti della difesa in relazione al mancato accoglimento della sua istanza di sostituzione del CTP. Con il secondo motivo l’esponente deduce la mancata puntuale applicazione del disposto di cui all’art. 950 c.c.. Ritiene che il giudice aveva stabilito il confine sulla base soltanto di “un’arbitraria supposizione del ctu” che aveva parlato di confine plausibile, che non era nè un confine di fatto (naturale o storico), nè un confine di mappa, bensì una sorta d’inammissibile tertium genus”.
Con il terzo motivo (omessa o insufficiente motivazione sullo stesso punto), l’esponente insiste sulle critiche alla CTU e lamenta che il giudice non ha voluto tener conto dei rilevi effettuato da geom.
T.F. il quale avrebbe rilevato un confine “naturale” diverso da quello accertato dall’ausiliare del giudice. Le anzidette doglianze sono prive di fondamento.
Le denunciate violazioni di legge ed i pretesi vizi motivazionali si traducono chiaramente in questioni di merito inammissibili in questo giudizio di legittimità, stante la corretta motivazione, priva di vizi logici e giuridici che sorregge la sentenza impugnata. Si rileva inoltre che dette censure, traducendosi in specifiche critiche alle conclusioni del CTU, sono prive di autosufficienza, non essendo stata riportata per infero le parti della relazione peritale ritenute erronee. D’altra parte il giudice di merito non ha di certo trascurata la relazione del geom. T.F., precisando che quest’ultimo non si era occupato ex professo della riconfinazione delle particelle in parola, avendo avuto il diverso incarico di allargare la particella edificiale della convenuta e di ricongiungerla alla particella fondiaria con estinzione di quest’ultima. Passando all’esame del ricorso incidentale proposto dai G., con il primo motivo eccepiscono la violazione e falsa applicazione degli artt. 889 e/o 890 c.c., nonchè il vizio di motivazione in relazione all’irregolare distanza dal confine della cisterna di gasolio (da cui dista soltanto 42 cm al minimo) onde preservare il fondo da ogni danno.
Rilevano gli esponenti che, con riferimento a quanto previsto dall’art. 890 c.c., il comune di Nova Levante non ha alcun regolamento relativo alle distanze dal confine da osservare per i depositi nocivi o pericolosi, nè risulta peraltro che la cisterna sia stata in effetti autorizzata, per cui a loro avviso la distanza minima non poteva essere inferiore a due metri così come prescritto dall’art. 889 c.c. “Se in effetti la legge prescrive in maniera inderogabile tale distanza di due metri per una cisterna contenente acqua (e quindi una sostanza non nociva nè pericolosa) a maggior ragione tale distanza (se non addirittura superiore) deve essere osservata per una cisterna che, invece, contenga sostanze nocive, pericolose ed esplodenti, quali il gasolio”. La doglianza è fondata.
Non v’è dubbio che l’art. 889 c.c. è norma a carattere generale, mentre quella di cui al successivo art. 890 c.c. ha carattere specifico che riguarda i depositi nocivi o pericolosi ed è collegata ad una presunzione assoluta di nocività e pericolosità che prescinde da ogni accertamento concreto nel caso in cui via si una normativa locale che stabilisca la distanza minima (Cass. n. 22389 del 22.10.2009). Ciò nonostante, quando come nel caso di specie manchi una specifica regolamentazione, deve ritenersi, per un principio di coerenza e ragionevolezza della normativa in esame, che questi “depositi nocivi o pericolosi” non possono essere collocati comunque a distanza inferiore di m. 2 dai confine, secondo la regola generale enunciata dall’art. 889 c.c. per manufatti contenenti sostanze “innocue”, cioè nè pericolose nè nocive.
In conclusione dev’essere rigettato il ricorso principale ed accolto il 1^ motivo del ricorso incidentale (assorbito il 2^ motivo relativo alla compensazione delle spese di giudizio del grado); ciò che comporta la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto.
Ad avviso del Collegio a causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c. in quanto è pacifico che la cisterna di gasolio in esame è stata posizionata sicuramente a distanze inferiore a 2 metri dal confine dei G. (a soli cm. 42) e che mancavano nel Comune specifiche disposizioni regolamentari. Pertanto, in accoglimento della domanda di questi ultimi, la C. dev’essere condannata a rimuovere la propria cisterna di gasolio interrandola o posizionandola a non meno di due metri dal confine con la proprietà dei G.. Ritiene inoltre il Collegio, in considerazione dei profili sostanziali e la complessità della fattispecie, di dover compensare le spese dell’intero giudizio.
PQM
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, accoglie i 1^ motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e decidendo la causa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., condanna C.G. a rimuovere la propria cisterna di gasolio, posizionandola a non meno di due metri dal confine con la proprietà di P. ed G.E.;
compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 24 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2011